Siamo stati al Gravity Festival, ecco la pagella.
Il 20 settembre Parco Rosati si è trasformato nel centro di gravità della musica indie. Vero e proprio polo di attrazione non solo musicale ma artistico a trecentosessanta gradi, il parco romano ha ospitato la seconda edizione del Gravity Festival, organizzato da Popcorn chic e Qoob tv. Tempo di scuola, tempo di voti.
Iniziamo dalla location: 8 e mezzo. Il parco capitolino è bello e ben organizzato, a tratti sembra di essere in un villaggio turistico con tanto di tavolini, palme e stand vari, ma la molteplicità di situazioni ben si adatta ad un genere che attira e coinvolge un pubblico assolutamente eterogeneo, tanto che oltre ai cento piccoli cloni di Pete Doherty e ragazzine che ricordano modelle bionde, magrissime ed inglesissime, vi sono ragazzi stravaganti dal look ricercato, finti trasandati e appassionati di musica di tutte le età.
Oltre allo stage destinato alle esibizioni dei gruppi, vi è un’area dedicata all’esposizione di opere scultoree, pittoriche e fotografiche di giovani artisti e un palco interno riservato alla musica elettronica che intervalla ogni cambio palco. Non manca un market place per la vendita di oggetti e abbigliamento vintage e street style. L’allestimento di più aree ha il pregio di offrire varie possibilità di intrattenimento, di accontentare un po’ tutti, ma il main stage risente un po’ di questa dispersione di pubblico. Pubblico: 8. Come accennato la fascia media d’età si mantiene bassa, ma è bello vedere insieme tante persone diverse, alla faccia di chi etichetta e mette limiti di ogni tipo! Per quanto riguarda la musica il discorso non può ridursi ad un unico simbolico voto in quanto il cast è davvero nutrito. Migliori in campo: the Holloways, divertenti, allegri, dal sound pulito, essenziale, poco scontato, i giovanissimi londinesi dal look impeccabilmente british conquistano tutti. 8 1/2
I Paddingtons deludono un po’ le aspettative, sia musicalmente che per quanto riguarda la presenza scenica, i cinque ragazzi sembrano essere alle prime armi tanto da far sorgere spontaneo il dubbio che l’amicizia con i Babyshambles sia stata di notevole aiuto al successo della band. 6
Poco da criticare ai The Courteeners che si presentano per la prima volta al pubblico italiano con un concerto palesemente più maturo rispetto agli altri. Puntando molto su atmosfere malinconiche e poco graffianti, riducendo a minimo le distorsioni delle chitarre, regalano veri momenti strappalacrime. 8
Un bel 7 alla sezione elettronica notturna che offre un panorama variegato e multicolore di quello che è l’universo ad elevati bpm.
La versatilità di Psycho Fag che spazia dal rap a suoni che ricordano i videogiochi della Nintendo, l’esperienza di Andy Ferretti e le performance dei torinesi Future Social Junk costringono gli scettici nei confronti della musica elettronica a rivedere le proprie posizioni.
Concludo con un bel 10 all’organizzazione, Popcorn chic e Qoob tv, capace di curare il tutto nei minimi dettagli, di scegliere un cast poco commerciale e diversificato e di assicurare una serata impeccabile sotto ogni punto di vista.
– Giuditta Albanese –