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Sanremo, provincia di Torino

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Devo confessarvelo. A parte qualche palpatina di performance di stranieri al festival, io ero ancora vergine. L’anno scorso ero anche quasi riuscita a non sentire nemmeno una nota di Elio e le storie tese, finché il martedì in ufficio non la passarono per 8 volte. Una all’ora.

Sanremo è social. Fin troppo.

Non sapevo chi fossero Mengoni, Emma Marrone, Chiara e tutti quei nomi femminili che hanno sfilato sul palco manco fossero il grande dizionario vivente dei nomi per la tua futura figlia. Pensatemi come l’eterna Maria, che a differenza di 2000 anni fa non concepisce né partorisce alcun giudizio sul festival della canzone italiana. Le mie risposte alle varie affermazioni sull’evento di solito si limitavano a un grande boh. Come quello di Jovanotti, ma meno socialmente impegnato.

Ruggiero IT

Ed è per questo che le compassionevoli amiche della provincia di Torino un anno fa si sono riunite e  hanno deciso di attirarmi nella più grande trappola del secolo, come si fa con un topo con il formaggio. Il mio formaggio è stata la Sacher vegana. Una maledettissima torta così cicciona e leggera che mi ha fatto alzare il sedere per la finalissima di Sanremo 2014, convinta del fatto che quest’anno “Sanremo è social” e quindi merito anche io la mia prima uscita in società.

Premio della giuria (lanostra). un favoloso cappello a fenicottero

Contando il fatto che abbiamo un intero cesto di commenti in analogico, un premio giuria nostrano, un cappello da fenicottero, da assegnare a chi indovina il podio e una serie di immagini scaricate da postare a casaccio sulle facce degli ospiti direi che più che social siamo sociopatici.

Momento ormone quando arriva PIf

Il ritrovo è nella bucolica Cuorgnè, in piena provincia di Torino. Così in alto che mia madre al telefono mi ha chiesto se c’era la neve, perchè è sicura che oltre gli 800 metri sia direttamente Antartide. Comunque si sa, stare all’aria fresca mette appetito. Quindi il mio pre festival è stato vino e salampatata, una specialità locale che, lo dice il nome, è un salame con le patate in mezzo. Pif ci perdonerà per non averlo considerato. D’altronde sono stata portata qui per mangiare, prima di tutto.

Ligabue e Costantino

La finale comincia con una Littizzetto vestita da sposa che viene maritata a Fazio dal povero Terence Hill, passato dal cowboy dal pugno facile al prete dalla pedalata stanca. Quando si butta una bottiglietta d’acqua in testa noi buttiamo giù uno shottino di caffè. Il livello delle battute è talmente basso che mi consolo con dei favolosi baci di dama casalinghi. La ricetta dice che devi immergere degli amaretti nel caffè e nel liquore e spalmarci in mezzo della Nutella. Voilà. Provatelo l’anno prossimo.

Le nostre reazioni a caldo su Arisa

Non faccio in tempo a ingurgitare il quinto dolcetto che si entra subito nel vivo della gara. Rimasti in 14 -e dì poco-, i partecipanti si esibiscono in qualche a me oscuro ordine. Festeggiamo l’ingresso del primo con una bottiglia di vino. Penso fosse un rauco Giuliano Palma, che senza i Bluebeaters è come i Red Hot Chili Peppers senza John Frusciante. Senza pepe.

la vittoria di Arisa non ci va giù

Quando è il turno di Ron impazzano i cartello “va da la petnoira”, modo di dire tipicamente piemontese per dire “tagliati i capelli”. Non che Giusy Ferreri sia da meno: capisco la moda alla Miley Cyrus, ma l’effetto su di lei è da cassiera di periferia che da sbronza ha deciso di radersi i capelli, poi le è scesa ma il danno ormai era fatto. Emma Marrone è la prova che una volta fatta l’esperienza all’estero è il caso di non tornare più nel bel Paese. Forse non ti abbiamo capita, ma la tua chioma rossa non ci ha distratti dalla tua voce.

la Ferreri non c'è piaciuta

L’unico momento di vero interesse è sui Perturbazione, beniamini nostrani e vincitori del premio sartoria (cappello di Cerasuolo a parte) consegnato dalla nostra opinionista di moda, che d’altra parte non ci pensa due volte a distruggere Arisa. Non c’è niente che vada, dal vestito che non le rende affatto giustizia, alla sua totale incapacità di deambulare sui tacchi. Per una volta che da sfigata diventi figa ti vestono pure male. Non c’è proprio giustizia al mondo.

Vorrei tanto poter dire qualcosa sull’esibizione di Ligabue, una perla rara di droga, abbinamenti sbagliati e bottigliette d’acqua bevute nel mezzo dell’intervista. A Ligà, capisco il rocker che c’è in te, ma ricordati che se fumi troppi ti vengono gli occhi rossi. Però, nonostante tutto, sei uno dei pochi che invecchiando migliora, come il whisky. E Renga. A proposito di Renga. Il povero favorito Renga. Tutti lo danno per vincitore, lui non si da per vinto e lotta fino a… sparire. Che fine ha fatto in questo festival? Era nella copertina di Vanity Fair tra la londinese Emma e Arisa. Probabilmente questa lo ha dato in pasto a criceti assassini pur di uscire vittoriosa dalla rassegna.Povero Renga. Ambra gli aveva chiesto una cosa sola, vincere, e invece torna a casa con le pive nel sacco e una moglie incazzata gli negherà il sesso mensile per almeno un semestre. (Tra l’altro avete notato come Ambra sia diventata gnocca con l’età? C’è speranza per tutte, ragazze! Anche per Arisa, che, essendo mia sosia ufficiale, per la proprietà transitiva ha reso figa pure me).

Giudici imperscrutabili

Sono molti i quesiti irrisolti di questa edizione: per esempio, perché tutte le coriste e la Ruggiero sono travestite da Robert Smith? Perché quando canta Arisa le note del piffero sono visualizzate in super con effetti anni 80 alla Brucaliffo? Perché Rubino simula crisi epilettiche mentre sta seduto a suonare il piano? Vuole imitare Ian Curtis o Stevie Wonder? Boh. Le crisi epilettiche però gli valgono il podio, della serie, a giocare con le disgrazie si arriva sempre al cuore della gente. Perché Veronica de Simone ha un codino posticcio? E perché far sfilare di nuovo tutte le nuove proposte in un medley da 15 secondi di esibizione ciascuno, giusto per far passare il tempo?

Cartelloni piemontesi

A mezzanotte entrano in scena il tiramisù in casa e in tivù la Littizzetto vestita alla Katniss di Hunger Games. Con mezzo metro di gambe in meno e delle incredibili tette che le arrivano al mento. Il tiramisù non ci va giù, la mia amica si sente male e non per l’emozione provocatale dalla canzone di Gualazzi, con il sempre più mainstream Bob Rifo, da domani in tv nella nuova serie di “Heroes”. Anche se lui vorrebbe poter fare un nuovo sequel di Spiderman. Sinceramente con tutto quel falsetto Gualazzi mi ha fatto sanguinare le orecchie.

Cambia cappello cerasuolo

La premiazione più triste della storia è quella di Arisa, che, come ha prontamente annunciato il Corriere mezz’ora prima, già sapeva ella vittoria. E nell’ultima tornata di canzoni lei canta da vincitrice. Forse le hanno dato i tempi sbagliati, o forse lei è una pessima attrice, ma quando le consegnano il premio “sul serio” lei è impegnata a togliersi i rimasugli dei pop corn di quando è andata a vedere Avatar al cinema, più che a esultare. Un finale fiacco come la faccia della Littizzetto. Un ultima inquadratura e tutta la magia della settimana della canzone italiana sparisce. Per non rimanere nei ricordi di nessuno. Tranne che nella vincitrice del nostro premio, che si aggiudica un cappello da fare invidia a Cerasuolo.

Unicorni porta cartelli

Però è buffo. Sanremo ogni anno fa sempre più schifo a detta di tutti, ma tutti continuano a guardarlo e parlarne, e ogni anno le persone più disparate, provenienti da Roma, Beirut, Piacenza e Cuorgnè si trovano in una stanza, con vino e golosità, per passare una serata diversa, all’insegna dello stare bene insieme. Forse è questa, la vera magia di un festival che da 74 anni smuove il critico musicale che è in noi.

 

(E comunque alla fine la Sacher non s’è vista).

 

 

 

 

 

Claudia Losini

scritto da

Questo è il suo articolo n°175

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