Una Repubblica fondata sull’insulto
Pochi giorni fa sono incappato in una rivista spagnola che dedicava interamente il suo numero al “fenomeno calcio” in Italia: specificatamente la mia attenzione si é catapultata con un doppio carpiato su un articolo che parlava del movimento ultras italiano con riflessioni di stampo archeo-socio-antropologico sulla passione sfrenata degli italiani per il calcio. L’autore dell’articolo (non italiano) nelle sue conclusioni dichiarava che seppur in apparenza il Bel Paese possa sembrare abbastanza diverso e diviso tra Sud e Nord, in realtà sia unito da un comun denominatore: l’insulto.
Non ci avevo mai pensato: siamo veramente una Repubblica fondata sull’insulto? Una volta difesi la pasta, potrei mai anche difendere la nobile arte dell’italico improperio?
Non so se si tratta di cambiare il primo articolo della Costituzione però il fatto che uno scrittore pensi e scriva una cosa del genere, credo sia spunto di riflessione. Non sono al corrente se sia provato scientificamente però può darsi che l’insulto attivi parti neuronali che rimangono sopite durante il resto del giorno e che quindi insultare ogni tanto fa pure bene. Diciamolo pure, molte volte l’aggressione verbale ha un che di piacevole, soprattutto quando non siamo noi a riceverla.
Non dite di no perché non ci credo. Almeno una volta nella vita avete sbavato guardando in tv due loschi figuri, magari politici, che si offendevano mentre difendevano opinioni esattamente uguali solo per il sadico ed eccitante gusto di insultarsi. Il mezzo di comunicazione tutt’oggi più importante é tutto tempestato di programmi con gente che non fa altro che calunniarsi vicendevolmente, ahimè, per un piatto di lenticchie.Quindi, é tutto vero? Ha ragione ‘sto tizio?
Ciò che unisce un trentino e un siciliano non é l’amore per un insieme condiviso di valori, principi morali e di una storia condivisa bensì la stessa indole innata, di pura razza tricolore, di of fendere il prossimo?
Tutto ciò é angosciante. Un certo spleen mi avvolge mentre scrivo perché pure a me é capitato. Mi son compiaciuto nel vedere due persone in strada insultarsi. E più di una volta. Siamo sempre stati così, dei lussuriosi dell’offesa, degli “inscimmiati” dell’insulto?
Mah, sinceramente non ci credo. Mi piace invece pensare che se qualcos’altro di sicuramente nobile estrazione tricolore esista, e che, chi più, chi meno, tutti ne possiamo vantare un gene, questo sia lo sfottò.
Questa si che é un’arte. Ho sempre invidiato i professionisti dello “sfottere”: questa sottile e brillante maniera di mettere in risalto una tua defaillance con un mix di sarcasmo e ironia. Ci dovrebbero fare una bella triennale da 180 crediti formativi: Sfottologia.
Quindi, a mio umile giudizio, l’insulto non é altro che la becera e barbara volgarizzazione dell’italico e sofistico sfottò che si é dipanato e ingrassato nella nostra quotidianità grazie agli ultimi trent’anni di grande imbecillità di una buona fetta dei nostri mezzi di comunicazione.
Non é però il filo conduttore che unisce un sardo con un valdostano. Non può essere così. Non sono dunque d’accordo con le conclusioni dell’articolo sopracitato. Al massimo saremmo una Repubblica fondata sullo sfottò, dato che il lavoro se n’é andato in pensione.