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Simone Pallotta a ritmo di SANBA

Vivere in una città grande, bella e complicata come Roma significa soprattutto fare degli incontri ogni giorno con tante persone diverse, ognuna di esse con un proprio mondo in testa e una diversa attitudine a raccontare le proprie esperienze. Da quando faccio parte della grande e bella e complicata famiglia di ziguline ho avuto il piacere di incontrare tante persone, artisti e addetti ai lavori, alcuni dei quali mi hanno trasmesso la loro passione e dedizione all’arte.

 

SANBA Roma

 

Proprio per questo credo che ciò che state per leggere sia una delle interviste più belle e interessanti che io abbia mai fatto. Non solo perché lui è un caro amico di ziguline ma perché mi sono trovata di fronte ad un grande trasmettitore di idee e amore per l’arte. Seduti su un prato d’erba, mentre in lontananza Agostino Iacurci dipingeva il suo bel muro, Simone Pallotta mi ha raccontato del progetto SANBA e di tutte le sue belle iniziative che ormai da tempo porta avanti con Walls. Mettetevi comodi e buona lettura!

 

SANBA

 

Come è nato il progetto SANBA?

 

Questo progetto nasce perché era da un po’ di tempo nella mia testa e nella volontà di Walls. È una concretizzazione più che una nascita in realtà, andando avanti, cercando di lavorare tra graffiti e street art, se credi in te stesso e nelle tue capacità sai che quelle cose le puoi fare.
Questa è Roma, la città dove viviamo e lavoriamo tutti i giorni e San Basilio è una parte di essa. Abbiamo scelto proprio San Basilio perché sono venuto un giorno a fare un laboratorio di avviamento ai graffiti con bambini dai 4 agli 8 anni, i quali non riuscivano neanche a spingere gli spray, e facendo due passi qua intorno mi sono accorto di quanto questo territorio fosse così bello, pieno di verde, poi ha un’architettura popolare molto interessante e infatti camminando mi sono reso conto della quantità di pareti su cui poter lavorare. A casa ho pensato che fosse il posto migliore dove poter sviluppare questo progetto, un posto abbandonato dalle istituzioni, un posto con un centro culturale che sta cercando di fare qualcosa sul territorio. Allora abbiamo scritto il progetto, abbiamo parlato con le associazioni locali e infine è entrata Kinesis e con loro abbiamo concretizzato l’idea. Tutto è nato così, da un’idea di arte che vuole svilupparsi, come siamo riusciti a realizzare qualche anno fa a Civitavecchia, quando semplicemente con un bando e con pochi soldi abbiamo coinvolto il liceo artistico a cui abbiamo fatto fare un muro e poi abbiamo portato gli artisti con cui gli studenti si sono confrontati.

 

Liquen at SANBA, Roma

 

Che rapporto c’è stato con le persone che vivono nel quartiere?

 

In questi tre mesi di lavoro con le scuole, quello fatto con il circolo bocciofilo, le riunioni con i condomini, le persone che hanno ospitato Liqen, è stata tutta un’emozione, ho sentito le persone, le opere sono arrivate, si è sviluppato un dialogo, ho parlato con tutti, dalla signora che passava a guardare gli artisti lavorare al bambino della scuola con cui abbiamo fatto i corsi.
Una delle cose più belle di questo tempo trascorso qua è stato l’avvicendarsi delle signore dei palazzi dove abbiamo dipinto, il loro modo di darci sostegno soprattutto attraverso il cibo, perché il cibo resta la base dei rapporti con cui abbiamo fondato la nostra cultura, quella italiana. Queste persone hanno dato quello che erano in grado di dare come la signora che è venuta a portarci il caffè con la panna spray. È stato un modo di ricevere delle attenzioni, vederle anche negli occhi delle persone sentendo di aver dato qualcosa. Quando l’arte ricomincia a dare qualcosa alle persone mi sento un po’ come se fossimo tornati al passato quando l’arte dava sostanza, informazioni, dialogo. Questa è la cosa più affascinante.

 

Agostino Iacurci at SANBA, Roma

 

Da quando tu hai iniziato ad occuparti di arte urbana come è cambiato il concetto a Roma?

 

Per quanto mi riguarda personalmente credo che sia rimasto lo stesso perché per me creare un processo culturale e artistico che abbia come punto centrale l’arte è rimasto uguale: riportare l’arte a una disponibilità pubblica, allargata, l’arte è un veicolo di discussioni, di aperture e SANBA ne è un esempio. Per noi di Walls è stata un’occasione per venire in un quartiere in cui le persone non hanno il modo di parlare di arte quotidianamente e quindi il basso e l’alto dell’arte si sviluppano in tante cose.

 

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A Roma nello specifico credo ci sia il giusto e normale ingresso delle gallerie, alcune si comportano da gallerie sane, le quali danno la possibilità all’artista di sviluppare i propri progetti sia per quanto concerne la parte urbana, quella sui muri, sia dandogli la possibilità di vivere con quello che fa. A Roma vedo una galleria in particolare che si muove in modo coerente, ponendosi nel giusto modo a confronto con gli artisti, quindi in modo propositivo, infatti gli artisti si stanno pian piano affiliandosi a lei e ciò significa che se l’artista riesce a tenere il suo livello di libertà e allo stesso tempo ha qualcuno di cui fidarsi per il mercato vuol dire che la galleria sta lavorando bene. Poi si possono muovere giudizi e critiche sul livello curatoriale, quello c’è sempre e sempre dovrebbe esserci. Poi invece vedo un’altra realtà, quindi un’altra situazione in cui mi è capitato di trovarmi anche in prima persona che sfrutta il momento attraverso la parola riqualificazione mentre in realtà stanno cannibalizzando il lavoro di altre persone che per anni hanno lavorato e creduto in qualcosa. Il lavoro di Nufactory è stato un lavoro di 4 anni su un territorio che l’ha cambiato facendo capire alla gente e alle istituzioni le potenzialità del territorio quando ad un certo punto è stata messa da parte proprio dalle istituzioni. Ora su quel territorio c’è la 999 Gallery che sta organizzando e parlando di una street art da superstar, irreale e tronfia.

 

Lquen at SANBA, Roma

 

Oltre al lavoro di Outdoor stanno cercando, con un atteggiamento che non reputo corretto, di andare a sovrapporsi alle altre cose che stanno accadendo: guarda la sovrapposizione con il Festival Memorie Urbane e proprio in questi giorni la sovrapposizione con il nostro progetto chiudendo patti con le case popolari per realizzare un’opera in periferia. Sembra una guerra mediatica, ma lo è solo per loro. Noi facciamo le cose per l’arte e perché amiamo farlo immergendoci nelle realtà umane, in un costante e proficuo scambio. La guerra non si fa da soli.
Parlare di Urban Legend della street art quando mancano alcuni (quasi tutti) i veri nomi che hanno fatto la street art non si può. Io non chiamerei mai leggende urbane una mostra se manca Blu che a Roma e all’Italia ha dato tanto, per esempio. Vedo una situazione che sta sfuggendo un po’ di mano in quel settore, perché c’è solo una volontà di glorificazione e visibilità. Un altro esempio è il lavoro di Axel Void vicino a quello realizzato da Agostino a Porto Fluviale: credo sia stata una cosa veramente ignobile, significa non rispettare il lavoro di un artista che a Roma ha dato tanto seppur proveniente da un’altra città.

 

Agostino Iacurci at Sanba - foto di Valerio Muscella

 

Io credo che non ci sia bisogno di riqualificare perché non siamo noi con la street art, con le opere, a riqualificare ma tutt’al più aiutiamo la cultura a svilupparsi nei luoghi dove viene a mancare. Noi dovremmo essere la fine di questo percorso di riqualificazione, arrivando invece all’inizio di questo processo cerchiamo di essere dei traini e accendere dei riflettori su delle mancanze. Preferisco piuttosto parlare di arte pubblica nei luoghi dove c’è una certa deficienza culturale non per la loro stessa volontà. Vedi per esempio San Basilio dove fino a dieci anni fa c’erano dei cinema e oggi non ci sono più e chiudono i negozi. Secondo me dovremmo impegnarci sulle periferie e renderle attive anche dal punto di vista turistico, è un piccolo pezzo che si può aggiungere con dei costi contenuti, vedi Londra o Philadelphia dove la gente fa i tour della street art anziché vedersi solo il centro. Il resto lo lascio al buon senso di quelle gallerie e associazioni che possono fare cose buone con interventi di questo tipo, cercando di non catapultare tutto solo dove c’è una superficie vuota. Spero che in futuro varrà il buon senso della qualità e quantità delle opere.

 

Liquen at SANBA, Roma

 

Parliamo del futuro dell’Associazione…

 

Innanzitutto il primo obiettivo è riuscire a portare avanti SANBA , per noi è una speranza e una volontà perché c’è la possibilità di poter continuare a finanziare il progetto. Dal 2006 ho sempre cercato di sviluppare questo tipo di idee di progetto nelle periferie romane, così come stiamo facendo, a contatto con la realtà e le problematiche connesse. Credo che questi tipi di iniziative stimolino la popolazione e si raggiungono dei risultati che vanno mantenuti e curati, per farli crescere nel tempo, non puoi abbandonarli perché si mettono in moto energie vitali non supportate dall’economia. Quindi il nostro obiettivo è cercare di esportare questo tipo di progetto con l’attenzione sull’arte contemporanea. La street art resta la sorella dei graffiti perché per me la street art è uscire e fare cosa voglio dove voglio, e quando entra in dei processi come SANBA per me è arte pubblica, poiché implica un dialogo con gli artisti, un dialogo con le persone, implica un ragionamento in fase di progettazione.

 

Liquen at SANBA, Roma

 

Stiamo organizzando una mostra a New York, ho selezionato una decina di artisti con cui esportare questa mia idea, questo mio pensiero di arte urbana e tra poco ne sentirete parlare. Inoltre, Giulia Ambrogi, dopo aver trascorso diversi mesi a Nuova Delhi, vuole continuare a portare avanti il progetto STart Dehli a Nuova Dehli e non solo.
Tutte queste iniziative sono delle sfide per noi che poi accadono, proprio come SANBA.

 

SANBA | sito facebook

Walls | sitofacebook

Eva Di Tullio

scritto da

Questo è il suo articolo n°178

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