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Siamo stati al Alig’Art festival

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Fra le parole più cercate su Google fa finalmente capolino il concetto di sostenibilità. Tutti ne parlano e tutti hanno qualcosa da dire, a diritto o a torto, sul cosiddetto problema ecologico. Allo stesso tempo sono sempre di più gli appuntamenti che indagano le potenzialità del rapporto fra sostenibilità e arte come strumento di conoscenza e riscrittura del mondo in luogo di ricerca e riconoscimento di pratiche virtuose. Per meglio orientarci siamo volati a Cagliari, dove si è da poco conclusa la seconda edizione del Festival Alig’Art, promosso ed organizzato dall’Associazione Culturale Sustainable Happiness e dedicato all’abitare sostenibile inteso nella duplice dimensione privata e collettiva di dibattito e creatività sociale.

La manifestazione si è svolta in un calendario fitto di appuntamenti, mostre, laboratori e seminari fra gli spazi del Ghetto, del Liceo Artistico, della Facoltà di Architettura e del club Muzak. Alig’Art (in sardo aliga vuole dire mondezza) è stato pensato dalle organizzatrici del Festival come una piattaforma, fortemente legata al territorio ma aperta al contributo di artisti e studiosi provenienti da tutta Italia. Nella splendida cornice del Ghetto vi erano infatti non solo le creazioni nate dagli scarti domestici e urbani ad opera di designer, fotografi e artigiani ma anche le riflessioni di artisti come Federico Carta, in arte Crisa, Raffaele De Martino, Elvezia Allari, Ico Gasparri e l’installazione dell’artista e coreografo Alessandro Carboni.

 

Dalla collaborazione con l’Associazione Culturale AMANDA è invece nata la mostra nella mostra “Manifesto, quindi abito”, che ha visto la partecipazione di Cecilia Viganò e Giorgia Atzeni, le quali hanno “innestato” curiosità ed immaginazione sostenibile negli spazi interni ed esterni del Ghetto e di Serena Piccinini la cui grande installazione monocromatica ha riempito la visione dei visitatori, macchiando i confini tra lo spazio e la forma, tra quello che si crede di sapere e quello che invece è soltanto percepibile della relazione dell’uomo con il suo ambiente di riferimento.

A completare l’operazione una picciola mostra fotografica che ha raccontato la diffusione degli orti urbani, dei giardini condivisi e della guerrilla gardening, di cui il prossimo quattro novembre si celabra il primo attacco nazionale sincronizzato. Alig’Art è stata l’occasione per mettere in discussione il luogo comune secondo cui sostenibile è anche noioso, interrogandosi con leggerezza e con felicità contagiosa sulle finalità, gli esiti e i propositi stessi del nostro agire.

 

Foto di Anna Fusacchia, Cecilia Viganò e Maria Zanardi

 

Marianna Fazzi

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Questo è il suo articolo n°13

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