Piena di niente. Un fumetto che racconta l’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia
La Legge 22 maggio 1978 n. 194, molto più comunemente chiamata “legge 194”, riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza, altrimenti detta IVG, la quale è stata concepita in un periodo molto complesso sia dal punto di vista sociologico che politico che ha investito il nostro paese durante gli anni settanta. Prima il referendum sul divorzio nel 1974 e poi la legge 194 nel 1978 sembravano aver segnato due passi fondamentali verso l’avvicinamento dell’Italia agli altri paesi civili. La realtà è un’altra. E in particolare proprio la legge 194 sembra essere stata più volte presa di mira da medici obiettori nonché da gruppi e associazioni pro-life soprattutto in questo momento di grande crisi economica che ha investito anche il concetto stesso di famiglia e con esso il ruolo della donna moderna nella società attuale. Che siate a favore o meno dell’aborto credo che ogni donna di ogni parte del mondo debba avere il diritto di decidere. Decidere se diventare mamma. Decidere di abortire. Queste sono le tematiche affrontate nel graphic novel che vorrei segnalarvi oggi in cui viene sottolineato come l’aborto o l’interruzione di gravidanza se preferite chiamarlo così sia una questione personale, un fatto che incide sulla vita di una donna ma che riguarda la dignità di ogni essere femminile.
Piena di niente è più di un fumetto. Piena di niente è l’insieme di “quattro storie vere sull’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia” scritte da Alessia Di Giovanni e illustrate da Darkam, edite da Becco Giallo nel febbraio 2015 e che io ho finito di leggere per voi qualche giorno fa. Come dice espressamente la sua autrice nella pagina che precede il primo racconto ” Questo graphic novel nasce da una disperata ricerca a stretto contatto con le persone, con la loro realtà, con le loro storie. Per cercare di conoscerle, prima di raccontarle.” E potrei aggiungere che solo vivendo anche una sola di queste storie si può immaginare il dolore e la disperazione che si incontra nella nostra esistenza quando il mondo circostante non ci aiuta a realizzare ciò che il nostro corpo, la nostra mente e il nostro cuore hanno già deciso. Così è stato per le quattro donne protagoniste della raccolta: Giulia, Monica, Elisa e Loveth.
La questione dell’interruzione volontaria di gravidanza è un argomento che va trattato con molto riguardo e le due artiste che hanno collaborato alla realizzazione della graphic novel di cui vi parlo oggi sono riuscite ad affrontarlo in un modo particolarmente delicato e violento al tempo stesso, servendosi ad intervalli di illustrazioni e dialoghi secchi e decisi ma a tratti anche molto teneri che toccano il cuore di ogni essere femminile che si approccia alla lettura delle storie che in queste pagine vengono raccontate. Non a caso a parlarci di donne, violenze, aborto, libertà e identità è Alessia Di Giovanni, sceneggiatrice, videomaker e scrittrice che di questioni femminili la sa lunga, leggere alla voce Lavoratrici, un documentario sulla violenza e sulle molestie sul luogo di lavoro, tanto per citare uno dei suoi lavori, la quale in questa veste viene accompagnata dalla bravissima fumettista Eugenia Monti, nata a San Marino nel 1985 ma attualmente vive a Berlino, che il mondo del fumetto conosce come Darkam, una disegnatrice nota per il suo tratto netto e intenso, come macchie di inchiostro indelebili. Macchie che raccontano storie di sangue e di morte mischiate a parole che parlano di solitudini e corpi privati della loro libertà.
Loveth è la prima donna, la prima protagonista di questo graphic novel, una prostituta costretta a battere nonostante la gravidanza, nonostante la sua pancia enorme parli chiaro, una donna alla quale è stata negata la sua identità oltre che la sua libertà, una di quelle costrette a elemosinare il suo corpo deforme e fecondo che poi finisce sulla copertina delle riviste di cronaca nera.
Giulia è vittima dell’incomprensione altrui, chiusa in una stanza di un ospedale dove è costretta a subire il martellare dei discorsi contro gli aborti del personale e i vagiti dei neonati che si insinuano nella sua mente come sensi di colpa. Monica vive in preda al suo fallimento, “un altro fallimento da cancellare”, come se abortire fosse una sconfitta e non una soluzione. L’ultima di queste quattro protagoniste è Elisa, una piccola Lolita che scopre troppo giovane il gusto amaro della decisione di dover abortire e si ritrova sola con la sua inettitudine di fronte al tempismo burocratico che non le consente di ottenere ciò che vuole nel momento in cui lei vuole.
Quattro storie molto complesse che fanno rabbrividire per l’intesità delle emozioni che riescono a tirare fuori, per la crudeltà con le quali vengono portate alla realtà, storie vere, quotidiane che ci toccano e che vanno raccontate per un senso comune, perché accadono ogni giorno, mentre la città e la paura del futuro ci divorano l’anima. A te che leggi queste storie, sappi che tu potresti essere una di loro, forse Loveth, magari Giulia, Monica o Elisa, ma soprattutto sappi che nessuno ci può negare il diritto di scegliere.
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