Quelle vagine fumanti nei gogo bar thailandesi
La decisione è stata di quelle frettolose e cariche d’entusiasmo. Sono in Thailandia. Prima di partire tutti quanti quelli che mi conoscono mi hanno rivolto la stessa domanda: “A zì. Ma perché la Thailandia?”. “Mah bel clima economia emergente cultura affascinante scimmie sulle spiagge pad thai cazzo ne so un’avventura”. Dopo aver avuto un primo assaggio d’Asia in Cambogia con la mia ragazza ci siamo trasferiti per 15 giorni a Pattaya per finire il suo corso d’insegnante certificata. Pattaya, cazzo, Pattaya.
Arriviamo in città: traffico isterico, luci, fili della luce sospesi e intrecciati come gomitoli di lana intricatissimi. Alloggiamo in un posto che fa cagare. La doccia non esiste, è un tutt’uno col cesso e il lavandino. Il posto è vecchio, sembra che il tempo si sia fermato agli anni ‘60. Nella nostra zona è tutto un inseguirsi di foto di un certo Tony, un bellimbusto effeminato che ha fondato un impero fatto di palestre, camere in affitto e quant’altro.
Pattaya fa schifo però. È una città zozza, piena di russi e cinesi insopportabili, con un lungomare borderline, e bar frequentati da tipi scoppiati di diversa provenienza. Nel weekend la città è tutta luci e fiumane di gente, il colonizzatore occidentale festante esulta per le strade illuminate come fosse natale. L’anomalia è che a far festa son tutti adulti dai 50 anni in su. Fanno capannello, ridono, strillano, affogano nella birra e sono circondati, ovunque, da giovani ragazze thailandesi che non sanno cosa dire. La prostituzione qui è più pressante delle proprietà del Vaticano a Roma. Cammini sul lungomare e vedi decine e decine di ragazze thailandesi in attesa di qualcuno che le rimorchi. Ti guardano fisso, le loro anime distaccate dai loro corpi. Sembrano macchine. Rispondono con giochi di sguardi e ammiccamenti in modo automatico. Sanno esattamente cosa fare.
Pattaya – Walking Street
Walking Street è un casino pazzesco, è la strada dei go-go bar, credo uno dei posti più celebri al mondo nella categoria. Una festa ipnotica di luci, un luogo di trance fatto di ragazze seminude ovunque che vendono sesso in tutte le salse: ping pong show, jacuzzi show, scopate vere e proprie. Sperma e delirio.
C’è il gogo bar Moon, il Marines, l’Alcatraz: ognuno ha un tema di arredamenti e uniformi per soddisfare ogni tipo di fantasia. Entriamo, davanti a noi ragazze splendide e completamente nude. Contraddizioni assurde di un paese un po’ bizzarro: fumare uno spinello è illegale e comporta il carcere, tra l’altro con condizioni tra le peggiori al mondo ma per la nudità, anche se non consentita in questo tipo di locali, come per tantissime cose se si paga la polizia ci si può permettere anche quella.
Nel nostro gogo bar non c’è alcuno show particolare, le ragazze sono marcate con numeri, come fossero bestiame da macello, e girovagano ammiccanti per il palco, mostrando senza troppa convinzione le loro qualità. Ti sorridono, ti fissano, ti fanno sentire speciale.
Andiamo al Playboy. Una ragazza si appiccica alla mia ragazza. Parla con lei, le tiene la mano. Accanto a me c’è un tipo che è letteralmente sommerso dalle tette di una coniglietta- è felicissimo mentre lei danza sul suo membro sorridendogli. Funziona così, si paga da bere al numero preferito e poi di norma, se si vuol consumare il rapporto sessuale, si contratta con una sorta di agente generale al bar per il prezzo. In mancanza di meglio da fare decido di farmi un selfie con un cerchietto a coniglietto rubato ad una delle ragazze.
Soy Cowboy
Siamo a Bangkok. Pat Pong, Soy Cowboy: qui è dove le cose si fanno hard. Il locale pullula di una fauna già vista di russi, cinesi, inglesi.
Le ragazze sculettano, ammiccano e portano calze a rete. Danzano e si strusciano: una di loro comincia il suo personale show. Si cala giù per il palo del palco divaricando le gambe come fosse una tarantola impazzita, porge la vagina in faccia ad uno degli spettatori ai suoi piedi che comincia a leccarla, divertito. Lei fa lo stesso gioco con altre due persone che, ligie al dovere, continuano l’opera lubrificante. Arriva il momento della sigaretta. Si mettono tutte una o anche due sigarette nella vagina, con aria soddisfatta: sanno che il numero piace, stupisce, manda in visibilio. Le tolgono, e le mettono in bocca ai nostri spettatori. Loro si divertono un mondo, si divertono tutti un mondo. Laute le mance incastrate nelle calze a rete.
Ad un certo punto vedo una donnona, tarchiata e molto larga, il quale ruolo risulta complicato da capire: si alza la maglia e porge il seno a questo cinese solitario. Lo sbatte al muro, imprecando e ridendo a squarciagola. Determinata, vuole anche lei far parte del gioco. La mancia arriva e il cinese comincia a mettere le sue manine ovunque, stringendola da dietro piccolo come un cucciolo di canguro e lanciandosi in un ballo surreale.
Altro gogo bar, stessa storia. Rischio multa e cazzi gravi cercando di mandare una foto ad un amico su whatsapp. Un danese, parte a suo dire di una pop band molto famosa tra i thailandesi (celebre il singolo “Don’t let her go-go”), mi tira fuori dai guai sbiascicando un thailandese essenziale. E’ ora. E’ ora di tornare a casa, comprare un toast al formaggio e prosciutto al 7/11 e archiviare la nottata.
La Thailandia è un sogno: buon cibo, il sorriso dei suoi cittadini, i templi buddisti, le isole paradisiache. La Thailandia è la polizia corrotta, gigantografie del re in ogni dove e un minoritario ma rumoroso popolo notturno di prostitute che, nella notte, popolano i gogo bar restituendo giovinezze perdute e talvolta bruciate, proprio come quelle sigarette.