Unibeat: elettronica, sogni e tenacia
Oggi vi parlo di sogni. Di quei sogni che si fanno strada tra battute e bottiglie di birra al tavolino di un bar nelle notti d’estate e giorno dopo giorno prendono forma e diventano qualcosa di visibile e tangibile, di più grande di chi li ha sognati. Vi parlo di cinque ragazzi di una città del sud che uniscono braccia, intenti e passione e decidono di lavorare sodo per dare forma ad uno di quei sogni: creare un festival di elettronica, uno di quelli seri, con line up mozzafiato e location ritagliate in luoghi che non aspettano altro che essere riempiti di luci e persone.
Il festival è Unibeat, arrivato al quinto appuntamento e con numeri sempre più grandi. Gli ideatori sono i ragazzi dell’associazione Salerno In Kult, per i loro coetanei in città semplicemente Mario, Michele, Vincenzo, Roberto e Orlando, che in due anni hanno portato in Campania dj e producer tra i migliori della scena mondiale, da Francesco Tristano a Octave One, fino a Gold Panda e Roman Fluegel nell’ultima edizione, allargando i limiti geografici e dimostrando che con tanta ostinazione le buone idee possono andare avanti e sfidare meccanismi bloccati da anni.
Come nasce il festival Unibeat?
Unibeat nasce dall’incontro di Salerno In Kult con RUN un po’ per gioco ed un po’ facendo seriamente, con l’intento di creare qualcosa di bello in città coinvolgendo l’università e utilizzando la sua capacità di aggregazione.
Già durante l’organizzazione dei primi eventi avevamo in mente di creare un festival, abbiamo raggiunto dei bei traguardi ma quello che abbiamo in testa è ancora altro: vogliamo creare un’identità culturale ricollegabile a Salerno e valida in ambito nazionale ed internazionale. I cervelli non vanno tutti via, ci sono idee anche qui e c’è la tenacia di perseguirle.
Quali sono le difficoltà principali con cui vi siete scontrati e dovete scontrarvi?
Le difficoltà derivano dallo stesso territorio, non c’è un’apertura reale al creare determinate situazioni. Il problema istituzionale è nel rompere degli equilibri e noi non ci fermiamo, abbiamo avuto delle denunce ma bisogna affrontare tutto altrimenti le barriere non andranno mai giù. Gli altri ostacoli con cui facciamo i conti sono la mancanza di cultura e gli errori causati dai vecchi promoter che hanno capitanato la scena locale per quasi 15 anni. Quando sempre le stesse teste propongono sempre le stesse cose c’è uno sviluppo culturale a senso unico, ci sono proposte commerciali o per un circuito privilegiato, non per tutti.
Com’è voler proporre cultura fuori dai soliti schemi in una città del sud?
Proponendo progetti reali con organizzazioni serie si possono promuovere luoghi fermi e permettere ai giovani di credere di nuovo nelle istituzioni pubbliche.
Un esempio del ruolo delle istituzioni in questo ambito è il caso di Rocco Hunt. Dopo la vittoria a Sanremo il comune ha messo a disposizione una piazza per un concerto e gli spazi di affissione per i manifesti di ringraziamento, ma l’importante è sostenere idee e persone quando nascono, non quando ce l’hanno fatta. Fino ad ora le nostre finanze ci supportano, noi diamo al territorio ma il territorio cosa da a noi? Un atteggiamento di apertura e disponibilità avrebbe creato un clima di lavoro più sereno, non si tratta di contributo economico, quello non è proprio incluso nel nostro discorso.
I vostri intenti come associazione e come gruppo di amici mossi dalle stesse idee?
Se si vuole che i giovani con idee e volontà non scappino bisogna fare in modo di credere in loro. Noi non siamo grandi cervelli ma magari in cinque raggiungiamo un cervello interno!
Aprire le prospettive a nuove tendenze senza avere paura è la questione principale, proporre divertimento e musica non significa proporre festini e droghe ma stimoli per la mente. Unibeat festival è una delle manifestazioni più importanti della nostra associazione, ma l’organizzazione si muove su più livelli. La voglia di tutti è rendere il ventaglio di offerta sempre più completo, ospitare arte non solo audio, ma spaziare dalle istallazioni alla street art.
Ogni tanto per andare “oltre” bisogna porsi delle domande. Ad esempio è mai possibile che tra tutti i giovani che ci sono in città tutti vogliano lo stesso prodotto? O qualcuno vuole altro?
Ora che l’adrenalina è tornata ai livelli normali quali sono le considerazioni a freddo dopo la quarta edizione?
Il nostro dibattito dopo la manifestazione non è di euforia e soddisfazione, abbiamo lavorato sodo ed abbiamo ottenuto grandi risultati, ma vorremmo stimolare chi ha potere istituzionale a darci una mano, ad esempio mettendo a disposizione un servizio navetta o contribuendo alla promozione, solo così potremo avere referenze adeguate. Pensare che un festival del nord sia seguito da ragazzi del sud e che un festival del sud non possa essere seguito dai ragazzi del nord per gap legati ai servizi è una grande sconfitta.
Personaggi del calibro degli artisti che abbiamo portato qui sono stati in giro per la città e sono rimasti sorpresi dalla sua bellezza. Noi crediamo che anche da una parola possa nascere un mondo.
State facendo un vero lavoro di educazione culturale e il riscontro del pubblico è evidente, invece che feedback avete dagli artisti?
Gli artisti sono contenti perché trovano capacità organizzativa, professionalità, impegno nel farli star bene, impianti appropriati, orari rispettati. Poi certo, la Costiera amalfitana alle porte della città fa il resto!
Tutte le foto sono di Gregorio Carullo.
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