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Street art on the street

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Forse in questo periodo di agitazione il mo pensiero sarà un po’ anacronistico, ma poco importa. Concordo con tutti quelli che, con volontà di “elevare” ad arte moderna la street art, sono felici di vederla nei grandi musei del mondo. Ma io da “inguaribile romantica” preferisco stupirmi della meraviglia che mi suscitano per strada, su un treno, su un muro grigio. Ogni mattina è come cercare le differenze nella pagina dei giochi di un quotidiano. Ogni mattina ti riserva una sorpresa, se la notte è stata proficua, portatrice di moti creativi. Non te la vai a cercare in un museo. È là. Per tutti. Oggi c’è’, domani chissà.
Anche questa accezione di precarietà le conferisce preziosità e ricercatezza. Sono volubili e passeggere, soggette al democratico scolorimento. Per questo conviene riempirsi gli occhi.

 

foto di Lia Zanda

Trovo straordinaria quest’arte perché si porta dietro ragionamenti sull’attualità ma soprattutto lavora con il contesto, su quello che c’è intorno. Più che somigliare ad un quadro, che salvo rari casi, può essere appeso ovunque, è più vicina all’architettura pensata in quel contesto sociale e ambientale. Basti pensare a quei murales realizzati su spigoli di palazzi, costruiti intorno a buchi sui muri o opere che animano paracarri o cestini della spazzatura. Come immaginarli, anche volendo, sradicati, in un posto diverso da quello dove sono nati?
Molte delle opere portate via dal loro mondo mi sembrano snaturate, perdono di quel guizzo che mi emoziona.

foto di Lia Zanda

Immagino una loro scoperta/elevazione più con una sorta di caccia al tesoro o come reportage documentario, invece che messe su pareti bianche del primo museo che sempre troppo tardi si accorge di loro.
Cosi si correrebbe sempre il rischio di tacciare quelle rimaste FUORI di valere meno di quelle portate DENTRO. La loro qualità va riconosciuta sempre e comunque.

foto di Lia Zanda

Si perderebbe anche il loro potere comunicativo di massa, tutti possono interrogarsi su quello che vedono, non solo gli appassionati o gli addetti ai lavori che se li vanno a cercare. Il museo partenopeo non riconosce il loro talento? Povera lei “madre snaturata” che non vede quello che ha sotto gli occhi, non riconoscendo il valore dei suoi figli.
Non vorrei essere fraintesa, ma la mia considerazione per quest’arte è così elevata, che penso più ad una sua strumentalizzazione che ad una reale volontà di promozione. È chiara la possibilità di una coesistenza tra museo e strada, ma non vorrei mai essere privata della meraviglia di vedere sempre opere nuove, camminando, di fretta, per andare,in ritardo, all’università.

Il resto delle foto nel Photoblog

Lia Zanda

scritto da

Questo è il suo articolo n°30

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