Siamo stati allo Spring Attitude
C’era tanta attesa per questo Spring Attitude, da parte mia sicuramente, ma soprattutto da parte di tutta la rete. Su internet non si parlava d’altro da settimane ed effettivamente con una line up del genere non si poteva che verificare un diverso effetto.
Ora che sono tornato a casa però mi rendo conto che non sono solo degli artisti a fare un evento e che probabilmente qualche miglioria e accortezza, date le previsioni, non sarebbe guastata.
Mentre mi accingo a ricordare i momenti clou, dalla pioggia delle 23 di venerdì all’afa delle 4 di sabato valuto l’idea di affrontare anch’io l’evento con una sorta di Up e Down come ho visto fare nel report di DLSO.it
UP
Dèbruit
Siamo in saletta a metà sabato notte, mentre al piano di sopra la gente sta collassando per il live playback di Jon Hopkins (chi l’ha ascoltato live almeno una volta mi vorrà dire che avete assistito a qualcosa di nuovo?), la qualità dello show è mostruosa. Ad ogni colpo di rullante mi sciallo come fossi Puff Daddy anche se quella che ho in mano è l’acqua che mi ha regalato Populous, e non del Ciroc, allo stesso tempo il mago del ritmo taglia e cuce campioni che è un godimento continuo e le hipster shakerano.
Go Dugong
Seconda performance migliore del festival, per me è sicuramente, l’italianissimo Go Dugong.
I suoi snare lacerano la pancia e i campioni sono incastrati nelle mie sinapsi in modo così elegante che lo confonderei con Slugabed (credo lui sappia il perché). Godo da morire ad ogni attacco e quando il bpm sale vorrei la mia ragazza che mi lecca l’orecchio, giusto in tempo per abbracciarmi e ballare un lento quando chiude il venerdì con Neffa, Dedda e una tonnellata di stile.
Om Unit
Quando vai ad un festival ci vai per ballare e onestamente io a questo festival ho ballato davvero solamente durante questo set. Un set fantastico, sopra ogni aspettativa. Lui è uno sciamano del basso ed è riuscito a farmi agitare come un rugbista della Nuova Zelanda per tutta la durata del suo set, anzi chiedo scusa a chi ha ancora gli occhi viola per colpa del mio gomito sporgente. Footwork e Drum and Bass a livelli estremi, divertente vedere come sull’entrata del suo remix di Machinedrum per i centinaia del Palazzo Novecento non sia cambiato nulla e che quasi nessuno prenda con filosofia l’ipotesi di fare finta di agitarsi e sbracciarsi un po di più, questo la dice lunga sulla clientela media degli eventi Italiani ciò non rovinerà comunque l’atmosfera di un magico set.
Totally Enormous Extinct Dinosaurs
La festa è lui, sebbene nella zona fumatori gridino allo scandalo per l’assenza di carisma e di personalità del suo set, chi è dentro non vedeva l’ora dell’esplosione di bassi e cassa dritta.
La pista è un carnevale e se sei fortunato puoi anche rimediare dei nuovi amici partenopei fomentati che ti insegnano i passi che andavano quando quell’house così anni 90 era il presente.
Ricapitolando: senza personalità, senza anima ma comunque bellissimo dj set.
Led Wall e Impianto del Main Stage
Mentre Com Truise falliva miseramente il suo tentativo di spacciare per Live il suo noiosissimo Play Pausa Blocca Play, alle sue spalle (sempre con la stessa tecnica) andavano in onda visual suggestivi che avrebbe tenuto incollato anche uno spettatore distratto qualunque.
Fenomenale Led Wall che unito ad un impianto validissimo fanno il 90% dell’impatto appena salite le scale.
Lascio perdere intermedie conclusioni e arrivo subito alla categoria down, non prima però di sottoporvi ad una mia pessima fotografia durante la prima notte
DOWN
Com Truise
Non finiscono mai le parole per demolire l’esibizione di un artista di cui mi piacciono tutti i dischi e tutti i remix ma che proprio non ci voleva. Quando ho letto il suo nome nella line up annunciata ho
gioito. Non vedevo l’ora di sottopormi ad un overdose di basso grasso accompagnata dalla vibra alla Grand Theft Auto tipica dei suoni West Coast. Invece è stato uno schifo, lento, senza cuore, senza anima, gli si ferma la musica due volte, insieme alla musica si ferma pure il video e lì inizi a pregare che non veda l’ora che finisca.
Gold Panda
Neanche il tempo di esultare per la fine della stancante esibizione precedente che è il momento di assistere ad un altro fenomeno di improbabilità. L’attesissimo live di Gold Panda, nome grosso della prima serata, è un insieme di discontinui ritmi e groove imballabili che lasciano la sala di sasso nel panico più’ totale. Da metà pista in giù c’è dissenso, ci si guarda spaesati, si vorrebbe ballare e invece non ci riescono neanche i più’ ubriachi. Fino a quando vedo una ragazza piangere sulle paddate di Marriage e per l’emozione penso a quando ero innamorato e provo a ballare anche io ma ovviamente neanche il tempo di godere che entra in gioco un pattern di clan e snare che abbandonerà la mia testa forse 10 minuti dopo, un disastro.
Il pomeriggio e i trasporti di Roma
Io vengo dal Sud, dove il sole c’è anche a Gennaio. Dove gli after all’aria aperta li facciamo tutto l’anno. Dove quando ti dicono evento di pomeriggio ti aspetti di doverti portare le sneakers da ginnastica perché devi saltare di gioia col sole che ti ride in faccia e magari per l’occasione mettere da parte le occhiaie e tirare fuori i nuovi occhiali da sole. Invece, non solo prendere 3 mezzi per spostarti da Casalbertone a Piramide alle 3 di pomeriggio è un impresa da supereroi (e infatti non ci riesco, arrivando dopo le 6), una volta arrivato al mattatoio scopri pure che la saletta è al buio e sembra di essere alla convention per decretare chi è l’internet kid più’ figo d’Italia.
Il bar del main stage
Lento e costoso, popolato dalle persone più’ improbabili del festival, forse perché gli hipster non lavorano e 10 euro per un acquoso cocktail possono spenderli solo una volta, soprattutto se magari vengono da tutt’altra città e si sono anche pagati il b&b. Ecco quindi il bar pullulare di grezzoni in camicia e cappelli di gucci, milf senza reggiseno e qualche disperato che scoprendo che una bottiglietta d’acqua gli costerà 3 euro si accascerà al suolo disidratato.
L’acustica del back room
Sarò breve, la musica più bella è nella saletta ma l’impianto suona così una merda che devi stare mezz’ora e poi scappare (piano superiore o divanetti) perché le orecchie ti fischiano, ti fischiano proprio forte.
Onore al merito ai ragazzi di SA per avere portato questi artisti in uno stato dove probabilmente anche il tour manager più’ lucratore si rifiuterebbe di scendere a compromessi, bravi in questo, assemblare tutti questi nomi non è da tutti, ma secondo me ci sono alcuni punti da migliorare.
Cosciente che questi punti miglioreranno esprimo un desiderio, più interazione con gli Italiani.
Chessò io uno stage intero dedicato ai talenti locali, o uno spazio pomeridiano.
I nomi ci sono e sono tanti per cui credo che questa possa essere solamente una valida aggiunta.
PPS. Troppe barbe, troppi septum, troppi plug, troppi ciuffi biondi, troppi snapback. Che ansia internet quando diventa realtà.
Spring Attitude | sito
(testi di Alessandro “Sgamo WTFU!” Nuzzo // foto di Spring Attitude, Giovanni De Angelis)