Siamo stati alla mostra O’ Vero! Napoli nel mirino
In occasione della tormentata emergenza rifiuti i napoletani hanno pensato bene di sfoderare le macchine fotografiche e organizzare la più grande, credo, collettiva di artisti napoletani e napoletani acquisiti da molti anni a questa parte. Si tratta di O’ Vero! Napoli nel mirino ed è stata inaugurata venerdì 3 dicembre nella tanto amata e altrettanto disgraziata struttura del Madre.
Tutto il terzo piano e parte del secondo sono dedicati agli scatti dei più talentuosi napoletani, e qualche ospite esterno, che si sono dilettati a immortalare la loro beneamata città, ognuno secondo la propria personalissima interpretazione. Di materiale Napoli, sicuramente, ne offre a sufficienza e devo dire che nel collage i punti di vista hanno spaziato molto, tanto da riuscire a rendere un po’ tutti gli aspetti che caratterizzano questo “paradiso abitato da diavoli”, come diceva il vecchio Benedetto Croce.
All’inaugurazione c’era una bolgia di persone che un po’ per gusto e un po’ per mondanità si era riversata al vernissage/cena/dj set e che gironzolava tra opere d’arte e manifestanti che pacificamente offrivano la loro presenza.
Al secondo piano, un’area dedicata a tre fotografi che hanno documentato un momento molto importante per l’arte a Napoli e che ahimè, se la situazione non cambia, difficilmente vivremo di nuovo. Fabio Donato, Peppe Avallone e Bruno Del Monaco immortalano alcuni degli artisti che hanno cambiato la storia dell’arte a Napoli negli anni ’70. Andy Warhol, Robert Rauschenberg e Joseph Beuys, tra gli altri, ripresi nei momenti di lavoro e di svago nella brillante Napoli di Lucio Amelio.
Al terzo piano la situazione è meno mondana e Napoli viene dipinta in tutte le sue sfaccettature. All’ingresso, le rappresentazioni di Raffaella Mariniello spiazzano con i colori forti che offrono il camioncino del paninaro e i palloncini del venditore ambulante, i quali replicano perfettamente alla pietra grezza del Maschio Angioino e della Chiesa di San Francesco di Paola.
Ho amato i lavori di Luciano Ferrara, uno dei reporter che si può ascrivere tra i più eleganti del panorama artistico napoletano. Le sue immagini ritraggono i “femminielli”, un fenomeno che conferma il paradosso di questa città dove la tolleranza fa convivere in un’unica dimensione modernità e tradizione. Le immagini in questione si trovano dopo quelle di Luigi Spina, che ci mostra il patrimonio artistico archeologico di Napoli. Passando dai corpi sinuosi di alabastro a quelli trasgressivi di Ferrara nell’altra sala l’impatto visivo è decisamente molto forte. Bellissime anche le immagini di Mario Spada che immortala i napoletani allo stadio – non tifosi qualunque ma i Mastiffs, in assoluto gli ultras più agguerriti.
Interessanti anche le fotografie dell’agenzia Controluce che contrastano con le fotografie “classiche” del maestro Luciano D’Alessandro e del fotografo di matrimoni per eccellenza Oreste Pipolo che campeggiano nelle sale adiacenti e che mostrano la Napoli un po’ romantica e un po’ incoerente degli anni passati. Un’intera enorme parete ricoperta di immagini delle vittime della camorra che sbalordiscono per la loro violenza e non si discostano poi molto dalla fine art.
Gianni Fiorito invece ci mostra il cinema, attraverso colori saturi e brillanti, fotografando i set di Sorrentino e di Corsicato e rompendo la monotonia del bianco e nero che riguarda quasi tutte le altre immagini esposte. Più avanti, l’istallazione di Monica Biancardi ci mostra i volti di comunissimi lavoratori, incorniciati da neon blu che ricordano le cappelle votive tanto tipiche degli stretti vicoli della città.
C’era davvero tanta gente l’altra sera all’inaugurazione ed erano presenti anche molti degli artisti che, perfettamente a loro agio, discutevano delle loro opere con amici e giornalisti. L’iniziativa della mostra nasce probabilmente dalla necessità del Madre di riscattarsi dal periodo buio che sta attraversando con i famosi tagli e dalla necessità di riscattare Napoli dai tanti problemi che lo assillano, soprattutto negli ultimi tempi.
Nel complesso devo dire che i curatori sono riusciti nel loro intento e che gli artisti hanno mostrato le diverse sfaccettature di un luogo che rimane misterioso ma assolutamente fruibile da chiunque. I temi, infatti, si sono mescolati bene mostrandoci la tradizione, la storia, il carattere popolare e insieme attuale della città, l’arte e la natura senza tralasciare in modo ipocrita l’emergenza rifiuti, che, nonostante gli sforzi di tutti, è ormai una realtà.
All’inaugurazione è seguita una cena a cura dello chef Andrea Barbato e una serata con dj set a cura di Ciro Cacciola e Marika Crescenzi.
Tra gli altri artisti c’erano Aniello Barone, Antonio Biasiucci, Stefano Cerio, Paul Thorel, Michele Gandin, Martin Devrient, Luciano Romano e Cecilia Battimelli. La mostra è curata dal direttore Eduardo Cicelyn, Mario Codognato e Giovanni Fiorentino e sarà visibile fino al 10 gennaio 2011.
Vi lascio con le parole dei curatori: “ La verità di Napoli è destinata per ragioni addirittura antropologiche ad apparire come qualcosa di straordinario, nel bene e nel male. E la fotografia sembra in grado di registrare meglio e più di altri linguaggi creativi ciò che tutti i visitatori sanno per esperienza, e cioè che in questa città accade molto spesso il miracolo di incontrare una realtà che, se arriva alla verità, è sempre per eccesso”.
Per chi volesse saperne di più: museomadre.it