Museo de los Desplazados, l’enciclopedia sulla gentrificazione
Cari zigulini, per la rubrica La gentrificazione non è un mal di pancia oggi abbiamo l’onore di intervistare i membri di una delle piattaforme più emblematiche per quanto concerne lo studio delle problematiche inerenti alla gentrificazione. Questa piattaforma prende il nome di Museo de los Desplazados (Museo degli Sfollati) e i creatori sono i membri di un collettivo artistico spagnolo chiamato Left Hand Rotation.
Lasciamo a loro la parola per un’intervista che vale veramente la pena leggere. Carta e penna e a prendere appunti!
Ciao, grazie mille per aver accettato di rispondere alle domande di Ziguline. Prima di tutto volevo chiedervi di spiegarci di che tratta Left Hand Rotation e di come è nata l’idea di Museo de Los Desplazados?
Left Hand Rotation è un collettivo artístico che dal 2005 sviluppa progetti che articolano interventi, riappropriazione, registro e manipolazione di documenti audiovisuali. Il collettivo si struttura come un’entità impersonale non associata all’individuo/attore e si occupa di ogni progetto tenendo in considerazione che la comunità ricettiva non è uno semplice spettatore, bensì parte attiva e imprescindibile nella trasformazione della realtà sociale .La volontà delle comunità di testimoniare le proprie situazioni rende possibile l’evolversi dell’azione.
In linea con quanto detto, nel dicembre 2010 abbiamo cominciato il progetto Gentrificación no es un nombre de señora (Gentrificazione non è un nome di signora N.d.R.) a Bilbao e la proposta di collaborazione che abbiamo fatto ai partecipanti fu la creazione di “Museo de los Desplazados”. Fino ad oggi abbiamo visitato 14 città e 8 Paesi tra workshop, proiezioni e interventi sul campo.
Cos’è esattamente Museo de los Desplazados?
Museo de los Desplazados è un progetto di collaborazione che si focalizza sulle potenzialità del registro comunicativo per generare conoscenza, salvaguardare la memoria collettiva e mettere in evidenza che la realtà è mutabile, insufficiente e inclassificabile. È una piattaforma di collaborazione che si offre come strumento di riflessione collettiva sui conflitti associati ai processi di gentrificazione, come archivio-sempre incompleto-che raccoglie tutto quello che si perde con processi di gentrificazione. Tantissime persone ci mandano documenti audiovisuali (foto, video, audio, documenti) e costruiamo schede apposite che vengono successivamente pubblicate nella pagina web www.museodelosdespalzados.com.
A ziguline si parla tanto di arte urbana. In un recente articolo faccio una riflessione su come l’arte a volte può facilitare il processo gentrificatore, aiutando progetti di riqualificazione urbana che successivamente aprono la porta ad una sostituzione del tessuto sociale del quartiere. Cosa pensate della relazione fra arte urbana e gentrificazione?
Molte volte l’artista è un potenziale “agente gentrificatore”, involontario nella maggioranza dei casi. Oggigiorno la cultura viene strumentalizzata come capitale simbolico anche se è doveroso differenziare fra “cultura” e “industria culturale”. Negli anni ’80, nel Lower East Side di New York molti artisti urbani s’ inserirono nel mercato dell’arte attraverso le gallerie, come ad esempio Basquiat. A partire da questo momento possiamo iniziare a parlare del potenziale dell’industria culturale di assorbire una buona fetta dell’arte urbana. Per rendere l’idea possiamo citare un ministro francese del governo Miterrand degli anni ’80 quando diceva “ La cultura è il nostro petrolio”.
Se proviamo a risalire alle radici del neoliberalismo nel tema urbanistico e nello spazio urbano, dobbiamo tenere in considerazione che il liet motiv del capitale è circolare costantemente, perché quando succede il contrario collassa, come è successo nel 2008. In questo senso, nelle città post- industriali, il potenziale del capitale si situa in concetti più astratti, come la conoscenza, l’informazione e la cultura (intesa in questo caso come arte), Le città, per competere a livello internazionale provano a localizzare questi concetti nello spazio pubblico e in questo senso è proprio lo spazio pubblico che è in vendita. Inoltre, questo spazio, per essere venduto, deve essere sostenibile, sicuro e, se è possibile, contenere attività culturali, gìa che un quartiere sarà più fácilmente “vendibile” se ha al proprio interno consta di “contenuti creativi” nelle proprie strade (non possiamo dimenticare le teorie e analisi di Richard Florida nel suo libro Creative Class).
Ci sono esempi concreti come il Soho di New York, quartiere abbandonato e stigmatizzato negli anni ’60, che cominciò a trasfromarsi in seguito all’avvento di artisti con poco potere d’acquisto, ma comunque in grado di mettere su dei loft in vecchie fabbriche abbandonate e agevolando l’instaurarsi di gallerie d’arte che a propia volta suscitarono l’interesse di profili social come gli yuppies, attratti da questo tipo di attività culturali e movimenti artistici. Si procedette quindi ad una rivalorizzazione della zona, i primi espulsi per l’aumento del valore del suolo furono proprio gli artisti (che precisamente finirono a Lower East Side, da dove furono sfollati in seguito) e in questo modo si trasformò il Soho in uno degli attuali quartieri più eclusivi e d’élite di Manhattan.
Sul ruolo dell’arte urbana nei processi di gentrificazione consigliamo la visione del documentario “Right To Wynwood” che racconta come le le agenzie di promozione immobiliaria di Miami stiano finanziando artisti urbani per rivitalizzare e rivalorizzare attraverso dei graffiti il quartiere portoricano di Wynwood. Fino ad adesso han constretto ad abbandonare il proprio quartiere a molte persone che ormai non possono permettersi il lusso di vivere nella zona “creativa e artistica“ della città”. Il documentario si può vedere nella pagina di Museo de los Desplazados.
La cultura, quindi, può essere un’arma a doppio taglio: da una parte può aiutarci a procurare e divulgare informazioni a persone che soffrono processi di gentrificazione attraverso metodologie creative, può agevolare la messa a disposizione di strumenti che abbiano a che vedere con la resistenza a questi processi ;però dall’altra può anche essere il ponte di lancio di un processo di gentrificazione, come il caso del Soho di New York o Wynwood a Miami.
Si può farla finita con la gentrificazione? C’è una soluzione a tutto questo?
Ogni processo è diverso e bisognerebbe studiare caso per caso per poterne cercare possibili soluzioni o maniere di minimizzarne l’impatto, sempre partendo dal presupposto che noi non abbiamo il potere che può avere un governo locale o il capitalismo privato. In ogni caso è evidente che un quartiere con un tessuto sociale forte, una buona unione tra i vicini e un buon supporto da parte di vari profili come quello di urbanisti, avvocati, tecnici volontari ecc…,è molto più complicato da trasformare contro la propia volontà. È necessaria una partecipazione REALE della cittadinzanza in tutti i processi di trasformazioei proposti dal governo locale. Proprio adesso arriviamo dal Messico dove i vicini di Colonia Juárez sono riusciti a bloccare un processo di gentrificazione che puntava all’ esclusione della popolazione locale. L’hanno potuto ottenere grazie al supporto di una cerchia di avvocati e buoni consiglieri che hanno proceduto alla loro consulenza legale e hanno costretto il Governo locale ad applicare una Ley de Consulta Ciudadana (Legge di consultazione della cittadinanza) il cui responso ha visto la vittoria del No al proseguo del progetto. Inoltre, attraverso i social media e una forte presenza nelle strade son riusciti a coscientizzare molte persone sul fatto che quello che il Governo denominava “corridoio culturale” era poi alla prova dei fatti un “corridoio commerciale”, dato che si consegnava ancora una volta lo spazio pubblico in mano al capitale privato per poterne usufruirne a proprio piacimento.
Avete dato alla luce molti lavori interessanti sulla gentrificazione e siete attivi in vari parti del pianeta per sensibilizzare sul tema. C’è un lavoro in particolare che ricordate con più affetto? Che posto non avete visitato e che vorreste visitare?
Veramente li ricordiamo tutti con affetto. Forse perchè son venuti fuori progetti fra i più svariati, da un lavoro di grupo in un quartiere marginale di Bogotà per creare un foto-racconto su processi di gentrificazione a documentari più convenzionali come quello nel quartiere della Luz di San Paolo in Brasile, che forse potrebbe essere uno dei nostri preferiti perché i vicini, un’altra volta, ben organizzati e assistiti da volontari che li hanno appoggiati in temi di conoscenza e consulenza legale, sono riusciti a bloccare un processo terribile di gentrificazione che puntava a demolire il 33% dell’area edificata. Il risultato di questo lavoro si può visionare qui.
Non abbiamo nessuna particolare preferenza per nessuna città in concreto.
A me personalmente è piaciuto tantissimo il vostro “Ficción Inmobiliaria”, parte 1 e parte 2 (Ficción inmobiliaria è una specie del nostro “Blob” però con spezzoni esclusivamente cinematografici inerenti alla gentrificazione e la speculazione edilizia), tra poco uscirà anche la terza edizione. Avete visto veramente tutti quei film?
Si, veramente jeje, la nostra passione per il cinema è abbastanza morbosa.“Ficción inmobiliaria” è quasi un esercizio di memoria più che di editing. Molte volte ci vengono in mente sequenze di film che abbiamo visto tanto tempo fa, che erano rimaste incastrate nel nostro inconscio e che stanno a pennello con il progetto che stiamo portando avanti. Dobbiamo anche dire che molti che ci seguono dalla nostra pagina Facebook di Museo de los Desplazados suggeriscono molti film che ci possono essere utili.
Avete qualche contatto in Italia? Vi piacerebbe averlo?
Giusto grazie a “Ficción Inmobiliaria” abbiamo analizzato casi reali in città italiane, soprattutto grazie al realismo di un regista come Vittorio de Sica (l’unico regista che sarà presente nelle tre parti di Ficción inmobiliaria”). È curioso come la fiction ci possa spesso servire come un documento che si avvicini molto alla realtà. Conosciamo le problematiche inerenti al turismo di massa in città come Roma (adesso ci viene in mente la costa di Roma con il caso di Ostia) e sarebbe un piacere poter venire in Italia a sviluppare qualche progetto.
Moltissime grazie Left Han Rotation.
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