Siamo stati al Mira Festival di Barcellona
Diciamolo, il MIRA non è un festival facile. Non è uno di quei festival che puoi goderti comodamente seduto o semmai saltellante con il cocktail in mano. Il MIRA è un festival da studiare, scoprire e navigare come un eternauta. Il centro di arte contemporanea Fabra i Coats che lo ospita è una madre generosa: il vecchio e il nuovo che fanno da scenario ad uno dei festival più avanguardisti che la Spagna fino ad adesso abbia partorito.
Luce diffuse e scenografie da Blade Runner. Certamente mi ci è voluto un po’ di tempo per ambientarmi e capire realmente cosa stessi vedendo. Audace il MIRA, è riuscito ad unire il meglio della scena musicale elettronica contemporanea a il meglio dell’arte visual europea, chissà ancora poco conosciuta. L’utile al dilettevole, divertimento con pura creatività. Certo è che non tutti gli artisti sono stati remarcable ma devo assolutamente ricordarne alcuni per cominciare: Oliver Jennings + Ochre e Max Copper.
Sottili, velenosi, oscuri, vertiginosi quasi geniali. La musica accompagna splendidamente le incredibili creazioni visual: natura, mondi sconosciuti, fiori elettrici, labirinti senza uscita, città immaginarie. Beat frenetici quasi da nausea, accostati a meravigliose bollicine mutanti e galassie nettuniane. Quasi a ricordare la genesi. Quasi a ricordare che l’era del progresso elettronico e capace di creare tutto ciò che non ancora abbiamo presenziato.
Ma c’è da dirlo, il resto era laser, il resto, con qualche accenno musicale interessante (vedi Clarks) era un po’ quello che noi comuni mortali ci possiamo aspettare da un festival audiovisual. Luci e disegni più o meno già visti e rivisti.
Poi finalmente è arrivato lui: Gold Panda, il must della notte. Allegro, metodico, originale, elegante. È stato il momento più saltellante del Mira nella location di Frabra i Coats. Esplosione generale con i suoi celeberrimi Vanilla Minus e Snow and Taxis quasi irriconoscibili su uno sfondo blu, arancione e luccicante. Chiusura esaltante e per quanto mi riguarda emozionante, con You, che a detta dello stesso Derwin Schlecker, non é il suo brano preferito anche se gli ha consacrato il successo. È stato un piacere vederlo suonare: si muove come se fosse davvero un animale in presa a scosse elettriche, le sue mani sui sintetizzatori erano il portale tra i suoi spasmi musicali e i bassi incalzanti. Davvero intenso.
Poi si passa al Razzmatazz, dove il Mira insonne continua. Troviamo Undo, che rilassatissimo in casa, (Gabriel Berlanga è catalano nonché direttore artistico della sala Lolita e The loft nello stesso Razzmatazz) ci racconta una notte sfumata di techno e chitarre distorte, quasi a voler rimarcare il suo passato rock. Discreto, senza errore, ci apre le porte per la vera rivelazione personale del MIRA festival: Factory Floor. Era da molto tempo che non sentivo e non ballavo una techno così minimalista, così perfetta, così incalzante, così…
É che bisogna andare a sentirli. Quasi chirurgici mi hanno tenuto senza fiato durante tutto il dj-set, senza mai sbagliare, senza mai alzare lo sguardo, immersi in sound da techno remota, cassa dritta come stile della notte, sintetizzatori mai acidi, contundenti, sempre pronti a farti sudare quel sudore musicale che ti stampa il sorriso in faccia tutta la notte. Imperdibili, impeccabili. Torno a casa pensando che Amon Tobin è il papà di tutto lo show.
Ridiciamolo il MIRA non è un festival facile, ma ne è valsa assolutamente la pena.
Foto di Romina Ficca.