Raoul Gilioli e l’inno allo skate
La mia passione per lo skateboard l’ho persa a dieci anni e tre mesi. Avevo uno skateboard nero con le ruote arancio, sottile come quelli degli anni settanta e ottanta, e tutti i pomeriggi planavo sul cemento con conseguente nervosismo dei miei genitori. Un caldo pomeriggio di agosto lascio lo skate in cortile per andarmi a prendere una coca in frigo. Un minuto. Abbastanza perché quel vandalo di mio nonno ci potesse passare sopra col trattore, romperlo in due e spezzare i miei sogni di giovane atleta. Poi venne la playstation e da quel giorno cercai di concentrarmi su hobby che non potessero esser dimenticati in cortile. È dura sopravvivere ai propri sogni.
Se voi invece non siete stati traumatizzati da un nonno incosciente e motorizzato e avete conservato intatta fino a oggi la vostra passione per lo skate allora saprete quanti pochi spazi siano dedicati a questo sport, per non parlare dei riconoscimenti o celebrazioni, perché viene ancora percepito come uno sport alieno alla nostra cultura, e quando si pensa a skate vengono in mente kids con la canottierona, il cappellino storto e le braccia conserte che guardano in cagnesco.
Ma sappiamo che non è cosa solo da ragazzi del ghetto e rompe la consueta chiusura il monumento realizzato da Raoul Gilioli nel parco Dora a Torino, inaugurato il diciotto giugno.
Raoul Gilioli è un giovane designer Torinese che nel duemilaeotto ha realizzato il monile colorato Plastique e che ora ha costruito per DC, e con la collaborazione dei progettisti dello skatepark CTRLZ e di Giovanni Zattera, un monumento dedicato allo skate che si chiama 8sk8 . Tutto in metallo, smontabile, con su inciso“En giro torte sol ciclos et rotor igne” (il sole e il fuoco fanno girare le ruote) come è inscritto nel battistero di Prato.
Il parco Dora è una zona sensibile di Torino e ha rischiato l’abbandono e il degrado dopo il suo passato industriale, ma con il suo recupero, e la più ampia riqualificazione urbana della Spina 3, si è riusciti a migliorarlo e il monumento dedicato allo skate è un ponte tra le culture giovanili e urbane con la società e i suoi individui. E in questa intervista Raoul Gilioli ci racconta le sue esperienze e i suoi obbiettivi.
Cosa rappresenta il tuo monumento dedicato allo skateboard?
Una porta di comunicazione tra mondi differenti, quello che nella storia è simboleggiato da porte che hanno il compito di rilegare e unire l’uomo alle sue divinità ma anche a se stesso. Varcare una soglia è un atto iniziatico che in qualche modo cambia anche solo per un istante la propria percezione, offre nuovi sguardi verso l’esterno e di conseguenza l’interno
Come pensi che il tuo monumento, 8sk8, si possa integrare con lo spazio del Parco Dora?
A livello estetico riprendendone volumi e materiali al fine di integrarlo nel paesaggio, e sul piano ‘sociale’ aggiungendo un elemento di arredo e condivisone di utilizzo.
La tua idea è nata in modo indipendente dall’ambiente del parco o sulla base di qualche legame che hai cercato di creare?
Le opere di recupero archeologico del parco hanno influenzato anche inconsciamente la progettualità di chi si sente affine a una tale opera, ma l’idea di base è parte di un mio percorso legato al rapporto tra persone e individualità espresso in vari progetti realizzati e in cantiere ( i sosia del progetto foto su polanski e gli skater finti gitani di skatheroisme, l’installazione di corpi crash gli specchi parlanti you at the mirror ecc).
Quali pensi che siano le potenzialità del parco Dora?
Lo spazio, la volontà reale di avvicinare culturalmente la periferia e il recupero del passato industriale che siamo. E fa di Torino ciò che è.
Ti senti legato al mondo dello skateboarding?
È palindromo (la frase palindroma sul frontone di 8sk8 è un omaggio a questo)affascinante esprime molta libertà ma anche grandi sacrifici e caparbietà che sono quindi in contrasto con la stessa idea che trasmette di cosa accessibile per tutti. Mi piace come Mark Gonzales trasforma in arte questa idea.
Come descriveresti il tuo lavoro?
Il tentativo di esprimere con vari strumenti, rendere decifrabile prima di tutto a me stesso ciò che sento e vivo interiormente. La necessità di comunicarlo esternamente con progetti ‘artistici’ nasce dal bisogno di confronto con il mondo da cui dipendiamo poiché è parte di noi. Noi siamo i più integerrimi giudici di noi stessi e in questo conflitto base del mio lavoro c’è tutto, tutta la storia dell’umanità il suo smarrimento che è il mio, i suoi/miei sogni
Come e quando è nata la tua passione per l’arte?
Dal disagio della solitudine provata sin dai primi anni di scuola e poi attraverso vari passaggi trasformata in ricerca .
Ci descriveresti il tuo iter formativo?
Formazione artistica fino al liceo, un paio di anni di IAAD un paio di anni di lavoro tra luna park e attività di famiglia, tre anni di centro America, uno di Olanda e ritorno a Torino con la volontà di concretizzare scelte che permettessero un quotidiano sostenibile e autonomo pur facendo cose che sentivo.
Quali sono gli autori da cui ti senti influenzato?
Tutta l’arte povera degli anni 70, il dada, il cinema nord europeo gli scrittori americani moderni, Marina Abramovic.
In che modo l’arte può migliorare la società secondo te?
Il rispetto di apparenti debolezze e diversità, la paura della morte che dalla nascita è in noi , della fine di tutto, è insostenibile se la visione si limita ad uno sguardo ai propri beni che a quel punto si difenderanno a qualunque costo violandone di altri. L’arte può aprire una visione ‘altra’ generando riflessioni a volte anche dolorose ma necessarie sul proprio compito e destino. Il mio ultimo lavoro intitolato ‘Now’ in cantiere è esattamente questo.