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No Curves è un animale selvatico con la testa da ragioniere

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Era un po’ di tempo che lo osservavo, lo studiavo per capire cosa si nascondesse dietro le perfettamente tagliuzzate strisce di nastro adesivo di No Curves e, alla fine, per un fortuito caso del destino siamo entrati in contatto epistolare. Ma chi è No Curves? Come diavolo fa a fare quello che fa? Cosa si cela nei lunghi filamenti adesivi che lo accompagnano? Lo potete leggere nell’intervista che trovate qui sotto, sperando che presto potrete sentir parlare di un qualche progetto in cui vorremmo tanto coinvolgerlo. Insomma, ecco come ho scotchato No Curves…

No Curves - courtesy Sky Arte Hd

Ciao No Curves, sono curiosa di conoscere il tuo background. Racconta la storia della tua vita e di come questa influisce su quello che fai.  

 

Sin da ragazzino mi è sempre piaciuta la geometria e tutte le sue forme, partendo dai vecchi albi a quadretti sino ai libri di grafica degli anni ’30 o l’illustrazione estremamente sintetica. Amo le Linee e gli Angoli, che sono gli elementi fondamentali della mia ricerca estetica, mi guidano verso la sintesi delle mie astrazioni figurative…”We Believe in Angles and Straight Lines”.  Inoltre, mio padre era un falegname e mi ha trasmesso il piacere autentico per la manualità, per il Gesto (inteso come rapporto tra media usato e superficie) misurati e per la qualità del Taglio.

 Red Fox, Barcelona

In quale contesto artistico nasce No Curves e come viene accolta una forma d’espressione così originale? 

 

Prevalentemente sono cresciuto in un ambiente urbano, ma sempre a contatto con la materia naturale del legno (avevamo il laboratorio sotto casa) a cui ho mescolato il sapore della cultura street-skate-surf-videogame degli anni ’80/’90 di cui sono stato entusiasta fruitore. Da questo mix è nata l’esigenza di esprimersi attraverso un medium moderno, pulito e rigoroso, che mi desse la possibilità di esprimermi con precisione e libertà. Il “nastro” è a tutti gli effetti la mia forma “pittorica” di espressione. Devo ammettere che all’inizio c’è sempre un po’ di resistenza nel comprendere appieno il mio lavoro, ma una volta che le persone trovano dei punti di contatto (come appunto sia il vederlo come una forma di pittura o grafica portata su muro), tutto diventa più semplice, e quindi possono apprezzare le mie immagini e comprenderle a loro modo.

No Curves, ph Philippe Starck

La tua tecnica è invidiabile. Come fai a fare quello che fai? E qual è il tuo kit di sopravvivenza?

 

Dedizione e Istinto. Entrambe sono al servizio della tecnica. Aggiungiamo una predisposizione naturale al medium e tutto prende vita. Come per un pittore il pennello è un’estensione del sé, così il nastro rappresenta un’estensione delle mie mani e della mente. Il resto è strumento (taglierini, forbici…), colore e passione.  Ziggy Stardust, Top of the Lines

Ti piace lavorare dal vivo?

 

Se intendi con del pubblico, sì. Non ho mai avuto problemi con “spettatori” intorno… anzi, credo che sia una parte fondamentale del mio lavoro mostrare come le idee e le immagini possano prendere forma. I gesti e, soprattutto, l’attitudine che hai nel compierli, comunicano quanto l’immagine statica del lavoro finito.  Avvicinare le persone al tuo mondo e dargli la possibilità di capirlo dal vivo è anche un modo per abbattere delle barriere culturali e sociali.

Converse & Footlocker - ph Alexander Basile

Da quanti anni ti sei dato alla tape art? Qual è l’esperienza più bella che hai fatto?

 

Credo ormai siano quasi una decina d’anni dalla prima volta che ho iniziato a sperimentare con il nastro adesivo: più o meno nel 2003-2004, in maniera piuttosto casuale.

Non ricordo molto bene, era un periodo particolare, mi occupavo di arte ma in altro ambito ed erano esperimenti piuttosto disinteressati. Sentivo che c’era forte potenziale in quest’oggetto di uso comune ma solo qualche anno dopo, complice anche una situazione traumatica che ha segnato la mia vita, che la tape art è diventata la mia realtà quotidiana.  Il momento più bello è stato proprio quello: tenere in mano un Nastro adesivo e avere la certezza della propria strada. Poi, se vogliamo citare qualche progetto a cui sono particolarmente affezionato, sicuramente lo spot girato a Londra per Converse & Footlocker che è apparso in tutta Europa qualche stagione fa, la mostra Top Of the Lines presso Avantgarden Gallery e quest’estate il progetto in collaborazione con Sky Arte che ho chiamato The Temple.

The Temple, Piscine Caimi di Milano (ex Botta) Photo by Matteo Bandiello

Ecco parliamo di quest’ultimo importante progetto, The Temple, all’interno delle Piscine Caimi di Milano (ex Botta), una struttura abbandonata che non solo sarà riaperta per la balneazione, ma al progetto di restauro ne sarà affiancato uno culturale. Racconta racconta.  

 

Diversi mesi fa ero alla ricerca di una location per un paio di idee che avevo in testa… fortuna vuole che nello stesso periodo ricevo una telefonata da una casa di produzione per un format destinato a SKY ARTE Hd. Dopo una breve chiacchierata, mi è bastata un’occhiata alle foto per riconoscere il posto, bellissimo. Geometrie perfette e pulite… una condizione di abbandono piuttosto recente. Ho immaginato una città greca abbandonata, quasi un Tempio appunto dove “ricostruire” attraverso le linee e le forme, il significato del luogo. Mi piacciono molto certi luoghi, passarci del tempo, capire cosa posso fare e cosa posso dare. E’ andato in onda recentemente, spero sia stato apprezzato e che possa riportare l’attenzione su certi luoghi di cui le persone hanno bisogno e come gli interventi di arte urbana hanno la capacità di valorizzarli.

The Temple, Piscine Caimi di Milano (ex Botta) Photo by Matteo Bandiello

Che la geometria sia un elemento essenziale nelle tue rappresentazioni è evidente ma dimmi, che rapporto hai con la razionalità?

 

Conflittuale. Azione e istinto sono un po’ alla base del mio lavoro, e data la mia natura piuttosto caotica e disorganizzata rimango sempre stupito invece dalla rappresentazione finale delle mie immagini, estremamente ricercata e precisa, come se fosse stata creata a tavolino.  Insomma un animale selvatico ma con la testa da ragioniere.  The Temple, Piscine Caimi di Milano (ex Botta) - courtesy Sky Arte Hd

Mentre, negli ultimi giorni hai cominciato a postare “a word a day”…

 

Esatto. “A WORD A DAY”, una parola al giorno per un anno. Un esercizio giornaliero per abituare la mente ad aprirsi e migliorare. Tutto è molto istintivo, a volte le parole nascono dall’umore della giornata, altre mi lascio ispirare da un oggetto abbandonato o dalle persone intorno a me che, inconsapevolmente, mi suggeriscono una via da prendere. Poche regole fondamentali: usare i nastri che ho sotto mano, massimo 10-15 minuti per parola, foto rigorosamente fatte con cellulare o tablet e caricare esclusivamente su instagram; altrimenti inizierebbe a diventare un progetto vero e proprio, rubando il tempo della giornata che è dedicata ad altro lavoro, e di conseguenza perderebbe la sua “immediatezza” e semplicità.

A Word a Day - Sex, day 30

E infine, che programmi hai per il futuro? Come porterai avanti i tuoi progetti?

 

Sto preparando un paio di muri da realizzare nei prossimi mesi, toccando diverse città italiane, partendo da Roma e arrivando a Milano, dove per il 2015 sto cercando di definire un progetto espositivo molto importante. Spero di passare più tempo a Barcellona, città a cui sono molto legato in cui vivo solitamente per metà dell’anno. In ultimo, il desiderio di portare la mia arte in giro per il mondo.

 

No Curves | sito facebook twitter instagramvimeotumblr

Maria Caro

scritto da

Questo è il suo articolo n°444

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