Space invaders a Roma
Quando meno te li aspetti li vedi sbucare intorno a te, noncuranti del traffico che sfreccia a tutta velocità: multicolori, piccoli, grandi, minacciosi esseri che si stanno impadronendo dei nostri spazi urbani. Forse vengono da Marte, come suggerisce la loro forma insolita, ma sappiamo di sicuro che sono stati concepiti appositamente per disturbare la nostra quiete quotidiana. Sto parlando degli space invaders che dopo avere invaso la nostra capitale, angoli remoti e muri millenari, tangenziali e incroci ci vengono proposti in chiave casalinga, “indoor”, con un evento dal titolo “Roma 2010 & other curiosities” inaugurata lo scorso 23 ottobre presso Wunderkammern di Roma e visitabile fino al 21 dicembre. Lo scopo della mostra è quello di dare ospitalità alla street art di Space Invader, l’artista francese che, con i suoi mostriciattoli spaziali riciclati dai video games di fine anni 70 (Arcade Game), ha “attaccato” città di tutto il mondo, da Londra a Barcellona, da New York a Melbourne e infine è giunto a Roma.
Pare che ci sia un rituale, un piano ben preciso prima dell’invasione della città: Invader sceglie accuratamente i luoghi in cui collocare i suoi invasori e dopo averli distribuiti in posti ben precisi allora traccia una mappa da cui è possibile ricavare la loro posizione geografica: si apre così la caccia agli invasori. Dagli spazi esterni a quelli interni, l’arte di Space Invader con la mostra organizzata da Wunderkammern travalica il confine tra il dentro e il fuori: ora finalmente li possiamo vedere più da vicino, sappiamo dove si trovano e dove si nascondono di notte, quando i nostri pensieri forse riposano, ma saremo sempre tentati di cercarli fin quando sapremo che si trovano tra noi. In una delle pareti allestite per la mostra compaiono foto segnaletiche di invaders scattate in giro per il mondo: tramite la loro presenza la finzione si mescola con la realtà fisica, il gioco trova spazio nella nostra vita, si crea un filo in visibile tra l’ordinario e lo straordinario, il linguaggio della cultura urbana si esprime attraverso la rielaborazione degli spazi destinati all’uso collettivo.
Lo spettatore si trova di fronte a ritratti allocromatici, come quello di Homer Simpson per esempio, ottenuti attraverso la tecnica del RubikCubism, ovvero le diverse combinazioni possibili del cubo di Rubik, tra i cunicoli della galleria si avverte la loro presenza, spuntano grandi invasori che illuminano il percorso buio e risalendo dalle tenebre il visitatore ha l’impressione di sentirsi avvolgere da uno spazio indefinito, in cui i muri e le porte forse sono solo un’apparenza creata dall’immaginazione. Mosaici luccicosi tornano ad impossessarsi dello sguardo dello spettatore, il quale si guarda intorno per cercare altre presenze, altri invasori frammentati appesi ad una parete bianca che sottolinea il gioco visivo dei colori che prendono forma dal loro incastro.
E’ questa una delle principali caratteristiche dell’artista francese: la sua versatilità mischiata con quella incessante dose di creatività rende i suoi personaggi non catturabili dalle leggi dell’ordinario, essi si sottraggono allo scorrere del tempo e diventano parte integrante dello spazio che ci circonda. Forse un po’ per gioco o forse solo per spirito di contraddizione, Invader amplifica la percezione degli spazi interni ed esterni mettendoci a contatto con un’alterità incarnata da invasori che danno prova di come l’arte possa lanciare un segnale di vita al mondo grigio e tetro che si nasconde dentro ai palazzi e ai muri delle nostre città.
Le foto sono di Valentina Fabbretti