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Matrici Distrutte, Sten e Lex alla Galleria Wunderkammern

Un paio d’anni fa conobbi i due Sten e Lex. Ero a Bologna per seguire un Festival di – come si dice – street art e seppi che stavano lavorando in un quartiere fuori città. Bologna è conosciuta come una città piuttosto piccola, e forse lo è davvero, ma per arrivare in quel quartiere ci volle una mezz’ora buona d’autobus, e quando arrivammo stavano iniziando a smontare. Cioè: quella che poi seppi essere Lex stava smontando. Quello che poi seppi essere Sten stava giocando a pallacanestro in mezzo a una decina di ragazzini che gli arrivavano alle anche. Aveva i jeans completamente tappezzati di macchie di vernice bianca, e sembrava impegnarsi piuttosto sul serio.

Con Lex scambiai quattro chiacchiere, mi parlò del desiderio di non lavorare a Roma per qualche tempo ancora. Avevano appena finito di staccare parti di matrici da un grosso muro in mezzo a un prato, e ne era uscito uno di quei grossi ritratti fatti da linee circolari che si allargano e restringono. Le chiesi di un pezzo completamente astratto che avevo visto girare in rete e che era fatto con la stessa tecnica del grosso ritratto. Lei disse che era una cosa che avevano presentato a Pechino, mi sembra. Comunque era una cosa lontana.

Ieri sono stato alla mostra alla Wunderkammern di Roma, Matrici Distrutte. Era un gran casino la mostra, piena di gente che discuteva di stronzate davanti ai quadri. È veramente una caratteristica degli opening, che non importa se tutto intorno c’è gente che muore asfissiata ed esprime rantolando l’estremo desiderio di vedere almeno uno stralcio delle opere per cui sta passando a miglior vita; troverai sempre capannelli di stronzi che chiacchierano amabilmente col bicchiere in mano, in cerchio e perfettamente disposti in mezzo all’unica stanza di passaggio obbligato. Sereni e impassibili al contesto come camerieri eunuchi in un locale per scambisti.

Ad ogni modo, per quanto ho potuto vedere la mostra è molto bella. È come se Sten+Lex avessero sguazzato per così tanto tempo nella stencil art e nel concetto di ripetizione artistica da aver raggiunto il collasso. Tanto tempo da aver cambiato sponda. Così le loro opere sono stencil irripetibili, la serialità bloccata per sempre al primo esemplare. Nella stencil-art si crea la forma, poi la si esegue. Con Sten+Lex il processo non è così definito, l’esecuzione modifica il progetto e lo incorpora. Il concetto non ha niente di originale, per carità. Ma mancava nella – si dice così, giusto? – street art, mancava nell’uso dello stencil e comunque il risultato è esteticamente piuttosto piacevole.

Volendo concludere: lo stencil prese piede quando ai writer occorreva essere veloci e precisi. Dovevano scappare dalla polizia, non farsi beccare. Ma nelle gallerie non ti becca nessuno (se non qualche ex un po’ avvinazzata). E oramai l’unico vero pericolo che corre un writer è essere invitato alla Biennale da Vittorio Sgarbi, o finire su Romafaschifo. Nelle gallerie lo stencil è inutile o, al massimo, si deve essere abbastanza onesti da reinterpretarlo.

 

Testi e foto di Stefano Pontecorvi.

 

Sten+Lex | sito facebook

Wunderkammern | sito facebook

Stefano Pontecorvi

scritto da

Questo è il suo articolo n°64

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