Science Bullet Challenge, la rivolta degli RPP
I ricercatori pubblici in Italia sono precari di default, per questo motivo nell’articolo che mi accingo a scrivere userò l’acronimo RPP per comodità. Non che i ricercatori siano gli unici lavoratori precari in Italia ma oggi parliamo di RPP per un motivo ben preciso. Vi ricordate l’Ice Bucket Challenge, l’iniziativa/ossessione di quest’estate che ha portato milioni di persone a gettarsi secchiate di acqua gelata addosso per sostenere la ricerca sulla SLA? Da oggi parte Science Bullet Challange una nuova sfida contro i cattivi, questa volta intrapresa da tre RPP dell’Università La Sapienza di Roma che per difendersi dalle ingiustizie di uno Stato che, non solo non ha capito niente ma che versa in uno stato di loop fatto di zappa suoi piedi.
L’obiettivo di Science Bullet Challenge è di denunciare la situazione dei RPP in Italia e di sensibilizzare sulla tutela di queste persone che lavorano nella ricerca per il benessere di tutta la nazione, in quanto la ricerca è un servizio pubblico, come dichiarano anche nel loro manifesto: “Il futuro che è in gioco non è solo il nostro. La Ricerca Pubblica è un bene da preservare perché è un servizio Pubblico. Significa tecnologia per tutti, cure migliori, costi ospedalieri minori, benessere. E che si sappia: la Ricerca migliora e allunga le vite di tutti.”.
Anche questa è un’iniziativa virale, infatti, i video diffusi con l’immancabile hashtag #ScienceBulletChallenge immortalano RPP che dichiarano la propria precarietà e la propria data di scadenza e lo fanno spesso con gli strumenti che hanno tutti i giorni a disposizione, guanti in lattice, reazioni chimiche o provette.
Tutti i ricercatori sono invitati a partecipare per far sentire la propria voce di RPP e riportare l’attenzione sullo stato della Ricerca Pubblica in Italia colpendosi con un “bullet”, ovvero un proiettile o un colpo come tutti quelli che vengono inferti ogni giorno alla ricerca e ai lavoratori in genere.
Tutta la mia solidarietà va ai RPP e spero che tutte le categorie professionali lancino un’iniziativa del genere, sperando che lo Stato ne abbia le palle piene e, se non per intelligenza, almeno per esasperazione agisca finalmente per il bene comune.
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