Siamo stati alla prima tappa del Festival Retina al Macro Testaccio
“Lo schermo televisivo prende il posto della tradizionale superficie pittorica e si dilata fino all’installazione divenendo architettura abitabile e labirintica scultura. Un blob telematico di immagini e suoni avvolge ormai lo spettatore.” Giulio Carlo Argan
Con le parole del grande critico d’arte, che molti di noi hanno studiato e altri odiato a causa della sua, a volte, complessità espressiva con la quale ha riempito i suoi manuali di storia dell’arte, vorrei aprire questa mia recensione sul festival Retina giunta forse un po’ in ritardo ma non troppo magari per coloro che non hanno partecipato alla prima tappa e che si stanno preparando alla seconda, la quale si terrà giovedì 12 e venerdì 13 Marzo 2015 al Brancaleone, un evento che rientra nell’ambito dell’iniziativa Extra in Roma del Comune di Roma Capitale con l’obiettivo di valorizzare le periferie.
La prima edizione di Retina, un festival di videoarte e live performing video, realizzata con il patrocinio di Roma Capitale – Assessorato Scuola, Sport, Politiche Giovanili e Partecipazione e in collaborazione con Macro Testaccio – La Factory Spazio Giovani Roma Capitale e Zétema Progetto Cultura, è stata inaugurata al Macro Testaccio sabato 21 e domenica 22 febbraio e io sono andata a vedere cosa c’era di bello ed interessante per potervelo raccontare. C’era molta gente all’apertura del festival, ho visto molte facce note degli happening romani, tanti Jep Gambardella che si sorridono, illuminati come madonne in ascensione dalle immagini dei video che scorrevano sugli schermi, mentre io vagavo un po’ persa a cercare qualcosa che mi stuzzicasse davvero il cervello, che mi facesse vivere un’emozione da descrivere. Mi piace assaporare la tensione che quasi si riesce a toccare tra gli organizzatori nella fase di pre-apertura di una mostra, mentre le persone iniziano a mettersi in coda sulla porta, come fanatici davanti ai negozi di roba elettronica quando viene lanciato il nuovo modello dell’iPhone. La scocciatura della registrazione, i moduli da compilare e tutte le firme sulle autorizzazioni poi a cosa non si capisce proprio bene. Ma anche questo ci sta, alla fine sono le incombenze del mestiere, quello di andare in giro a vedere mostre e festival. Davvero una faticaccia, credetemi.
Dopo la fase di registrazione, sono entrata negli spazi della Factory del Macro dove sono stati proiettati ben 22 progetti selezionati da tutto il mondo e divisi in quattro aree tematiche: Percezione, Corpo, Memoria, Astrazione. Albert Alcoz, Alessandro Amaducci, Amir Khanpoor, Seyyed Mohammad Jeddi, Annetta Kapon, Arthur Tuoto, Dvein, Teo Guillem, Carlos Pardo, Guglielmo Emmolo, Hernán Apablaza, Ivan Svoboda, Jake Fried, Juan Aizpitarte, Mimmo Rubino, Min Kim Park , Pooja Iranna, Recep Akar, Sebastián Murra, Silvia Iorio, Studio Aira, Tell No One, Thomas Fleisch e Walter Paradiso sono i nomi degli artisti che hanno partecipato con le loro opere a questa prima edizione di Retina. Infilandomi nelle sale adibite alla proiezione dei lavori ho avuto modo di vederne alcuni molto belli e interessanti, altri un pochino meno, forse perché di video sul movimento del corpo e sul rapporto con lo spazio circostante ne ho visti tanti in questi anni di festival in giro per l’Europa.
Però di uno vale davvero la pena parlare, una chicca che mi sono soffermata a guardare diverse volte e che continuo a fare ora mentre scrivo questa recensione: Year Zero. Non a caso è una creatura del grande Mischa Rozema, il pluripremiato videomaker olandese e co-fondatore e direttore creativo di PostPanic, un marchio creativo con sede ad Amsterdam con il quale ha realizzato questo fantastico video dove movimento, violenza e arte si incastrano in modo perfetto. La serie Year Zero è stata presentata all’OFFF Festival 2011 di Barcellona e racconta attraverso le immagini uno scenario post apocalittico, ma nemmeno troppo, nel quale i suoi abitanti appaiono tutti essere intrappolati in una spirale di paure e insicurezze, le quali conducono inevitabilmente ad un estremismo di violente ribellioni e sanguinose repressioni, avvolte dal chiaroscuro delle riprese e dalla musica del sottofondo accuratamente adeguata. Che dire, un capolavoro di sicuro. E poi non potevo non menzionare il simpaticissimo progetto dei ragazzi dello Studio Aira, Toonite, ovvero una serie di creature simpatiche legate all’interattività di Kinect Interactive Installation che si muovono in sincronia con il nostro corpo appena entriamo in contatto visivo. Forti davvero. Aspetto di vedere la seconda tappa di questo festival.
Foto di Martina Campoli
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