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Terra sospesa, foto di Alfredo Covino

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Il conflitto politico culturale tra il governo turco e la minoranza curda del Paese ha una lunga storia alle spalle. Diyarbakir, capitale virtuale del Kurdistan turco, conta un milione e mezzo di abitanti, ma lo stato ne censisce forse la metà: gli altri sono profughi che popolano un’infinita periferia, a cui non è riconosciuto il diritto alla terra. L’associazione culturale Officine Fotografiche, sempre molto attenta agli sviluppi della fotografia di reportage, ospiterà in sede il giovane reporter Alfredo Covino e “Terra sospesa”: il suo ultimo lavoro, realizzato durante il viaggio nel Kurdistan turco. L’autore è riuscito a illustrare questo Stato nello Stato, penetrando oltre i luoghi comuni e le apparenze, lasciando spazio a una carica emotiva trasparente e stilisticamente interessante. Il reportage, senza l’ausilio di sovrastrutture e di codici linguistici imposti, è un vero e proprio diario visivo: spicca immediatamente agli occhi la giusta distanza che l’autore è riuscito a mantenere dai luoghi e dalla diversità dell’altro. Una separazione che permette di comprendere a 360 gradi la realtà impressa in queste immagini. La tendenza è quella di rapportarsi, ai luoghi e alle persone, cercando di evitare lo sguardo rapace che contraddistingue gran parte della produzione fotografica mondiale, legata alla cosiddetta “rappresentazione del reale”. Proprio per questo, “Terra sospesa” non trasmette una sensazione di superficiale sofferenza, ma riporta sobriamente il legame che i curdi hanno nei confronti della loro terra: un rapporto fisico connotato da una forza mentale molto vitale rispetto al solido legame del corpo al territorio. Lo spettacolo delle immagini si coniuga perfettamente con la semplicità di narrazione che, attraverso il meccanismo della rappresentazione interiore, porta alla luce una coerenza esistenziale da cui risaltano i sentimenti più profondi. Alfredo Covino ha impresso nelle sue immagini individui che ricercano l’ambiente in cui sono nati e cresciuti. Nel farlo punta delicatamente l’obiettivo in quel punto segreto che ogni essere umano possiede nel profondo dell’anima. Con analogo approccio, l’autore ha raccontato “Cara Moldova”, un reportage sui generis che si è aggiudicato il prestigioso premio “Yann Geffroy 2008”, assegnato dall’Agenzia Grazia Neri. Il reportage, esposto anche al festival internazionale della fotografia di Roma, racconta di una famiglia moldava emigrata a Roma, per esigenze economiche, che ogni anno parte per le vacanze estive per riconciliarsi con la Terra d’origine. Nel viaggio verso la Moldova Alfredo Covino ha catturato, senza eccessi stilistici i profumi delle tradizioni, le gioie e le paure di chi per forza di cose è costretto a emigrare.

Il gran capo

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Questo è il suo articolo n°3459

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