Siamo andati a Dopo il diluvio di David LaChapelle
È vero, ci ho messo un po’ di tempo per concepire questa recensione sulla mostra del celebre fotografo americano perché, come spesso mi accade anche con i turisti che accompagno ogni giorno a visitare la Cappella Sistina, l’interpretazione dell’opera michelangiolesca è una cosa che mi affascina così tanto da doverci riflettere a lungo.
Ore, talvolta, come in questo caso, giorni. Avere davanti agli occhi il Giudizio Universale realizzato da quel genio di Michelangelo ogni santo giorno è una fortuna da pochi e, nonostante il tentativo furibondo dei custodi di spegnere chiacchiericci e macchine fotografiche pronte ad immortalare tale capolavoro a suon di “silence please” e “no photo”, nonostante alcune volte sembri un mercato coperto, nonostante io sia una pagana in terra santa, ecco nonostante tutto ancora la mia mente e i miei occhi si stupiscono di fronte a tutto quello che vedono in questo luogo.
Ciò che Michelangelo ha composto è frutto del suo studio dei testi sacri, un’interpretazione fantasmagorica delle storie della Bibbia unite a personaggi e situazioni legate al suo tempo che lasciano spazio a tante altre infinite interpretazioni di cui mi piace cibarmi ogni giorno perché ogni visitatore ha un approccio diverso all’opera, figuriamoci avere la possibilità di essere soli con lei.
Proprio come è successo a David LaChapelle che qualche anno fa, precisamente nel 2006, ha avuto l’onore di trovarsi a tu per tu con Michelangelo senza nessuno intorno e pensate che da questo incontro è stata concepita la serie serie intitolata The Deluge che prende spunto proprio dal celebre affresco più volte accennato nelle righe sopra.
Dopo tante fotografie finite sulle riviste di moda o intraviste in campagne pubblicitarie, autore del celebre documentario Rize – Alzati e balla del 2005, David LaChapelle torna a realizzare un lavoro fotografico che parte dalla percezione di un capolavoro dell’arte ben specifico, Il Giudizio Universale, appunto, un’opera che agli occhi del fotografo americano assume connotazioni e valenze molto ben definite. In questa serie esposta nella mostra Dopo il diluvio che sono andata a vedere per voi al Palazzo delle Esposizioni di Roma, ricalcando lo stile surreale di cui ha sempre fatto il suo biglietto da visita nel mondo della fotografia, il fotografo originario del Connecticut sembra abbandonare la sua costante patinata delle serie precedenti per dedicarsi ad un concetto umanistico e filosofico che si spinge al di là dell’apparenza: quel pensiero dell’oltre che induce l’uomo a riflettere dopo un evento straordinario come il diluvio.
In altri termini, quelli più moderni, cosa resta del mondo che ci siamo ostruiti intorno dopo una simile catastrofe. Dove vanno a finire quelle emozioni e attimi di vita raccolti che segnano il percorso della nostra carne. Ecco, è proprio l’assenza della carne, intesa come bellezza, quella che ha sempre caratterizzato le sue precedenti produzioni, a rimarcare la sua nuova apertura verso una forma d’arte più complessa, particolarmente incline a infinite supposizioni e giochi di elementi galleggianti che agli occhi di ogni spettatore appaiono tasselli sparsi di un mosaico di sensazioni collezionate in un’unica superficie.
In questa mostra è facile percepire la nuova tendenza dell’artista americano il quale, mettendo da parte la plasticità corporea tipica delle sue figure femminili e maschili, dona ai suoi nuovi soggetti una certa materialità elastica che li rende più vulnerabili, come accade ai soggetti rappresentati da Michelangelo nel suo celebre affresco sistino, in qualche modo meno protetti dalla nostra idolatria moderna e più vicini alla labilità esistenziale.
Così come nelle precedenti produzioni fotografiche, anche in questa serie lo sguardo dello spettatore si insinua in una visione della situazione rappresentata come a cercare la verità, incantato dal gioco del “tutto è possibile” che rende il suo modo di fare fotografia molto grottesco e particolarmente ludico, proprio perché non siamo mai pienamente consapevoli di ciò che abbiamo capito dalla nostra osservazione. Quindi lo spettatore è indotto a guardare più volte l’opera per carpirne ogni singolo dettaglio proprio come si fa con un’opera di Michelangelo.
La mostra sarà visibile fino al 13 settembre 2015. Sapevatelo!
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