Triumphs and Laments: William Kentridge al MAXXI
In queste ultime settimane non si fa altro che parlare di arte urbana su molte riviste di settore, soprattutto nella Capitale, dove da ormai una decina di anni si assiste a l’ascesa e al declino di gallerie e progetti che tuttavia tengono in fermento artisti e addetti ai lavori. Alcune volte ci regalano delle belle sorprese come il progetto SANBA di cui vi ho parlato nell’intervista a Simone Pallotta, alcune volte invece sono solo un pretesto per affaristi con non molto chiaro il concetto dell’arte.
L’arte pubblica invade gli spazi a noi circostanti per entrare in contatto con noi è con noi modificarsi, un continuo dialogo che arricchisce la nostra percezione di ciò che abbiamo intorno e che attraversiamo quotidianamente con lo sguardo e con i nostri passi. In una città come Roma, dove l’arte e il tempo sono i due pilastri che sorreggono la sua bellezza eterna, parlare di arte pubblica diventa ancora più complicato e stimolante, soprattutto se si può assistere alla sua realizzazione dal vivo, per vedere la città cambiare, adattarsi al volere dell’artista che performa è plasma il supporto a suo piacimento.
Vedere un artista raccontare la propria opera è un fatto emozionante e se l’artista in questione è un certo William Kentridge lo è ancora di più. Non ha di certo bisogno di presentazioni lui, è un artista fantastico che da anni ormai realizza dei lavori cinematografici e teatrali favolosi e dei disegni spettacolari che diventano il fulcro di tutte le sue opere, il motore che da avvio al processo di creazione.
La particolarità delle opere di William Kentridge sta proprio nella tecnica certosina che passa attraverso alcune tappe fondamentali: disegnare, cancellare e scomporre ripetutamente le parti dei suoi lavori fino ad arrivare alla composizione finale dell’opera intera. Un lavoro meccanico e creativo al tempo stesso che sentirlo raccontare è davvero tutt’altra cosa che scriverlo. Ve lo posso assicurare.
Così lo scorso lunedì l’artista sudafricano ha raccontato al pubblico del MAXXI Triumphs and Laments, l’opera che ha pensato e realizzato per la città eterna, un progetto che coinvolge i muraglioni del Lungotevere, esattamente da ponte Sisto a ponte Mazzini, una grande opera di arte urbana in cui Kentridge ha dato il meglio di se narrando a suo modo la storia e i personaggi di Roma, dall’epoca dei romani fino a Pasolini, un andirivieni di personaggi cronologicamente sparsi, per incuriosire e sorprendere lo sguardo altrui.
Si tratta di un’opera immensa che rende omaggio alla capitale attraverso i fatti e i nomi che l’hanno resa celebre in un totale di novanta figure alte quasi nove metri che William Kentridge ha realizzato attraverso la tecnica del reverse graffiti o anche detta pittura selettiva, una tecnica eco friendly poiché con il solo utilizzo dell’acqua si creano le figure dallo sporco accumulato sui muraglioni. Si tratta di un vero e proprio progetto sostenibile quello dell’artista sudafricano coinvolto dall’associazione Tevereterno fondata nel 2004 dall’artista statunitense Kristin Jones, famosa per le sue istallazioni di arte pubblica con Andrew Ginzel, altro artista americano e con una passione per Roma e per le sue sponde, da sempre luoghi di incontro.
L’evento che si è svolto lunedì scorso al MAXXI, dove William Kentridge aveva già esposto la mostra Vertical Thinking, non è stato solo un’occasione per conoscere il progetto un po’ più da vicino ma soprattutto la visione di qualcosa di spettacolare, il connubio tra due arti diverse che spesso si intrecciano: i disegni di William Kentridge sono stati proiettati su una delle pareti esterne del museo mentre le musiche di Philippe Miller, con il quale Kentridge lavora ormai da anni, accompagnavano le immagini della realizzazione del mosaico di bozzetti che l’artista sudafricano ha preparato per Triumphs and Laments.
Un trionfo di suoni, luci e immagini davvero sorprendenti, un momento di particolare eccitazione per tutti coloro che hanno partecipato all’evento lo scorso lunedì, più che un omaggio e’ stato un vero e proprio inchino alla città di Roma attraverso lo sguardo di artisti internazionali come William Kentridge e William Miller, i quali hanno saputo interpretare i segni del tempo e le gioie e i dolori, i trionfi e le sconfitte di Roma, proprio come dice il titolo del lavoro, realizzando uno spettacolo intenso a cui non assistevo da tempo.
Foto di Luca Marcotullio.
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