Passepartout, dentro il writing
La provincia spesso è un mondo a parte. Quella del sud lo è ancora di piu’. Raccoglie stimoli ed echi che arrivano da lontano e li amplifica, li conserva per tanto tempo, crea miti e scuole di pensiero. Quest’intervista nasce da un’idea di un centro tatuaggi e piccola galleria di Salerno di cui alcuni di voi avranno già sentito parlare, portare all’attenzione del pubblico il lavoro di un gruppo di writers della città che dagli anni ’90 non ha mai smesso di andare in giro per il mondo a dipingere treni e muri e collaborare con nomi famosi provenienti da ogni parte d’Europa, creando un piccolo-grande fenomeno underground che si è conservato nel tempo ed ha creato materialmente gli sfondi di tante storie di vita comune. Così è nata Passepartout, mostra fotografica sul dietro le quinte delle marachelle artistiche dei writers salernitani con immagini di fotografi italiani, tedeschi e olandesi operanti in circuiti non convenzionali.
Chi è cresciuto tra hip-hop e jeans baggy sa di cosa stiamo parlando. Beh è giunta l’ora di smontare i clichè sul “graffitaro” e scoprire che non esiste, che le parole “murales” e “tag” sono state usate l’ultima volta negli anni ’80 da qualche studioso d’arte contemporanea pigro, che il culto dello stile personale può essere una missione sulla terra, che il writer è ninja, velocista o scenografo a seconda della situazione, che le scritte colorate accanto a cui passavi quando andavi a scuola restano lì intatte ma chi le ha fatte è cresciuto e cambiato proprio come te e sentirlo raccontare com’è creare con una bomboletta spray quello che hai visto ogni mattina per una vita può avere l’effetto di fare quattro chiacchiere con Cristina D’Avena.
“Noi riusciamo a sentire l’odore delle traversine dei binari, il cigolio dei convogli fermi in deposito, il rumore della pioggia sugli hangar, voi vedeteci il c***o che vi pare. In un mondo che snaturalizza e digitalizza tutto vi presentiamo qualcosa di sporco, grezzo, fatto di getto ma vero”. Altro da aggiungere?
Ho letto il vostro comunicato, avete scritto che non avreste risposto a domande del cazzo perché non ne sareste stati in grado. Ok cercherò di non farvi domande del cazzo. Chiedervi qual’è per voi la tipica domanda del cazzo è già una domanda del cazzo?
A- Si! Però la domanda del cazzo tipica è “ma vi pagano per farli?”
In tutta Italia in genere quando dipingi un muro la domenica tranquillo arriva un vecchietto che porta il cane a pisciare e ti comincia a chiedere “ma che ci sta scritto? Ma perchè non ci mettete sopra una donna?”, cose del genere…
Confesso che fin dall’infanzia ho sempre sognato il momento in cui avrei intervistato un gruppo di veri writers illegali-assaltatori di treni. Voi quale momento avete sempre sognato pensando “un giorno lo farò”?
A- Per prima cosa scusa, ma che infanzia di m**** hai avuto?!
B- Io sognavo di trovarmi una ragazza, sposarmi, farci figli…
A- Credo che il sogno di quando inizi a dipingere sia diventare qualcuno, far girare il tuo nome e il tuo stile.
B- All’inizio sogni di vedere una foto pubblicata su una fanzine.
A- Per quanto vogliamo parlare di arte, di ribellione e di un qualcosa di interiore alla base, l’impulso originale del writing è “fame for your name”, fama al tuo nome, scriverlo in continuazione ovunque, in posti sempre piu’ difficili con uno stile sempre piu’ fico. Il primo che ha iniziato a dipingere era un postino che scriveva ovunque TAKI 183…
Il lavoro a cui siete più affezionati?
A- Quello di cui ho un bellissimo ricordo risale ad un’estate di 7 anni fa, un periodo d’oro in cui venivano a dipingere a Salerno circa 100 writers da tutt’Europa.
Eravamo tredici salernitani, austriaci, svedesi e un ungherese tutti venuti contattandoci. Siamo andati a dipingere un ETR di sabato notte verso le tre, in modo che arrivasse l’alba per poter fare le foto. Abbiamo dipinto quattro carrozze tutti con colori uguali e poi abbiamo aspettato la luce del giorno e siamo rimasti sulla cittadella giudiziaria in costruzione a fare gli idioti, a sputare, a ridere, a fumare. Era piu’ o meno il 2005.
Quelli che scrivono “ti amo Sara, sei tutta la mia vita” ecc. sono writers a tutti gli effetti o solo ragazzini innamorati con la bomboletta spray in tasca? Fanno parte del vostro “gruppo di appartenenza”?
B- Sono innamorati, amano l’amore e devo esprimersi…Detto ciò io non “riconosco” neanche un writer che è al di la della mia crew personale, sono molto chiuso.
A- Io preferisco una scritta argento e nero fatta benissimo su un muro grezzo con uno stile che spacca, tra noi è molto piu’ rispettata una cosa del genere di un ritratto. Nel nostro gruppo c’è un ragazzo che dipinge solo “pupazzi” ma ha una potenza comunicativa che lo distingue da quelli che riproducono perfettamente una fotografia sul muro. In linea di massima lo stile è la cosa fondamentale.
Il pezzo più bello che abbiate mai visto?
B- Nel ’98 vidi passare un treno con un pezzo di un tedesco di nome Seak che faceva 3d e usciva su 2000 Maniacs, una fanzine veneta. All’epoca le fanzine erano poche e perciò erano fatte bene e molto selezionate. Quello che avevo visto su carta me lo ritrovai davanti su una carrozza al primo binario che andava verso la Calabria.
A- Abbiamo avuto la fortuna di entrare in contatto con alcuni dei writers piu’ forti al mondo. Sono venuti a dipingere piu’ volte a Salerno Smash 137, Atom, Can2, per chi non se ne intende sono quelli del progetto Adidas end2end, ci sono scarpe con i loro graffiti, sono stati riconosciuti a livello mondiale e averci a che fare, dipingerci, significa come per un ragazzo che suona fare una jam session a casa con i Rolling Stones fumando canne…
B- Ken2 non dipingeva un treno da dieci anni ed ha rifatto il primo con noi a Salerno, quando dipingi con queste persone non vuol dire che hai raggiunto qualcosa, ma comunque hai fatto bene qualcosa…
Ci si incontra da qualche parte di notte, si va al deposito ferroviario e poi che succede?
A- Immagina di andare a dipingere di notte in un posto dove non si può’ fare, entri e ci sono le guardie, la security, ci sono treni difficili da dipingere come le vesuviane e le metro, hai già una scarica di adrenalina…Poi sei lì e sai che stai facendo una cosa fichissima, sai che il giorno dopo la vedranno altri writers e ti porteranno rispetto per quello che hai fatto. Capita di prenderci “a mazzate” con altri writers perché sei andato a dipingere là e quello era il loro posto o perché hai lasciato una bomboletta a terra, c’è tutto un dietro le scene oltre al graffito in sé, perciò abbiamo deciso di esporre nella mostra non i graffiti ma l’attimo in cui li facciamo, perché è una performance. Il buio, la notte, oppure il giorno in 4 minuti contati. Adrenalina, velocità, stile…Tutto racchiuso.
B- Con i treni non è sempre la stessa cosa, la tempistica cambia, non sono sempre posizionati allo stesso modo, c’è uno studio dietro. Pensi prima alla tua sicurezza, ovviamente non si va a dipingere per farsi arrestare, è quasi strategia militare: sei lì a spiarli, aspetti che se ne vadano ed entri. A me è capitato di dipingere un Eurostar parcheggiato in curva: le due punte non si vedevano, alla pilotina a sinistra c’era il tipo della security che controllava, noi strisciavamo sulla massicciata per arrivare all’altra pilotina e dipingevamo in curva per non farci vedere spiandolo con il binocolo… Tra writers non si parla di graffiti, si parla di storie di graffiti. A tutti sono successe storie assurde…
A- Ne sono successe tante, abbiamo buttato secchi d’immondizia sulle macchine della security, ci hanno sparato addosso…Io ho dipinto a Rotterdam una metro, ho oscurato una telecamera mentre uno della security alto 2 metri e mezzo nero gigante era lì in stazione.
Una volta in Ungheria mi hanno inseguito con le mazze di legno sopra le biciclette con la dinamo, man mano che ci rincorrevano e pedalavano ci illuminavano sempre di più’… E’ un gioco per certi versi, il gioco di chi fa la marachella più’ grande.
Quindi per quello che fate non si usa più’ il verbo “graffitare” ma “dipingere”…
A- Si o anche disegnare, graffitare è un termine un po obsoleto, un po vecchio. Molti writers dicono di odiare i termini con la “g” come graffito, sono parole che usiamo per prenderci in giro tra noi.
B- A livello di fisionomia il writer negli ultimi anni è cambiato. Prima eravamo b-boy, ascoltavamo rap, andavamo a vedere i nostri amici ballare la break dance, ora il fenomeno s’è globalizzato. Noi conosciamo ragazzi nazisti che dipingono treni, ragazzi che dopo aver dipinto vanno a ballare la house in discoteca, altri che sono addirittura satanisti.
A- In America era già cosi, il fenomeno è nato dagli afroamericani e dagli ispanici poi ad esempio ha incluso moltissimi ragazzi che non ascoltavano rap ma rock o punk, invece in Italia è arrivato settorializzato: quelli che ascoltavano l’hip hop facevano i graffiti. Negli anno ’90 capivi da come erano vestiti cosa facevano, con il passare del tempo ci siamo differenziati, non siamo uguali l’uno all’altro, ci siamo in un certo senso mimetizzati.
Citando la vostra presentazione della mostra “il nostro unico intento è di mostrarvi quello che alcuni di noi hanno visto quotidianamente per molti anni mentre alcuni di voi si martoriavano di s***e davanti ad internet o ancora prima davanti a TeleCapri* ”.
Alla fine poi è meglio Youporn o Telecapri?
(*emittente televisiva campana nata nel 1977 diventata culto di una generazione per la presenza di film porno nei palinsesti).
B- Io Youporn non so cosa sia, forse Telecapri che è per nostalgici…
A- Ma guarda che su internet puoi trovare di tutto, anche cose “vintage”!
Io preferisco porno md.
Un pezzo lo fareste a Parigi o a Berlino?
B- E’ un bel dilemma, per prima cosa bisogna differenziare tra treno e muro. Parigi è la prima città europea dove sono arrivati i graffiti, però Berlino è un po la seconda New York…
A- Io mi farei la S-bahn a Berlino.
B- Però pure un confettino parigino, magari a Montparnasse…
Vedi con questa domanda stai ragionando con il gusto con cui abbiamo pensato la mostra. Quando andiamo a dipingere oltre che a pensare al pezzo in sé pensiamo a cosa c’è dietro, pensi a fare una bella foto, ricordi con piacere quell’attimo. Io nel 2000 ho dipinto vicino San Pietro a Roma, pittavo, mi giravo e vedevo il cupolone di sera…
A- Entri con violenza nello scenario, quando tu prendi il treno la mattina noi ci siamo, anche se non siamo la pubblicità dei tampax sui cartelloni e nessuno ci ha pagati, vaffanculo io ne faccio parte, io esisto, vaffanculo che non si può’ fare…
Potresti provare la stessa emozione anche tu scrivendo con un pennarello il tuo nome su una cosa che gira ed è vista da altri anche se non vogliono vederla. Come ho già detto in un’ intervista il writing per me è la sensazione di vedere te stesso dal di fuori. Quando fai una cosa sei tu in quelle lettere ed è come un pezzo di te, un bambino che se ne va in giro per conto suo.
B- Qualche anno fa è successo che dopo aver dipinto ho messo una firma su una motrice e le motrici generalmente non le puliscono. Passano anni, un nostro amico va in vacanza nel sud della Francia, entra in un hangar e trova la mia firma sulla motrice!
A- A me hanno mandato la foto di un mio pezzo su un vagone ristorante nella stazione di Monaco centrale, oppure ci è capitato di dipingere dei treni a Napoli, andare in vacanza in Sicilia due mesi dopo e trovarli là.
B- Ultimamente mi hanno cazziato degli amici di Milano dicendo che non li avvisiamo mai quando andiamo su perché hanno trovato un sacco di pezzi nostri a Mortara in provincia di Pavia…
Smetterete di “pittare” quando…
A- Spero mai, fino a quando mi reggono le gambe.
B- Su questa cosa bisogna essere obiettivi, con il passare del tempo non puoi dedicarci lo stesso tempo. Noi fino a 26-27 anni facevamo solo quello, 365 giorni all’anno, pittavamo tutti i giorni anche due volte al giorno.
A- La mattina di natale a dipingere perché la polizia non c’è, la sera di capodanno perché sono tutti a festeggiare.
B- Non lo faremo con lo stesso ritmo ma il pezzo esce sempre, e quando esce lo guardi e vorresti lasciare il lavoro e ricominciare a fare solo quello, poi torni con i piedi sulla terra…Sarà colpa di tutti i vapori che ci siamo respirati in questi anni.