Via Tumblr, Roberto Santoro e la collezione di cartoline d'”epoca”
Roberto Santoro entra nella mia vita sociale più o meno un anno fa, una qualunque sera al bar Rattazzo di chiacchiere e sciami di zanzare al parco delle due Basiliche. Ricordo bene di aver pensato ad un pastoso boccone di ricotta dolce candita dopo aver sentito il suo cognome, mentre mi stringeva la mano presentandosi entusiasta di non so cosa. Roberto viene da Capo d’Orlando, in siciliano Capu d’Orlannu, pizzo di terra nel messinese che guarda alle isole Eolie. Si diletta di fotografia (soavemente), di bicchieri di ogni conformazione vetrosa in cui ama versare Amaro del Capo, di amarene Fabbri, e di serissime session concettuali di pulizie nella sua casa di Porta Venezia.
Se vi capita, una sera di luglio reduci dalla olimpionica fascista piscina Cozzi, di avvertire un’odore di pesto di pistacchio e riconoscete, nel fracasso delle rotaie del 33, la musica di “Io vivrò senza te” di Mina, siete allo snodo esistenziale di viale Tunisia, dal cui profondo fuliginoso, viene fuori la piccola figura creativa Santoriana. Qualche sera fa Roberto mi spiegava il ruolo che il l romanzo “Una morte a Venezia” ha avuto nella sua giovinezza e si discuteva di quella che Milan Kundera definisce proprio l’età lirica. Mi ha spiegato poi il senso dei suoi nuovi blog “Cari Saluti e Milandàntàn” che ha aperto dopo aver capito di possedere un vero tesoro, cioè una splendida collezione di cartoline postali, che ha sapientemente scelto con particolare attenzione poi, a Milano.: “Questa raccolta di cartoline è come la rassegna di una serie di luoghi reali in cui sono già stato o che non ho mai visto, ma che sono mistificati da una fotografia che li rende al contempo iconici e posticci, fasulli. Sono l’immagine e l’icona dei luoghi per come realmente non sono ma per come, però, io sogno di ritrovarli: sono come delle fughe o dei sogni, sono declinazioni della realtà interamente costruite nella fantasia, mantengono in sé non tanto l’immagine della città, ma piuttosto tutto ciò che la città può contenere in fatto di atmosfere o di sensazioni, di sentimenti, di emozioni… la frase di Proust che ho messo in Cari Saluti credo spieghi questo concetto alla perfezione.”
Come potete capire io e il mio amico siculo possiamo diventare veramente pesanti in merito a problematiche esistenziali, motivo per cui molti dei nostri amici trovano scuse impensabili per sottrarsi a a tali immensi voli pindarici. Eppure entrambi in fondo amiamo questa Milano che pur non avendo più la scritta al neon del VOV in piazza Duomo e il cielo non più “ciano” come una volta, non finisce mai di ispirarci e chiamarci ad esperienze sensoriali, come dire . . . liriche.