Se Cindy Sherman obbedisce a JR
Sicuramente vi starete domandando: cosa accomuna JR e la nota fotografa statunitense Cindy Sherman? Artisti così diversi per età, sesso, nazionalità e pubblico di riferimento, tuttavia, hanno in comune in primo luogo l’intenzione di servirsi dell’arte per effettuare una denuncia sociale. Oltre all’impiego di temi comuni, entrambi si avvalgono delle nuove tecnologie bypassando la semplice Polaroid o la consueta foto incorniciata e appesa al muro come fosse un quadro del quattrocento.
Cindy Sherman è interprete, scenografa, registra oltre che fotografa dei suoi lavori. Per lei la fotografia è un mezzo di auto-espressione: attraverso il travestimento incarna diverse personalità del mondo dell’arte e del cinema per indagare le trasformazioni sociali, lasciando trapelare un sottile rimpianto per un passato irrecuperabile.
Inizia ad operare negli anni Settanta quando in America esplodeva la contestazione femminista. La scelta del mezzo fotografico, infatti, non è casuale poiché tale movimento prendeva le distanze dalla pittura, che per secoli ha reso protagonista solamente l’uomo, cercando di trovare nuovi spazi e nuovi strumenti per esprimersi.
Argomento prediletto è la reinterpretazione ironica dello stereotipo maschilista della donna sensuale, messo in ridicolo al punto da provocare l’effetto opposto. Il corpo, nei suoi lavori, diventa un elemento artificiale con lo scopo di dar vita a un nuovo “Ego”, dove Cindy si trasforma con trucco e parrucche diventando un’attrice, non per interpretare se stessa, bensì per recitare una parte, accostandosi alle pratiche della body art.
Il cambiamento dell’identità è una tradizione inaugurata negli anni ‘20 da Marcel Duchamp, con foto che lo ritraggono in abiti femminili, per poi arrivare al successo negli anni ‘70 con la messa in discussione dei ruoli sessuali.
Alla 54° Biennale di Venezia, la Sherman ha presentato Untitled. Un’insolita opera costituita da cinque murales di grandi dimensioni, dove l’americana veste i panni di personaggi stravaganti: un giocoliere, una spadaccina, una ballerina di tip-tap, un’anziana giardiniera e una donna che indossa un vestito di lustrini rossi. Le cinque figure a colori si stagliano sui quattro muri della sala contrapponendosi al fondale paesaggistico in bianco e nero, dove l’occhio si perde in tunnel prospettici infiniti, facendo tornare alla mente le classiche ambientazioni naturalistiche. Un’opposizione voluta, per segnalare i molteplici ruoli che il gentil sesso attualmente riveste in occidente: madre, casalinga, lavoratrice ma all’occorrenza anche in grado di affrontare compiti non prettamente femminili (come la spadaccina!). Entrando nella stanza ubicata nel Padiglione Centrale lo spettatore resta sconcertato, quasi intimorito dalle ‘donnone’ rappresentate. Il fruitore viene così condotto a meditare sulla graffiante provocazione attuata da Cindy.
Ultimamente, la nostra statunitense ha sentito l’esigenza di attualizzare i suoi scatti attraverso strumenti innovativi usati soprattutto dalle nuove generazioni. Così ha stampato i pigmenti su PhotoTex, ovvero un tessuto adesivo da attaccare direttamente sulle superfici. La vastità del suo lavoro e l’applicazione del supporto fotografico direttamente sulla parete ricorda i giganteschi lavori di JR che invadono, come fossero puri elementi decorativi, ponti, tetti e facciate degli edifici.
JR simboleggia quella schiera di street artist emergenti che da adolescenti hanno iniziato imbrattando i muri delle periferie metropolitane per poi essere annoverati come artisti a tutti gli effetti.
Specializzato nell’utilizzo dello stencil e della fotografia a soli diciassette anni, quasi per gioco, realizza la sua prima “expò de rue” nelle vie parigine. Attraverso queste originali mostre comincia ad esibire i suoi scatti in bianco e nero in tutto il mondo, catturando l’attenzione di un pubblico distante dal circuito delle gallerie. La sua indagine si svolge interamente in strada: egli ritrae i volti di persone qualunque, le stampa su grandi poster e, successivamente, le riporta nel contesto urbano. Nei lavori di JR, come in quelli di Cindy, protagonista indiscussa è la donna. Tuttavia, il francese osserva l’essere femminile in quanto pilastro della comunità del terzo mondo. Esemplare è il suo progetto Women are heroes (2008-2009), nato per porre attenzione sulle violenze subite dalle donne nelle zone calde della Terra, come le favelas di Rio o i villaggi del Kenya. Immagini che raffigurano ragazze e signore che non possono parlare apertamente, se non attraverso i loro grandi occhi che ci guardano comunicando il loro disagio, la loro voglia di riscatto, di libertà e di identità.
Osservando la collina della Favella Morro Da Providencia di Rio de Janeiro, costellata da quell’infinità di sguardi, è possibile percepire l’ingenuità e la semplicità che sopravvive in questi luoghi nonostante la fame e la miseria. Tutto ciò si è perso nel mondo industrializzato, dove regnano, invece, le “super-femmine” della Sherman rappresentate come uniche eroine del quotidiano.
Per saperne di più:
www.labiennale.org
jr-art.net