Medea echeggia nella Gravina Sotterranea
Cos’è il dolore, se non una donna che urla da mille bocche? In Med-ea le bocche urlanti sono sei, quelle delle protagoniste di questa performance teatrale, rappresentata negli spazi ancestrali e onirici di Gravina Sotterranea, a Gravina di Puglia. Loredana Savino, ideatrice e autrice insieme a Fabio Caruso di questo spettacolo, Antonella Lacasella, Marialuisa Capurso, Cristina Lacirignola, Marta Gadaleta e Rosalba Santoro ci costringono a guardare le loro voci e ci guidano verso il tragico epilogo della vendetta, passando attraverso la stretta e luccicante strada della follia.
Il mito rappresentato è arcinoto: Medea, donna/maschio dai magici poteri, si innamora di Giasone, lascia la sua patria ed aiuta l’amato a conquistare il mitico Vello d’oro, che nessun uomo era in grado di conquistare solo con le proprie forze. Giasone si stabilisce a Corinto, dove decide di ripudiare Medea e abbandonare i figli avuti da lei per sposare Glauce, la figlia di Creonte re di Corinto. Medea, accecata dal dolore e dalla follia si vendica, uccidendo Glauce e Creonte, ma questo non basta. Deve infliggere a Giasone il dolore più forte e duraturo: ucciderà i suoi figli. È per rievocare tutto ciò, che qualcuno ci conduce sotto la terra di Gravina, nel buio più accecante, saturato dalle voci folli e melodiose delle sei Med-ea, che intonano il loro dolore, rannicchiate in una specie di loculi funebri.
Il buio iniziale viene squarciato dalla luce di parole folli. La follia questo è, una luce guida nel buio notturno del dolore, è un girotondo cieco attorno a se stesso, fatto di capelli strappati, sigarette spente sul bracciolo di un divano, macchie di cioccolato, mangiato a morsi. Nella mia iniziale, mascolina incomprensione del senso generale, ripenso alle parole di Loredana, femmina sopra ogni altra femmina, che ho intervistato qualche giorno prima davanti a più di una birra: “fare Medea oggi significa smettere di sentirsi dire che la vendetta è un sentimento. Vogliamo che le persone non giudichino senza sapere le ragioni di certi comportamenti”. E allora smetto di domandarmi se la vendetta di Med-ea sia giusta o sbagliata e mi abbandono alle reazioni mute del mio corpo, che come una spugna assorbe la dolorosa umidità del sottosuolo e l’umido dolore delle sei Med-ea.
Riemergo alla luce rigido, quasi tremante, con la voce, che si è fatta bassa e sibilante, in segno di rispetto per il dolore e la follia. Solo dopo un po’ di tempo questa strana rigidità fisica si scioglie in una gran sete di birra.
Testi di Mariano Alterio.