Siamo stati ad Interferenze
E’ sulla quinta e ultima corriera che prendo da Napoli per arrivare a Bisaccia, che incontro Achille, abitante autoctono di questo paesino a confine con il foggiano, in cui Interferenze prende vita quest’anno. Edizione Rurality 2.0 per un festival dedicato alle arti elettroniche e al territorio irpino, unico nel suo genere. Achille lavora da trent’anni alla Fiat, mi mostra un orologio d’oro con un’incisione dietro, è il suo trofeo per una vita passata in catena di montaggio. Dice che suo figlio non aspetta altro che inizi il festival, che è contentissimo che si faccia proprio nel suo paese e che anche se lui studia ingegneria a Messina, non vede l’ora di ascoltare un po’ di musica nuova mentre si annoia in vacanza nella vecchia casa di famiglia. Quest’anno il festival darà la possibilità al figlio di Achille di assistere alle performance di musicisti internazionali come Fennesz, Bytone, e Simon Scott; vedrà eseguire esperimenti sonori ed elaborazioni elettroniche da artisti come Lissom e Yasuhiro Morinaga proprio nei caseifici in cui mangiava da bambino e vedrà diventare lo scenario delle lectures e delle installazioni il magnifico Castello Ducale, attorno al quale, silenzioso e ventoso, si attorciglia il borgo di Bisaccia.
Il festival scorre lento e riservato dentro le mura granitiche, le installazioni si scoprono una dopo l’altra nelle stanze del castello in cui si può interagire direttamente con le opere. Dopo la prima performance mi viene offerto dell’ottimo latte, pare sia latte proveniente da mucche alimentate meglio di me, che pascolano serene in questa distesa immensa di grano che ci circonda. Lo sorseggio mentre mi godo il tramonto. Per raggiungere le performance serali che si svolgeranno sul belvedere del paese, attraverso le stradine contorte e silenziosissime; costeggio il campanile e le case abbandonate, di nobiltà probabilmente ormai estinte. Le serate sono avvolte dal vento, energiche,spezzano la meditazione del giorno, e il suono di Byetone,di Ikonika, e di Sawako si allarga potente sulla valle di grano, contro le case di pietra. Le serate sono anche il luogo di incontro e di discussione per gli artisti, gli spettatori e i bisaccesi curiosi. E’ qui che conosco Leandro, l’organizzatore del festival con il quale tra una conferenza e un workshop scambio qualche parola su Interferenze…
ziguline: Rurality 2.0 si presenta come un’edizione piuttosto “discorsiva” di Interferenze, ci sono molte lectures e approfondimenti…
Leandro P.:L’idea è quella di trasformare gradualmente Interferenze in un vero e proprio meeting sulle arti elettroniche; durante il quale artisti, critici e studiosi possano incontrarsi e discutere dei temi relativi al rapporto tra nuove tecnologie e ambiente. Il cuore del nostro festival è proprio il legame tra impatto tecnologico e territorio locale, la ruralità in questo caso riguarda la relazione tra locale e globale.
Siamo in un microuniverso qui, circondati solo da fieno e pecorelle, eppure tutti gli artisti sembrano muoversi con assoluta sicurezza…
Pensiamo che sia interessante utilizzare il territorio locale come una sorta di laboratorio a cielo aperto, sul quale è possibile sperimentare. Un esempio è il progetto di quest’anno intitolato click’n’food, esperienza legata al cibo, uno degli elementi fondamentali della cultura del nostro territorio, l’idea è quella di legare il cibo all’estetica delle nuove tecnologie attraverso una serie di performance, di progetti e esperienze di residenze rurali. Non è altro che una reinterpretazione in chiave tecnologica di alcuni elementi tradizionali, un esempio è il lavoro di Yasuhiro Morinaga, sulla transumanza delle vacche podoliche, ma pure l’osservazione della produzione dei formaggi e dei vini locali.
L’ultima volta che sono stata a questo festival eravamo in un bosco in montagna e adesso in un borgo rurale, come si è evoluta nel tempo questa manifestazione?
Interferenze è nato nel 2003, come un festival di musiche elettroniche e via via si è “trasformato” sempre seguendo focus teorici differenti.
Prima era in generale dedicato soltanto alle new media art, ma poi abbiamo capito che si poteva lavorare in maniera più profonda sul territorio, utilizzandolo come una sorta di osservatorio. Abbiamo anche fatto tesoro delle interpretazioni che si sono succedute e delle altre culture, e visioni che sono passate dal festival. A volte anche molto diverse e lontane da noi, ma volevamo che il festival non fosse solo una vetrina per le performance ma che lasciasse anche un segno forte su questa terra, nei luoghi dove si svolge e che permettesse l’attivazione di una sorta di circolo virtuoso, tra abitanti,visitatori, artisti e critici per creare una discussione ampia e interessante.
Per chi volesse saperne di più: interferenze.org