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Subsonica 10 anni dopo…

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Mi ricordo il primo concerto a cui sono stata nella mia vita. Era sotto le mura di Piacenza, gratis, suonava un gruppo “nuovo”, si chiamavano Subsonica e presentavano il disco Microchip Emozionale. Ricordo di aver passato metà concerto con una zanzara nell’orecchio, sul serio, è stato terrificante, ma nonostante ciò mi innamorai dei testi di questi torinesi, e di quel tastierista strambo che teneva la tastiera su una molla e la usava come leva per fare salti e scatenarsi.

Da quel giorno la mia vita è un po’ cambiata. Non sono mai stata fan di niente in particolare, da adolescente, se non dei Subsonica. Ho tutto: cd, ristampe di cd con pezzi nuovi, la loro biografia, anche i libri scritti da Boosta. Insomma, credo di essere stata una loro fan al punto di decidere di andare a vedere questa Torino amica che loro descrivono tanto bene e di innamorarmi anche di lei.

Subsonica , Venaria 16 dicembre

La mia migliore amica ai tempi mi disse “Che cosa credi, di andare a vivere a Torino e di incontrare anche Samuel per strada? Ma smetti di farti dei film e impara che quelli famosi mica vanno in giro in mezzo a noi altri.”

Questo mi è stato detto 15 ani fa, io ormai sono a Torino da 6 anni e incontro Samuel e Casacci spesso ai concerti, Ninja invece faceva il dj di drum’n’bass. Bravissimo, per altro. Quindi sono riuscita a dar torto a quella famosa amica, ma non solo, ho imparato ad amare Torino, a sentirla la mia città, a provare una passione struggente e indefinibile per questo luogo. Non ascolto più i Subsonica dall’ultimo concerto a cui sono andata, Bologna 2005. “Terrestre” è stato l’ultimo disco che ho acquistato e che mi ha in parte deluso. Da ventenne, avevo le idee molto chiare su cosa volessi o meno ed ero molto estremista.

Ho sentito brani degli ultimi album, certo. Ma ormai il sogno “Subsonica” si è spento in me. Ma per una volta decido di tornare a vedere i miei ex beniamini a Torino: non ho mai avuto l’opportunità di sentirli nella loro città, nella mia città, tra le persone che sono come me cresciute con loro, ancor di più nelle stesse strade raccontate da loro.

Così il 16 dicembre vado al Teatro della Concordia di Venaria Reale, la stessa sera di Star Wars e del derby Juve-Toro. In sostanza quella sera saremmo stati solo i veri fedelissimi sotto il palco.

In occasione dei loro 20 anni, i Subsonica decidono di ripercorrere la loro carriera musicale partendo dal primo disco fino ad arrivare ai giorni nostri. Tre pezzi per disco. Si comincia con Come se, Istantanee e Cose che non ho. Sorrido, sono paralizzata dalla gioia. E poi Sonde, una canzone che forse non sentivo da 15 anni, seguito da Aurora sogna e da quella che mi ha fatto conoscere il gruppo Colpo di pistola.

E Albascura, una canzone a cui sono particolarmente legata. Quando avevo qualche anno in meno ero sicura l’avessero scritta per me, per il senso di inutilità provato così spesso nel mio piccolo paesino di campagna, per la diffidenza nei confronti delle persone che si stringono troppo. Ero io, e risentire quel brano è un duro colpo che mi fa riaffiorare troppi ricordi sepolti.

È buffo come le parole che non pronunciavo da anni mi salgano così naturalmente dal cuore alle labbra, e canto, canto insieme a tutti quanti. Siamo un unico coro insieme ai Subsonica. Il calore del pubblico è una sensazione incredibile, le persone che conosco, amici, sconosciuti, tutti riuniti lì a rievocare quello che è stato, tutte le nostre vite ripassate lungo le strofe di una canzone.

La malinconica sensualità di Dentro i miei vuoti, la seduzione di Corpo a corpo, la rabbia di Gente tranquilla che esplode sul palco con Rachid, i brutti ricordi di una storia finita male mi pesano durante Abitudine, l’avvolgente melodia di Incantevole, Istrice e la sua così perfetta descrizione di una Torino d’inverno: mi rendo conto che ognuno di questi pezzi racchiude un piccolo pezzo di me stessa, che io sono legata fin troppo intimamente a queste canzoni e che ho soltanto rifiutato per un po’ di ascoltarle, perché ho rifiutato per un po’ me stessa.

Per quanto ora abbiamo preso strade differenti, devo molto alle poesie dei Subsonica, alla loro musica, mi hanno insegnato ad apprezzare atmosfere elettroniche e ad amare parole non scontate, a gridare, a sussurrare e ad ascoltare, soprattutto.

Sì, possono non aver bissato Microchip emozionale, ma in due ore sono riusciti a farmi provare le stesse adozioni di quella sera a Bologna, nel 2005, e di quella sera d’estate piacentina, nel 1999.

Grazie di cuore, Subsonica, per avermi reso quella che sono.

Claudia Losini

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Questo è il suo articolo n°175

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