NapolIslam, “un bel giorno Napoli si sveglia e si scopre islamica”
Chiuso il Biografilm Festival di Bologna vengono fuori i nomi dei film più interessanti in circolazione e, tra questi, c’è NapolIslam che ha vinto il premio come “migliore opera italiana” in concorso e che a partire dal 25 giugno, è in programmazione nelle sale di tutta Italia.
Andando per gradi, posso cominciare col raccontarvi da dove nasce questo documentario, ovvero dalla passione per il cinema e l’esperienza personale nel mondo arabo di Ernesto Pagano, regista, giornalista e autore napoletano. Dopo anni passati a tradurre per importanti quotidiani e riviste, a scrivere del mondo arabo e a documentare il rapporto tra questo e il nostro universo sociale e politico, ha lasciato che il suo interesse si incanalasse verso un tema decisamente interessante, l’Islam a Napoli.
Il suo studio comincia nel 2007 quando comincia ad avvicinarsi a persone che hanno abbandonato il loro stile di vita quotidiano per aderire a una nuova religione ma che, oltre a questa, hanno abbracciato un nuovo sistema di regole che viene da una cultura molto lontana. Avvicinandosi con sensibilità Pagano è riuscito a raccogliere la loro fiducia e ad affiancarli per conoscerli più da vicino. Il film, è stato girato tra il 2014 e il 2015, un arco di tempo che gli ha permesso, inoltre, di osservare le reazioni dei protagonisti in seguito all’attentato di Charlie Hebdo.
I protagonisti di NapolIslam sono 10 napoletani convertiti all’Islam, una conversione dettata da sentimenti profondi ma per ognuno di loro differenti che spesso risultano accomunati dalla necessità di risposte che fino ad allora non erano state trovate in altri credo. E così che “un bel giorno Napoli si sveglia e si scopre islamica” e il viaggio in cui il documentario ci guida ci porta a scoprire una subcultura che difficilmente potremmo solo immaginare.
Ieri sera sono andata a vedere la prima napoletana di NapolIslam al Modernissimo, un cinema che nonostante i tempi duri continua ad offrire al suo pubblico una programmazione di qualità. Dopo aver sbirciato qualche scena e visto più volte il trailer, dopo aver letto le varie recensioni, le mia aspettative erano decisamente alte e fortunatamente sono state soddisfatte.
Ernesto Pagano ha saputo dare un taglio documentaristico leggero ma consistente a un tema molto interessante descrivendo le difficoltà che queste persone incontrano nel loro percorso di conversione “interiore” e le molte incomprensioni di chi gli sta accanto, difficoltà e incomprensioni che spesso si mescolano con quelle di tutti i giorni. Il narratore di NapolIslam è la voce collettiva dei protagonisti stessi a cui è lasciata estrema libertà di espressione e che ci conducono nelle loro giornate fatte di gesti comuni, alternati a insolite usanze islamiche.
I dieci racconti dei protagonisti sono scanditi da scenari inusuali della città – poco mare e Posillipo e molta Piazza Mercato e Sanità – e dai rapporti con il mondo esterno, perché come sottolinea Teresa, la sorella di Francesco Muahammad, fuori dalle loro case il rapporto con l’Islam incontra molti ostacoli. Tuttavia, il film rafforza la mia idea di Napoli come una città estremamente tollerante che anche di fronte alla conversione all’Islam non condanna ma osserva con curiosità il fenomeno. A conferma di questo la scena con la giocattolaia che osserva le persone che pregano in strada e commenta che la cosa bella è che ‘loro’ lasciano tutto e si mettono a terra a pregare, qualsiasi cosa succeda, invece, ‘noi’ andiamo in chiesa solo in caso di emergenza.
Quello che viene fuori è un ritratto, come spesso accade, suggestivo della napoletanità che riesce a spiccare anche in un contesto religioso, la mia sensazione infatti è che la maggior parte dei convertiti di cui racconta NapolIslam abbia abbracciato la nuova fede con uno stile “partenopeo”. Per esempio, Danilo Alì canta in rap i suoi brani ispirati ad Allah in dialetto napoletano, oppure Agostino Yassin, napoletano verace le cui orazioni in arabo e napoletano sono richieste in tutta l’area vesuviana, o ancora Francesco Muhammad che nonostante non abbia portato avanti gli studi oggi parla perfettamente l’arabo e ha imparato l’inglese per potersi trasferire a Londra per rifuggire la disoccupazione.
E questa teoria si sposa anche con la storia di Lina, una donna indipendente che ha lasciato il compagno e lavora per mantenere sua figlia e sé stessa ma che ha trovato nella fede la forza che non riusciva a trovare altrove, Alessandra Amina invece combatte una guerra tutta matriarcale per affermare la sua nuova fede e il suo amore per Walid mentre, sua madre, tra una critica e una provocazione riesce a trovare spazio per la comprensione. E poi ci sono ancora Dino Muhammad, un parrucchiere che più che la religione ha abbracciato le idee legate alla famiglia e alla donna, Salvatore Muhammad ha lasciato il celebre Movimento dei Disoccupati per abbracciare la giustizia della Sh’aria e Claudia Zeynab che dismette il velo, per riuscire concretamente a trovare lavoro.
Il filo conduttore di tutto il film è Marzouk, il “tassista” magrebino che come un moderno Caronte accompagna i protagonisti del film da una parte all’altra del loro racconto e il suo taxi si trasforma in un salotto viaggiante all’interno del quale riflette insieme a vari ospiti sull’Islam a Napoli e sulla differenza tra la cultura occidentale e quella islamica ma soprattutto sul concetto di fede.
Il montaggio è potente e dona a tutto il film una nota ironica, mentre la fotografia offre scenari chiaroscuri di una Napoli quotidiana e poco sfrontata e infine, la colonna sonora eccezionale (curata da Marzouk Mejri e Danilo Alì Marraffino) passa in rassegna canti tradizionali arabi, brani dello stesso Danilo, il rapper tra i protagonisti del film, Eric Clapton e brani che mescolano la tradizione araba con quella napoletana, evidenziandone le analogie culturali.
Il film è una produzione di LaDoc – società partenopea fondata dai giovani Andrea e Lorenzo Cioffi che mette al centro della linea editoriale il documentario d’autore – in collaborazione con Isola Film, società di produzione fondata da Matteo Parisini che sviluppa e produce documentari di creazione e seriali.
Tutte le foto sono LaDoc.
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