Roma Parking di Alejandro Cartagena
Per un numero imprecisato di anni ho vissuto in una delle città più incasinate del Mediterraneo, sì avete indovinato, si tratta di Napoli. Provenendo da un piccolo centro urbano della provincia di Avellino ero di conseguenza stupita, amareggiata, impressionata e a volte ammirata di quanta disinvoltura i napoletani usassero nell’atto del parcheggiare.
Sotto il balcone della mia camera poi, uno strettissimo vicolo accoglieva le menti più geniali dell’auto”immobilismo” per eccellenza. Ragazzi, ragazze e gente di ogni genere si affannava (e neanche tanto a dire il vero) a far entrare in ridottissimi spazi auto con cicatrici invidiabili.
Li osservavo dal balcone immaginando continuamente la scena in cui un gigante o una bacchetta magica o che ne so, un enorme carroponte sollevasse le macchine per farle entrare con precisione millimetrica nei piccoli loculi urbani. E invece, loro con poche e studiate manovre e soprattutto con la classica “botta avanti e botta dietro” posizionavano i bolidi in un batter d’occhio.
Opinabili racconti personali a parte, questo stupore che si è con gli anni trasformato in esperienza deve essere stato lo stesso sentimento che ha spinto il fotografo dominicano Alejandro Cartagena a realizzare un progetto fotografico nella città di Roma dal titolo esemplare Roma Parking.
Nelle immagini della serie è facilmente collocabile altrettanto stupore e incredulità, infatti, le fotografie ritraggono parcheggi claustrofobici e al limite della sopravvivenza. Ma nel lavoro di Alejandro lo sguardo si allarga e visita anche alcuni attori di questo mondo, del mondo-strada-traffico, i lavavetri e i parcheggiatori abusivi. Una mano stringe uno straccio sudicio e la classica cassetta della frutta o un più creativo bastone floreale opzionano uno spazio all’interno del succitato “mondo”.
Non so esattamente cosa volesse esprimere lo studente-visitatore autore di Roma Parking ma sono quasi certa che non si tratti di una denuncia, credo invece, che queste immagini siano l’espressione, o meglio un’espressione, dell’integrazione perfetta di uno straniero nella Città Eterna e una piccola dichiarazione d’amore (quella roba da coppiette del tipo: “Ti accetto nonostante i tuoi difetti” o “Ti amo nonostante tu non sia perfetta”).
In ogni caso, Alejandro è autore di altri interessanti lavori a sfondo sociale e urbano come per esempio Car Poolers, in cui ritrae dall’alto autoveicoli che trasportano lavoratori che riposano nel retro di furgoncini insieme agli attrezzi. Oppure, Urban Holes in cui indaga invece spazi degradati e dimenticati della periferia messicana che rappresentano a loro modo la situazione politica ed economica del paese attraverso l’abbandono architettonico e l’incuria urbana.
Alejandro De Cartagena | sito