Siamo stati ad una svendita di Magazzini allo Statuto
Sono una persona molto pigra, e questa mia pigrizia si è sempre espressa felicemente nello starmene ore davanti ad un televisore che vomitava parole e immagini del tutto insignificanti ad un qualsiasi apparato cranico di una qualsiasi variante di Homo Sapiens Sapiens. Ad esempio mi sono sempre piaciute un sacco le televendite. Quelle degli chef che tagliano i pomodori e poi li buttano, o quelle dei tappeti orientali. Quelle dei prodotti dimagranti con le foto del prima e le interviste del poi, gente ancora grassa che davanti alla telecamera distende un paio di pantaloncini giganti e ricorda con rinnovata tristezza come fosse dura la vita nell’obesità. Una delle televendite che ricordo con più affetto è quella di Mas, che in pratica è una specie di grande magazzino pieno di robaccia a P.zza Vittorio, in Roma.
Che fosse pieno di robaccia io l’avevo capito subito perché nella televendita c’erano Alvaro Vitali e una signora con le evidente fattezze di una grossa Milfona pronta a tornare a casa e piangere davanti all’ennesimo mandato di comparizione spedito al convivente alcolista. I due impersonavano una coppia felice che andava da Mas e si stupiva ripetutamente di quanto fosse facile vestire bene e spendere così poco. Ricordo solo che quel “vestire bene” sarebbe stato definibile in tal senso solo da una coppia composta da Alvaro Vitali e una Milfona, e quindi in un certo senso la televendita era fatta molto bene.
Tutto questo per dire che qualche giorno fa ho saputo di una grossa offerta da Mas, ed ho deciso di andarci. L’offerta prevedeva 1000 mq di cose a solo 1 euro, e quella che segue ne è la narrazione.
Mas, l’ho detto, si trova a Piazza Vittorio, centro multiculturale della metropoli romana. Questo significa due cose: un sacco di povertà (dunque un sacco di criminalità) e un sacco di promiscuità linguistica (un sacco di necessità di economizzare sul linguaggio, eliminarne i fronzoli per arrivare ad un corretto equilibrio di efficacia/semplicità). Mas si scopre subito un campione di sintesi.
Per arrivare al reparto ‘solo1euro’ occorre passare nel reparto casa. Qui scopro che le coppie formate da Alvaro Vitali e una Milfona adorano adornare le loro mensole con dei cani di plastica. E’ un trend che sfugge alle logiche commerciali dell’Ikea e di Mondo Convenienza, troppo impegnati ad accontentare giovani 30enni designers disoccupati o squallide tettone imprenditrici single per preoccuparsi della vita prima della Fininvest. Mas ci ricorda che stiamo correndo un po’ troppo, che il muro di Berlino è caduto da soli ventidue anni e che noi non abbiamo mai dato all’estetica post-sovietica la possibilità di convincerci davvero. Da notare gli allestimenti in Eternit, doppia citazione alla sentenza degli ultimi giorni e al nuovo disco dei Daft Punk.
Entro nel vivo. Si comincia con le camicette floreali. Di solito le aziende che fanno grosse svendite mettono all’inizio la merce migliore, quella più d’effetto. Queste camicette vanno bene per due tipi di persone: i magnaccia in vacanza nei villaggi turistici calabresi o i venditori di rane di legno musicali delle nottate romane. Capisco di dover entrare nel mood, di dover pensare come loro.
In periodo di recessione le grandi teste del marketing dovrebbero venire qua a fare una bella ripassata di comunicazione. Il principio è semplice: è quasi estate, dunque basta esporre una camionata di sandali cinesi di plastica riciclata e definirli ‘scarpette estive’. Non resta che convincere che la moda oramai la facciano i locali del Mar Caspio ed il gioco è fatto.
Estate: camicie hawaiane, sandali e cappelli dei mondiali di Mosca ’80 o con la dicitura ‘Lover’. Poi provate a dirmi che non siete diventati i più Calipponi di Ostia Beach.
Stop all’alienazione. Il commercio moderno è una continua reificazione della vita, un continuo congelamento dei rapporti. Non si può certo tornare a prendersi scatarrate in mezzo al puzzo di piscio e sudore dei mercati del pesce del ‘700, è vero, ma questo non significa che non si possa ritrovare il piacere di vestirsi in compagnia scavando dentro grosse ceste piene di ogni genere di fibra sintetica, tutti insieme dentro una serie di tunnel coi soffitti bassi e le pareti di moquette. Fanculo il minimalismo e il parquet, noi siamo gente vera.
Cazzo, se solo non fossero così piccoli e non si dovessero abbottonare col filo di ferro.
La cognizione dell’arte della disposizione della merce sugli scaffali è una vera e propria competenza al giorno d’oggi. I creativi di Mas scelgono una sorta di post-modernismo, un finto casual che tanto piace a noi reduci della Primavera Araba. La signora ha finalmente fatto la sua scelta: uno straordinario paio di pantaloni di cartapesta con una simpatica texture puzzle multicolor.
Da che mondo è mondo l’Alta Moda è solo l’adattamento commerciali di quello che è per anni appartenuto ad una piccola nicchia. L’Alta Moda viene dopo. Mas tutto questo lo sa, e punta sul potenziale post-gabber in modo sfrontato. Ma Mas ha anche solidi valori legalitari, e la sua accondiscendenza verso l’illegalità è solo apparente: quei giubbotti sono di una fibra così sintetica da poter evidentemente prendere fuoco al primo accenno di scintilla da canna.
“Voglio proprio vedere la faccia di quel gran stronzo di Tommaso quando il CEO quest’anno mi vedrà dal suo 30 metri passeggiare per la piazzetta di Porto Cervo col mio nuovo costume di finto acrilico con texture mattoni colorati che sorridono”.
Piccolo sipario sull’estetica: Accappatoio rosa, fiori finti giallo candido in vaso cimiteriale, poster di Francesco Totti, portaombrellone in plastica bianca da rustico di campagna, shoppings di carta gialle e in design natalizio. Ora venitemi a dire quant’è figo il vostro stile di vita finto kitch anni 80.
Tra un corridoio e l’altro ci sono addobbi natalizi. A questo punto è davvero tutto troppo brutto per essere casuale. Sembra una canzone di Gigione fatta architettura.
Scorgo alcune sorelle avvicinarsi verso il reparto tessuti per la casa. A questo punto mi immagino Sorrentino prendere tutte le copie de La Grande Bellezza e dargli fuoco in un deposito di copertoni in provincia di Avellino. You’ve done it wrong, baby.
Quasi alla fine. Oramai sono davvero stanco di sentire puzza di scarti di lavorazione dei grossi marchi di abbigliamento riadattati di qualche fabbrica del Bangladesh in magliette dai disegni improbabili. Il tutto, poi, sta prendendo una strana piega nostalgico-cattolico-oltranzista.
Uscita di Mas. Il proprietario del grosso magazzino mi dice chiaro e tondo ciò che ho iniziato a presumere durante i vari gironi della mia discesa all’inferno del made in italy: il vero Rambo è lui. Ho anche presunto un’altra cosa durante il mio viaggio, e cioè che tutto il mio pomeriggio fosse stato parte di un film di Fellini. Non è stato così, ma non credo sia una semplice coincidenza il trovarmi di fronte, appena uscito dal negozio, a questo.
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