Un fotografo italiano a Londra, intervista a Lele Saveri
Lele Saveri è un giovane fotografo italiano, nato a Roma nel 1980. Attualmente lavora come photo-editor per Vice magazine a Milano; vive e lavora tra Milano, Londra e New York. É senza dubbio uno dei nostri fotografi italiani preferiti e non ci siamo fatti scappare l’opportunità di fargli qualche domanda sul suo lavoro e sui prossimi progetti che lo vedranno protagonista. Ecco cosa ci ha raccontato.
Facendo una classifica all’interno del tuo ricco portfolio, quale pensi sia stato il lavoro più difficile e quale quello in cui ti sei divertito di più?
Più difficile sicuramente il reportage nell’ospedale psichiatrico di Roma del 2005. Passare una settimana nel sottoscala di un posto senza luce con una ventina di persone dopate che ti girano intorno non è che sia proprio il massimo. Il più divertente probabilmente il servizio di moda “quasi uguali” scattato a Milano 2 anni fa, dove ho passato una giornata al luna park con le due gemelle Giulia e Camilla (chi è’ di Milano e’ molto probabile che sappia di chi sto parlando).
Come scegli i tuoi/le tue modelli/e, nel senso, a quale genere e stile di persona ti rivolgi per i suoi set fotografici?
Mi piace scattare persone che diano l’impressione di essere “umani”, con difetti e personalità. Raramente scatto modelli “professionisti” che non ho mai incontrato prima, e se proprio devo faccio un casting per cercare di capire se quella persona ha qualcosa che mi interessa. Credo sia una questione di “pelle”. Nella maggior parte dei casi, scatto persone a me vicine, o persone che incontro per caso e in qualche modo mi ispirano.
Ci racconti un po’ com’è nato il progetto “Ithoughtiwasalone”?
Ero appena rientrato in Italia dopo 8 anni di Londra e qualche mese a NY. Avevo paura di annoiarmi presto, allora decisi di fare qualcosa per distrarmi. Mi era stato chiesto di curare una piccola mostra di fotografi di Vice e quando mi sono accorto che mi era difficile trovare giovani fotografi italiani con talento, ho pensato sarebbe stato ottimo creare qualcosa che all’estero era una realtà ben presente: una vetrina gratuita per mostrare il lavoro di alcuni giovani di successo. Da subito ho chiesto aiuto a Serena (Pezzato), con la quale lavoravo da Vice. Mi piaceva il suo occhio nella scelta fotografica, aveva una conoscenza del web che a me mancava, e un modo di fare finalmente positivo!
Stai lavorando a qualche altro progetto ultimamente?
Con i.t.i.w.a. stiamo preparando un progetto molto interessante, dove accoppiamo fotografi del sito e li facciamo dialogare solo tramite immagini, pubblicheremo poi il tutto in una serie di libricini, per quanto riguarda la mia fotografia, sono sempre in ricerca. Mi sto affascinando sempre più alla fotografia del primo novecento, dei fotografi di ritratti da famiglia. Quella è la vera innovazione!
Sbaglio o hai un certo debole per la street-art?
Street art è una parola che non sopporto e che non credo significhi molto. Se ti riferisci al mondo dei graffiti, sono molto legato si, ma vorrei specificare che mi riguarda solo il mondo dei graffiti quello puro e originale, del vandalismo fastidioso delle scritte brutte sui muri.
Il mondo denominato “street art”, quello degli stencils e i poster, mi interessa poco per non dire che mi annoia.
Guardando i tuoi lavori mi pare di notare una tua certa predilezione per i ritratti, cosa puoi dirci in proposito?
Beh si, il ritratto senza ombra di dubbio è la cosa che mi interessa maggiormente. Spesso se non ho un soggetto al centro della mia foto, mi sembra manchi di qualcosa. Mi diverto con landscapes (panorami) e foto di “mood” (stati d’animo), ma spesso le adopero solo come dittico per ritratti.
Quanto conta uno strumento di foto-ritocco per il lavoro di un magazine? Che rapporto hai con questa tecnologia?
Fino a poco tempo fa non ne volevo sentir parlare. Principalmente poi scatto in analogico, quindi puoi immaginare. Poi per una mostra mi ha contattato Andrea Concina di Numerique (ritoccatore tra i migliori in Italia) e così ho iniziato a prendere quella direzione. Ora per ogni lavoro importante collaboro con lui, alla fine è come la figura dello stampatore dei vecchi tempi, che aumentava il valore dell’immagine scattata. Mi sembra positivo, no?
Sappiamo che inizialmente hai dedicato il tuo lavoro seguendo molte band musicali. Qual è il fattore che ti affascina di più nell’immortalare i musicisti durante i loro backstage, durante un loro momento di relax e non durante la loro performance dal vivo?
Beh era proprio il vedere che in fondo sono persone come noi, anche se siamo abituati a vederli sul palco. Fotograficamente parlando, le luci del backstage sono spesso molto interessanti, basse e con molta atmosfera. Con alcuni di loro ho passato anche un bel po’ di tempo sul tourbus, e quello in se è come un parco giochi, dove posso scattare 24 ore su 24. avere il tempo lo rifare anche oggi!
Ci sono fotografi inglesi di cui sei particolarmente appassionato?
Ce ne sono parecchi. Un tempo mi interessavo molto al documentario, e Don Maccullin è stato uno dei miei primi idoli. Mi ha sempre affascinato poi l’humour di Martin Parr. C’è poi il mitico Gavin Watson, del quale Vice ha pubblicato lo scorso anno un libro inedito (“Skins and Punks”), e che ho avuto l’onore di incontrare quando ho curato la sua mostra a milano nel giugno 2009. Fra i giovani ce ne sono parecchi che si sbattono per produrre un buon lavoro. Solo nel nostro sito tutti gli inglesi presenti secondo me hanno ragione di essere menzionati: Ben Ryaner, Jonnie Craig, Queenie, Alex Sturrock. Il fatto è che in un posto come Londra, dove in parecchi producono foto di qualità, la competizione è talmente forte che porta a spingere nuovi fotografi a produrre cose di qualità ancora maggiore. Questo è ciò che manca in Italia, e che avrei voluto si creasse con i.t.i.w.a., una scena di giovani fotografi che si fanno competizione fra loro, e che quindi producano sempre più immagini interessanti.
Se avessi la possibilità chi ti piacerebbe fotografare?
Berlusconi. Rimarrà nella storia come uno dei personaggi più spiacevoli del panorama politico italiano. Nel portfolio starebbe una bomba!
Sappiamo che hai compiuto i tuoi studi fotografici in Inghilterra. Anche tu sei un giovane talento che ha abbandonato l’Italia per l’impossibilità di completare i propri studi legati a problemi burocratici ,economici … o semplicemente hai avuto la possibilità di andare via e lo hai fatto? Quali opportunità ti ha regalato Londra dal punto di vista della tua carriera?
Beh, qui potrei parlare per ore. Per me fu un caso, andai là solo in quanto annoiato dell’Italia. Avevo 20 anni, e non conoscevo ancora la fotografia. Volevo solo imparare l’inglese e dopo un anno a fare pizze, ho deciso di iscrivermi ad un corso di fotografia per fare qualcosa. Beh si, sicuramente Londra mi ha dato molto( se non tutto). Ho cercato di tornare in Italia, ma ora dopo 2 anni, sto scappando di nuovo e sono a NY. Rispetto quindi tantissimo tutte le persone che hanno un cervello più ampio e creano qualcosa di interessante, che nonostante tutto riescono a rimanere in Italia. Sono loro che fanno la differenza. Io alla fine ho preso la strada più corta.
Mi piacerebbe sapere qualcosa di più del tuo lavoro fatto nell’istituto per malati mentali.
Avevo un contatto tramite mio padre per andare a scattare una settimana nell’istituto. Dopo un giorno scoprii che tenevano alcune persone nel sottoscala chiuse a chiave senza uscire per anni. Cosi ho scattato come un pazzo per una settimana. Ogni volta che ci ripenso mi piange il cuore per non essere mai tornato a salutarli.
Raccontaci dell’evento-mostra “This is all i came to do” svoltosi a Milano che aveva già visto Londra come prima tappa. Quale sarà la prossima destinazione?
Abbiamo fatto anche Bassano del grappa come intermezzo tra Londra e Milano. Ora stiamo lavorando (oramai da tempo) al nuovo progetto, appena ci sentiremo pronti ti farò sapere.
Sappiamo che sei anche un grande amante della musica? che generi musicali preferisci?
Vado molto a momenti, come tutti credo. Dal rap, al punk, dagli anni ’20 ai ’50 ai ’60. Ultimamente sono in un trip un pò più scuro, e ascolto molto Neurosis, Sunn o))) o cose più goth alla “This mortal coil”. Allo stesso tempo però ho una grossa riscoperta del primo Vasco.
Guardando il tuo sito abbiamo visto un intero set fotografico dedicato interamente a scatti aventi come soggetto i cani. Che rapporto hai con la natura in generale e con gli animali? Esiste un quadrupede nella tua vita?
Mi affascina molto il loro modo di agire completamente “animale”, cosa persa ovviamente (e per fortuna) dall’uomo. Non sono però un animalista convinto (pur essendo vegetariano). Non ho mai avuto cani o gatti, essendo stato sempre allergico a entrambi, per gli ultimi due anni però ho vissuto con due bastardi fantastici, che ora già un po’ mi mancano, Pixie e Obie. Quest’ultimo ha morso praticamente ogni persona che ha avuto la sfortuna di varcare la porta di casa mia. Ma in fondo anche per questo mi manca.
Per saperne di più: lelesaveri.com e ithoughtiwasalone.com