Onde su Torino
A volte ciò che ti aspetti da un posto austero come Torino è proprio quello che trovi. Se parti da Milano poi, con le sue donnine e madonnine, le sue contraddizioni da frontiera frigida e le sue pulsanti spinte culturali, tutto è ancora più chiaro. Torino è una città silenziosa oggi, non supera di sicuro i venticinque decibel, come Frittole insomma. La sua aria gelida, uscendo dalla stazione di Porta Nuova, ti viene incontro assieme al sole di novembre e a questo rumore di fondo discreto che è tutt’uno con quel che sta accadendo, il 29° Torino Film Festival. Come a dire: silenzio in sala per cortesia.
A ricordarci che la rovina incombe su di noi in questi giorni di tardo impero è però la “cravatta tricolore” messa a forza al collo della Mole Antonelliana per agghindarla in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, spenta (per fortuna) a causa dei suoi elevati consumi elettrici. Il TFF29 però no, non si spegne, anzi si dice in giro che ci sia stata partecipazione in aumento del 10% rispetto agli anni precedenti ed è palpabile e immutato l’impegno organizzativo teso alla prerogativa originaria: portare sullo schermo non un cinema soltanto ma tanti “cinemi”. Infatti, diremo del tutto casualmente, Cinema e Cinemi è il nome di una delle sezioni del festival dove si fa omaggio a qualche perla d’altri tempi e a qualche ostrica ancora chiusa del panorama italiano. Molto è lo spazio dedicato a cineasti spericolati capaci di fare acrobazie in barba al vento del mercato e in barba all’accademismo proprio accanto al più classico concorso Torino29, quello “principale”. Occorre prender fiato. Vivendo giorni interi tra una sala e l’altra, un aperitivo e un altro ci pare d’essere finiti in un lungometraggio abbastanza coinvolgente. Fluttuare come ombre cinesi, ecco il da farsi. Pare che un altro cinema esista e resista, anzi, pare che ne esistano molti e che resistano perché ancora esistono festival che danno visibilità a film, autori e produttori sconosciuti. Undici sezioni per undici diverse sale, tutte raggiungibili a piedi, nel centro di Torino. Sezioni succulente che suonano a dir poco come sveglie per gli addormentati. Onde trasportano qui a Torino le sperimentazioni narrative e le visioni più stralunate (di lune in sala se ne sono viste tante) da tutto il mondo.
Onde dal Giappone e dalle Americhe passano in Europa a fare lunga visita a Eugène Green, cine-poeta dei nostri tempi che fa il surf su una tradizione letteraria tutta vecchio continente. Immagini semplici, movimenti dolci e staticità, quelli di Green. Onde dalla stessa forza poetica ma di tutt’altro registro per Record Future del giapponese Kentaro Kishi che ricamando col tempo dipinge il presente di visioni. Luce. Quella di un Arneis. Ci sono il Corriere della Sera e La Stampa sul tavolino di questo bar, ne leggiamo un po’ ma ritorniamo in sala, che è meglio.
Torniamo alla poesia tutta “in rete” dell’Honey Pupu di Hung-I Chen e degli adolescenti motorizzati di Taiwan, ambulanti di meta-realtà tra città vera e bolle virtuali di chat room, dove il tempo presente è tutto fatto di assenze. Vuoto. Fame cioè. Un piatto di orecchiette dobbiamo mangiarlo assolutamente, lo cucina Michele. Il vino lo porto io. Due bottiglie cazzo e torniamo in sala. Digeriremo in un attimo con la freschezza che viene fuori dal laboratorio di produzione del TorinoFilmLab che propone la giovanissima Maria Saakyan, armena, al suo secondo lungometraggio: I’m Going to Change my Name A.K.A Alaverdy è la misurata storia dell’adolescente Evridika, alle prese con una realtà dismessa, dura come il cemento della propria città. Bellissimi i colori impolverati e i movimenti rigorosamente “a spalla” che tratteggiano anime depositate nei solchi dei decenni scorsi. E poi un grande misconosciuto giapponese. Incontriamo Sion Sono nella sezione Rapporto Confidenziale: eclettico, geniale, punk!
Nella “trilogia dell’odio” si tuffa con grandi doti nell’horror e nel comico, nel satirico e nel sexy, gioca con i meccanismi stessi del cinema di genere. Love Exposure, Cold Fish e Guilty Of Romance giocano tra sesso, crisi esistenziali e glaciali omicidi senza perdere mai il filo poetico e l’estetismo manga che li lega tutti. Con uno sguardo dritto in gola a cercare l’anima, altro che Tarantino. Ma non sfumiamo. Stacco netto, continua solo l’audio. Tanti altri titoli, tanti altri nomi. Anche molti alieni però. Gli extraterrestri qui sono Brad Pitt, Penelope Cruz e Cinecittà. E poi per onor di stampa (e per chi ci crede) è stato un vulcaniano sul Po e non il whisky e la sua folle strafottenza a impedire ad Aki Kaurismaki di andare a ritirare il premio dalle mani della modella spagnola. Sublimata la mondanità delle star anche Gianni Amelio, il direttore, troverà modo di umanizzare nuovamente questo splendido festival dedicando una proiezione all’appena scomparso Vittorio De Seta, silenzioso regista italiano, appunto.
Per sapene di più: www.torinofilmfest.org
Testi di Nero Mosca e Soares.