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Sono stata a sentire Grimes

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Sento parlare per la prima volta di Grimes da un amico che me ne parla bene, dicendomi che  sarebbe stato il concerto primaverile del 2012, che sarebbe venuta a Torino a suonare e che sarebbe stato un bel live. Grimes. Mai sentita nominare. Mi attacco a Youtube e cerco qualche video che mi possa delucidare su questa tizia, ascolto un paio di pezzi e decido che mi incurioscicse vedere dal vivo questo nuovo fenomeno, ed è con orecchie da profana che  il 30 maggio mi avventuro nuovamente nel Basement. So perfettamente che la data è sold out e temo un po’ la calca: l’ Astoria in quest’ultima settimana di maggio ci ha dato veramente dentro in quanto a pezzi grossi succulenti, e i Neon Indian mi han ben preparata alla temperatura sottoterra, ma qui parliamo di qualcuno di ancor più conosciuto.

 

 

Munita del solito, favoloso mezzo litro di long island mi apposto in un angolo appartato per lasciare il sottopalco ai veri fan, ed eccola che, in un coro di urla, sale lei: la gran gnocca di Grimes. Gran gnocca? Fermi un secondo, a me non par proprio. Sarò una donna invidiosa ma a me par più una ragazzina timida che non riesce a decidere come tenere i capelli.

E invece è la signorina Claire Boucher: pittrice, produttrice e a quanto pare anche designer di anelli a forma di vulva.  Stando a ciò che vedo e a quel che so, le due cose mi sembrano così in contrasto tra loro che vengo pervasa da una sensazione strana, così come quando ascolti la sua musica: i beat minimali e spesso scuri con una voce così soave lasciano un gusto agrodolce in bocca.

 

 

Sul palco c’è lei soltanto, nessun compare che la accompagni con qualche strumentino, la cosa che mi abbatte è sapere che non si mette a smanettare sui suoi pezzi, d’altronde mi sembra che la scelta di cantare e ballare escluda a prescindere altro che non sia alzare o abbassare i volumi, mettere un paio di delay e qualche altro effetto e suonare un accordo alla tastiera. Mi tengo il beneficio del dubbio solo in quanto lontana, ma ciò che usciva dalle casse era troppo perfetto per essere suonato sul momento, come i veri pignoli esigerebbero.

Ciò non toglie il fatto che la folla sia in completo delirio per lei, che ogni volta che gracchia al microfono (penso sia un suo modus operandi, quello di urlare a caso e non nascondo che un paio di volte mi ha anche spaventata) fa esplodere boati ed esalta gli animi presenti.

 Il live dura relativamente poco (ma abbastanza per sudare fino alle caviglie credetemi), e rimane su una costante pop senza troppi momenti incalzanti: il genere che fa d’altronde (e qui vince chi trova il termine più adatto: da dreamwave a synth pop ma post internet non l’avevo ancora sentito) non si presta tanto al dancefloor quanto a un sottofondo musicale da pre serata. Ti invoglia a ballare, la sua voce così melliflua si insinua sulla cassa che non esagera mai oltre il sensuale. Ricorda molto più una Natasha Khan (Bat for Lashes) che una Alice dei Crystal Castles.

 

 

E non vorrei essere ripetitiva, ma vederla così pervasa dall’aura dell’ hype, un’icona del momento mi torno a chiedere dove finisce Claire e inizia Grimes? Dove è davvero lei e dove inizia il personaggio che l’ha portata fino qui? Fatto sta che mentre la guardo ballare scanzonata o sorridere di un sorriso così ingenuo mi sembra più una bambina con il cappotto troppo grosso che è stata messa su un palco a cantare e a fare la cattiva ragazza. Per me Grimes è più quella che vedete nel video di Vanessa: vestitino e balletto, piuttosto che la ragazza con i capelli stinti di Oblivion, anche se a guardarla bene tutto ciò che stona in lei è il suo modo di vestire e porsi esteticamente. Cara Grimes non mi prendi in giro: puoi anche tingerti di rosa i capelli e farti due tatuaggi che per me rimani una ragazza acqua e sapone. Ma di una cosa mi hai stupito: anche le brave ragazze possono essere produttrici e riuscire decisamente bene in quel che fanno.

E alla fine del concerto per me una cosa è certa: da grande voglio fare anch’io la cantante dreampop. Dreamwave. Post internet. Insomma, quel che è.

 Foto e testi di Claudia Losini. Foto di copertina di Stefano Maselli.

Per saperne di più:

www.astoria-studios.com

 

 

Claudia Losini

scritto da

Questo è il suo articolo n°175

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