Sónar Festival 2019, musica, diversità e avanguardia musicale
Le parole di questo Sónar Festival bisogna scandirle bene, lentamente. Poi fissarle nella testa. Global, intercultural, feminine, queer e radical.
Tradotte nella nostra lingua suonano più o meno così: globale, interculturale, inclusivo, radicale e “diverso”, oppure che sostiene la cosiddetta diversity. Avete capito bene? Globale e diverso possono stare assieme, amare la stessa musica, condividere lo stesso sottopalco. Ancora un’edizione impattante, socialmente, musicalmente e collettivamente. Un’esperienza da fare, sempre. A tutte le età. Ecco un’altra caratteristica di questo e Sónar, ma anche degli anni precedenti.
A quarant’anni non finisce la vita, non si perde l’uso delle gambe, ma si può andare a ballare e divertirsi. È provato scientificamente ed empiricamente dalla varietà delle età di chi va al Sónar. Un sacco di musica è passata nell’aria in questo week-end: performance, esibizioni da guardare tutte d’un fiato, video pazzeschi, laser colorati addosso, bassi tra le costole. Dance ed elettronica. E tutta la musica che gira intorno, (cit.).
Tanta musica, perché il più grande festival di musica elettronica del mondo, in verità, spinge tutto nell’avvincente della contemporaneità. Bruce Brubaker col suo pianoforte a coda, a fianco a quel genietto di Max Cooper che, con synth e tappeti sonori di magie fluorescenti ha illuminato d’amore il Sónar Hall.
L’house psichedelica del live dei RED AXES con batteria, synth, dj e chitarra sul palco. Daniel Avery, il DJ set notturno più bello, magnetico e ballato col suo set ipnotico e sottile, corredato di un gioco laser e video totalmente immersivo. Il pubblico in delirio, come un’onda morbida e piacente, alla fine del set lo acclamava come un dio. Un dj che volerà sempre più alto.
Il set diurno più avvincente è firmato da quel gran lavoratore di Erol Alkan di cui, qui in Italia, ci siamo un po’ dimenticati, ma che è un autore enorme del clubbing inglese.
Il record di momenti “pelle d’oca” quest’anno lo vince il live di Stormzy che ha sostituito ASAP Rocky, arrestato in Svezia in seguito a una rissa. Ringraziamo ASAP Rocky, perché il live di Stormzy non poteva cadere in un momento migliore.
Dal live di Sebastian, sempre in forma come un fabbro che batte impietoso sui clubber dei SonarHall, alle donne. Già, quel genere paritario che quest’anno ai piatti e al microfono, ha fatto sentire la sua voce, il suo suono dotato di grande stile, frutto di ricerca e voglia di andare oltre.
Ogni anno quando si torna dal Sónar la sensazione che rimane addosso (oltre alla saudade terribile, che assale già sull’aereo del rientro) è quella del voler fare, voler partecipare o, addirittura, voler costruire qualcosa di simile anche in Italia.
Questo è un festival incredibile e rimane così tanto incollato addosso che genera una piccola pretesa nel cuore di farlo proprio.
Il pubblico è stato davvero numeroso e diverso. Anche quest’anno, i numeri parlano chiaro, oltre 105 mila persone provenienti da più di 120 paesi. Oltre il 50% dalla Spagna, forse per il cambio a luglio.
Tra le tante novità, come l’uso della plastica riciclabile e i bicchieri riconsegnabili a pagamento, quest’edizione ha lasciato trasparire un primo collegamento, un’unione, col Sonar Off. Chissà che, dall’anno prossimo, non diventi un tutt’uno, pronto a unire il grandissimo pubblico che riempie la città durante questo weekend di musica meraviglioso, illuminante e sempre fonte di ispirazione.
Grazie Sónar, questo mondo ha tanto bisogno di te!
Testi di Manuela Maiuri, immagini di Francesca Di Giovanni e Sónar Festival