Ryoji Ikeda in Datamatics 2.0
Audace esploratore dei confini estremi del suono elettronico, Ikeda non crea “musica” convenzionalmente intesa bensì soundscapes d’ambiente spesso associati – ed è questo il caso – a immagini digitali in affascinanti allestimenti audiovisivi. Influenzato in origine, a fine anni Ottanta, dall’ambient music di Brian Eno e dalle cadenze da rave di house e techno, Ryoji Ikeda definisce il proprio profilo espressivo intorno alla metà del decennio seguente, a contatto con il collettivo multidisciplinare di Kyoto Dumb Type. Ed è appunto a quell’esperienza che si deve l’indissolubile intreccio fra suono e immagine che ne contraddistingue l’opera. Egli stesso, d’altra parte, preferisce essere considerato sound artist piuttosto che musicista. Agisce dunque sui suoni primari come uno scultore fa con la materia grezza, modellandoli e ottenendo così – anziché composizioni tradizionali – soundscapes: “ambienti sonori” naturalmente disposti all’associazione simbiotica con altri elementi.