Io e i Boa Mistura
Qualche settimana fa mi sono intrufolata tra gli stand di Arco Madrid dove tra creature strane e un caffè italiano ho fatto quattro chiacchiere (e anche di più) con un collettivo spagnolo che mi è entrato nel cuore (e che mi ha salvato dalla seria burocrazia spagnola delle fiere che non voleva farmi entrare). Bravi, belli e divertenti loro si chiamano Javier, Rubén, Pablo, Pablo e Juan e vivono nella capitale spagnola dove sono cresciuti insieme tra pane e graffiti.
In giro per il mondo lasciano messaggi colorati, spettacolari capolavori realizzati su grandi superfici che spero presto di vedere anche in Italia. Abbiamo scoperto che ci piacciono gli stessi artisti e abbiamo letto (quasi) gli stessi libri e fumetti.
Dieci mani, cinque teste ed un solo cuore, Signore e signori loro sono questi sono i Boa Mistura.
Perché vi chiamate Boa Mistura?
Il nome Boa Mistura viene dal portoghese che vuol dire buon miscuglio in italiano, proprio come noi che siamo un insieme di cinque persone con formazione diversa e diversa influenza ma con la stessa tendenza per i graffiti e l’arte di strada. Abbiamo scelto questo nome perché ci piace la pittura murale del Sud America, soprattutto del Brasile a cui ci sentiamo molto più vicini per lo stile e il messaggio sociale.
Come riuscite a mischiare le idee di ognuno?
Noi diciamo sempre che siamo dieci mani, cinque teste però un solo cuore e questo perché siamo cinque amici che si conoscono sia da piccoli, siamo dello stesso quartiere, abbiamo iniziato a fare graffiti insieme quando avevamo all’incirca 16 anni, il fine settimana ci ritrovavamo a lavorare insieme in strada.
Con il passare del tempo abbiamo pensato di iniziare a creare qualcosa di ancora più costruttivo, sempre rispettando le idee e il talento di ognuno di noi. Magari io inizio, poi continua un altro di noi, poi ancora un altro, fino a quando tutti non hanno messo mano all’opera. Funzioniamo come un ingranaggio, ogni parte è essenziale al funzionamento.
Raccontateci del Proyecto de Arte Urbano partecipativo in Brasile.
Questa nostra esperienza in Brasile ci ha dato molto per vari aspetti. Per noi la strada è un luogo democratico, è uno spazio di tutti, partecipativo e le persone sono coautori dell’opera.
È stata davvero una bella esperienza per noi anche perché siamo stati ospitati da una famiglia del posto per due settimane, abbiamo convissuto e in questo modo ci ha permesso di conoscere la realtà del posto, della favela. E poi c’erano i bambini che hanno partecipato al processo creativo, loro ci hanno aperto la porta di casa.
Come vedete la street art nelle gallerie?
Noi pensiamo che la street art sia quella forma di arte che si fa per strada e non si può replicare in uno spazio chiuso come le gallerie perché un lavoro fatto in strada ha un effetto e un significato totalmente diverso. È il processo creativo che è differente. Anche noi abbiamo esposto in uno spazio chiuso ma quella è un altri tipo di arte.
Uno street artist italiano?
Agostino Iacurci è il nostro preferito e poi ci piace anche Blu.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Parteciperemo alla Biennale di Arte di Panama anche se ancora non sappiamo cosa faremo, lo sapremo solo quando parleremo con la gente, quando saremo a contatto con la comunità per prendere l’ispirazione. Nei nostri piani c’è anche un progetto in Algeria, sperando che la situazione interna del paese migliori.
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