Swayzak at Goa Club
Londra 1994. Quartier generale della Virgin Records. È li che si conoscono James Taylor e David Brown. Trppi dischi, troppa musica tra cui districarsi, serve qualcosa di assolutamente memorabile. Patrick Swayze è senza dubbio memorabile, la bastardizzazione in Swayzak altrettanto. E poco riconoscibile. Trovato il nome si doveva fare altrettanto per la musica e i due londinesi si chiudono per tre anni nel loro studio per suonare e registrare e provare e sperimentare.
Finalmente nel 1997 è giunta l’ora di pubblicare il primo EP, “Bueno / Fukumachi”, pubblicato dalla label fatta in casa. Troppo compromesso il panorama discografico britannico (e anche quello della stampa specializzata, dicono i due) per sperare di farsi notare senza accondiscendere a spintarelle e marchette. Meglio fare tutto in casa, da soli, senza compromessi. Il successo è sorprendente, considerando che gli Swayzak hanno davvero poco a che spartire con la fauna dei dj della capitale inglese.
Terry Francis, Nathan Coles, e Mr. C sono tra i primi ad accorgersi del lavoro, e ne parlano con entusiasmo nel giro dell’underground. Un incontro fortuito con la Medicine records e l’interesse della label per la loro deep dub-house assicura loro la distribuzione per il debut album “Snowboarding In Argentina” del 1998. Questa volta le recensioni favorevoli si dividono tra le due coste dell’Atlantico e l’album si conquista il titolo di Album Of The Year da parte dell’americana Mixer.
Lo sbarco nel nuovo mondo apre agli Swayzak le porte di Detroit e la collaborazione con l’artista techno Theorem. È il prologo a “Himawari”, che esce dopo 18 mesi di duro lavoro al mixer. Il disco è un gioiello di fusione tra i generi, con i segni della deep minimal house che si mescolano con la tech-house e il dub. E soprattutto è quasi un lavoro collettivo, con i camei del poeta dub Benjamin Zephaniah e le voci di Kirsty Hawkshaw e JB Rose.
L’approdo alla K7! avviene con la doppia compilation minimal “Groovetechnology 1.3”, che apre la strada alla piccola rivoluzione di “Dirty Dancing” (guarda caso ancora un calembour linguistico con il buon Patrick). L’imprinting house è sempre li, con piccole sfumature di minimalismo, ma il disco si apre alla sensibilità di diverse collaborazioni (Adult, Klaus Kotai, Carl Finlow di Silicon Scally) alla vocalist teutonica Clair Dietrich e agli innesti tra deep house e gli orizzonti dell’electro-clash.
Nel 2004, ancora per K7! Esce “Loops From The Bergerie” che, in pefetto stile Swayzak, gioca con il titolo della colonna sonora del film francese sixties “Les Loups Dans La Bergerie”, composta da Serge Gainsbourg. Il titolo è anche l’omaggio alla Bergerie, nel sud della Francia, dove il lavoro è stato pensato e composto abbandonando il laptop in favore di strumenti analogici, con il tocco caldo delle voci di Richard Davis, Clair Dietrich, Mathilde Mallen e molti altri.