The Creators Project ti rende un turista responsabile
Il problema di essere un turista poco appassionato dai piatti tipici e dalle grandi catene di moda è che ogni volta, per quanto informati e preparati si possa partire, il giorno dopo essere ritornati c’è sempre qualcuno che ti parla di paradiso dell’underground; non avendone mai sentito parlare nei vari mesi di ricerche, tu te li sei lasciato sfuggire. E, di solito, a poco serve camuffare un confuso “ma sì, l’ho visto” per dissipare il rodimento-di-culo.
La stessa minacciosa consapevolezza mi ha accompagnato nel primo viaggio a New York della mia esistenza, lo scorso ottobre. Per carità, le “attrazioni” Lonely Planet della Grande Mela basterebbero da sole a soddisfare anche i palati più capricciosi, eppure la paura di non riuscire a trovare qualcosa che trasformasse un viaggio nel “mio” viaggio aumentava col diminuire dei giorni che mi separavano dalla ripartenza. Fortunatamente, essere nati nell’epoca di Michael J. Fox e delle serie tv di Italia 1 mi ha dotato di troppo ottimismo da deludere ma anche di una conoscenza molto molto preziosa: so che, oltre il ponte di Brooklyn, c’è Brooklyn.
In effetti, nell’oltre – Manhattan c’è una New York asettica, periferica, un agglomerato di block anonimi e forse proprio per questo, come nelle migliori tradizioni dei posti brutti, ci sono molte persone che si sforzano di rendere la vita interessante. È stata proprio, una mattina, una di queste persone, un tizio che si girava i pollici nel suo negozio di vinili proprio sotto il ponte dei chewing-gum, a indicarmi un volantino attaccato alla sua porta. Un volantino che diceva ‘The Creators Project’ più una serie di nomi abbastanza intriganti e che mi consigliava di farmi trovare la sera dopo a Dumbo, una parte di Brooklyn che sta oramai diventando la casa di tutti gli artisti più interessanti (e perciò più indigenti). Oltretutto, quel volantino diventava molto convincente dal momento in cui utilizzava un termine che negli USA pare essere oramai del tutto vetusto: FREE.
Due cose ho trovato fantastiche di quella serata: la vista del reticolo di luci della Manhattan vestita a notte e l’aver assistito a uno dei più begli eventi della mia vita passata e futura. L’evento, organizzato, appunto, dal collettivo Creators Project, aveva trasformato un intero quartiere in un gigantesco spazio espositivo in cui un groviglio di esseri umani sceglieva di passare il sabato sera percorrendo i vicoli della meraviglia bevendo birra in lattina a prezzi sociali. Una grossa factory con vicoli di mattonato e palazzi di sei piani, arredata di cubi enormi costruiti con segmenti di neon. Origin, opera del collettivo inglese UVA-united visual artists e libere riproduzioni di chiese senza dèi, l’opera Ladies and Gentleman We Are Floating In Space, una grossa camera illuminata di suoni indistinguibili e finestroni accecanti, un’entrata tutta fisica in una reale metafisica)una grossa camera illuminata di suoni indistinguibili e finestroni accecanti, un’entrata tutta fisica in una metafisica reale. E ancora, palchi disseminati sotto i pilastri del ponte tra cui quello dove si susseguono – in un evento, ripeto gratuito – Four Tet e Florence+the Machine, palazzine adibite a cinema con la prima visione, tra gli altri, di Stop the Virgens della frontwoman degli Yeah Yeah Yeahs, Karen O e la rivisitazione di Life On Mars ad opera di – sì, lui – David Bowie e Mick Rock e altre trasformate in atelier e poi, musica elettronica tra cui il dj set dei Justice, video-art e un sacco, ma veramente un sacco, di digital art, dal momento che come avrei potuto presto appurare, Creators Project è un progetto dedicato proprio alla digital art, nato in collaborazione con sua maestà dei processori Intel.
In verità parlare di Creators Project come un evento sublime è davvero riduttivo: non un singolo progetto, ma quella che si scopre essere una vera e propria piattaforma, un network multimediale che agisce come ricettacolo e presentazione delle più svariate opere d’arte digitali e interattive su piazza – e con piazza intendo mondo – scaricandole poi nella realtà di una miriade di eventi sparsi sulla superficie terrestre, da Pechino a San Paolo, tra i quali risalta sicuramente la collaborazione con il festival musicale del Coachella. Ed è davvero facile, dopo averne avuto un assaggio, ritrovarsi sulla sezione eventi del sito a sperare nella comparsa di qualche località italiana tra gli eventi futuri.
Intanto posso solo aspettare la prossima volta che qualcuno mi dirà di essere appena tornato da New York, potrei togliermi qualche soddisfazione.
Per saperne di più: http://thecreatorsproject.com
Testi e foto di Stefano Pontecorvi.