Of Montreal | Lousy with Sylvianbriar
Li conoscete gli of Montreal? Se la vostra risposta è negativa, ve ne parlo molto volentieri io. Un gruppo guidato da un pazzo scatenato, glitterato quanto basta da far invidia a Bowie, kitch, estroso, autoironico, ridondante. Kevin Barnes le ha un po’ tutte, e non è mai stato un personaggio low profile, per questo l’ho sempre apprezzato. A me quelli che sul palco ci arrivano su un cavallo, che piazzano degli acrobati che si tuffano in un cerchio, che fanno i palloncini per lanciarli sul pubblico, sono sempre piaciuti tantissimo. No, il circo mi fa schifo, se è questo che state pensando. Ma se fossi una cantante mi metterei anche io tutine colorate, andrei in giro con tacchi del 15 e mi metterei a ballare insieme a un corpo di ballo composto di gatti. È il bello di essere un’artista, quello di prendersi le proprie libertà.
Ma torniamo a noi: “Wraith pinned to the mist and other games” e il suo video (ispirato agli “Happy Tree friends”) mi hanno fatto conoscere l’ecletticità di un gruppo capace di leggerezza e di 11 minuti di delirio strumentale (“The past is a grotesque animal”). “Hissing fauna, are you the destroyer?” a mio parere era semplicemente fantastico. “Skeletal lamping” è chiassoso fin dall’inizio, un caos di falsetti che si trovano anche in “False Priest”, ma decisamente ammorbiditi da una chiave pop condita pure da un paio di feat con Solange e Janelle Monáe. La cosa buffa è che non risulta mai un’accozzaglia di suoni, trovi sempre un senso nel folle delirio psichico di quest’uomo.
Ultimo album della serie, “Lousy with Sylvianbriar” prende le pieghe di un rock classicone spogliato da quei mille suoni scenografici e dalla voce coreografica. Sembra un passo indietro, un lavoro sottotono. Ma ha un appeal difficile da scordare: i coretti che sono soliti accompagnare i testi stralunati di Barnes qui vengono accompagnati da una melodica chitarra che li rende intimi racconti autobiografici, come in “Raindrop n my skull”, oppure un viaggio in motocicletta per polverosi pub (è l’unico collegamento che trovo a quell’orribile copertina, che scelta infelice) come in “Hegira Émigré”. Ci trovate tutte le sue preferenze da Neil Young a Bob Dylan passando per gli Stones. È un disco che vale la pena di sentire, insieme a “Hissing fauna”, per capire le numerose sfaccettature di un personaggio unico, forse tra i più grandi incompresi di questi anni.
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e magari ci facciamo scappare un Beans.