Pensiero madre, 17 racconti sull’arte della maternità
Raccontare la maternità, o semplicemente l’idea di essere madre, per una donna dovrebbe essere semplice. Sembra quasi scontato che quel ticchettio, ciò che tutti chiamano “orologio biologico”, prima o poi si manifesti, e il desiderio di un figlio si trasformi in un mezzo attraverso il quale affermare la propria identità.
Ma cos’è quel ticchettio? Cosa vuol dire essere madre?
Federica De Paolis, curatrice di Pensiero madre, la raccolta di racconti in libreria per i tipi di NEO. edizioni, lo ha chiesto a diciassette scrittrici: Simona Baldanzi, Chiara Barzini, Ilaria Bernardini, Cinzia Bomoll, Caterina Bonvicini, Gaja Cenciarelli, Silvia Cossu, Camilla Costanzo, Carla D’Alessio, Gaia Manzini, Kamin Mohammadi, Melissa Panarello, Gilda Policastro, Veronica Raimo, Taiye Selasi, Simona Sparaco, Chiara Valerio. Diciassette donne che hanno raccontato dove nasce, si annida o scompare il desiderio di maternità, dando forma ad un coro di voci all’apparenza discordanti, ma che si incontrano su un punto fondamentale: essere donna non vuol dire essere madre. O almeno, non necessariamente.
Sembra che la società ci voglia mogli e madri sin dall’infanzia (vedi neonati, carrozzini, biberon, pentole da cucina, etc. in formato giocattolo), ma quel desiderio non è poi così scontato, e anche se è naturale immaginarsi madre, si può scegliere consapevolmente di non diventarlo mai. La maternità, infatti, può essere sognata ma anche negata; c’è chi la rincorre e chi decide di spezzarla. In alcuni casi è impossibile, in altri indesiderata.
“Siamo nate insieme, nello stesso momento. Io come madre, tu come figlia; ma potrebbe anche essere il contrario. Eppure mi sembra bellissimo. Questa è la nostra meraviglia; questo quello che vorrei dirti, anche se non lo faccio”. (da Vasca grande di Gaia Manzini)
Credo che ogni donna possa trovare una piccola parte di sé nelle storie raccontate in Pensiero madre, eppure, se qualcuno mi chiedesse di spiegare cos’è per me una madre, lo farei con le parole della scrittrice giapponese, Banana Yoshimoto: “Se anche solo per un istante pensavo di essere strana, gli occhi di mia madre mi guardavano da sopra gli occhiali, e come due puntine da disegno mi fissavano saldamente al mio posto nel mondo.”
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