Tarantino e la Filosofia
“Un bicchiere e nient’altro. Non fare il cafone, bevi il tuo bicchiere ma fallo in fretta, dì buonanotte e vai a casa… Questo è un test sulla moralità di una persona, se riesce o no a continuare a essere leale. Perché essere leali è molto importante. Perciò tu ora vai fuori e dici “buonanotte ho passato una bellissima serata” infili la porta entri in macchina vai a casa ti fai una sega e finisce la storia…”.
Mi sembra di vederlo il povero Vinnie. Ha accompagnato a casa l’ammaliante Mia Wallace, ed ora si ritrova a parlare con la propria immagine riflessa nello specchio del bagno. Riuscirà a resistere alla tentazione e a dimostrare a Marsellus la propria lealtà?
Se non siete in grado di rispondere a questa domanda, probabilmente è perché non avete visto Pulp Fiction, il film che è valso a Quentin Tarantino il Premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale (1995), e che insieme a Le Iene, Jackie Brown, Kill Bill e i più recenti Bastardi senza gloria e Django Unchained, ha dato vita ad un genere cinematografico nato dalla commistione di stili diversi: dai film gangster ai b-movie, dal cinema italiano degli anni settanta al filone delle arti marziali.
Eppure, quelli di Tarantino “(…) sono davvero dei film capaci di pensiero o sono soltanto degli elaborati gesti superficiali che generano una mera illusione di profondità teorica con una strizzata d’occhio furbetta? Tarantino ha una filosofia?”.
A porsi questi interrogativi (e non solo) sono Richard Greene e K. Silvem Mohammad, i curatori di Quentin Tarantino e la Filosofia. Come fare filosofia con un paio di pinze e una saldatrice, il volume, edito da Mimesis, che raccoglie una selezione di saggi attraverso i quali diversi autori analizzano i valori e i molteplici significati che emergono dalle pellicole del regista statunitense.
Leggendo queste pagine scopriamo come l’universo di finzione di Tarantino sia caratterizzato dall’aporia, ovvero quel “dubbio” che siamo soliti riscontrare nel metodo filosofico socratico. Riflettiamo sul concetto di vendetta, e su come quella tanto bramata dalla Sposa, il personaggio femminile di Kill Bill, altro non sia se non un atto d’amore. Ci confrontiamo con una spiritualità non convenzionale che individua nella violenza una specie di terapia necessaria per il superamento della sofferenza. Un libro per osservare la filosofia di Tarantino al microscopio e comprendere appieno quelle sfumature che hanno permesso di consacrarlo uno dei registi più apprezzati della nostra contemporaneità.
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