Vacon Sartirani non suona più l’ukulele
Vacon Sartirani è stato protagonista delle nostre pagine più volte e ogni volta non ha avuto bisogno di tante spiegazioni. Come ogni giornalista che si rispetti però (lo scrivo solo perchè funzionale alla gag, in realtà non mi sento una giornalista), infrangerò la purezza dell’espressione artistica che non ha bisogno di parole, ma solo di immagini, per cogliere direttamente dalle sue labbra qualcosa su se stesso. Vacon è di origini bergamasche, ha studiato al Liceo Artistico ma ha proseguito gli studi seguendo un altro interesse, il cinema. Attualmente vive a Berlino ma pare che non faccia troppa vita sociale, in ogni caso la città gli piace quindi valutando i suoi lavori possiamo considerarlo un cervello in fuga. Non mi dilungo troppo nel presentarlo perchè tutto quello che avete bisogno di sapere lo potete cogliere dai suoi dipinti e quello che vi manca ve lo spiega egregiamente lui in questa elegante intervista.
Allora, come ci puoi riassumere la tua esperienza artistica dalla notte dei tempi fino ad oggi?
Ach, proprio una domanda leggera per iniziare… Da bimbo ero un precoce, disegnavo cose che ancora oggi sono capaci di stupirmi. Al liceo sono andato ad una scuola privata un po’ fascista che sembrava avere l’ambizione di formare pittori del ‘500. Io non ero sufficientemente perduto per diventarlo, ed anche se lì ho imparato molte cose come imprimere una tavola con pelle di coniglio, reagii a quel rigore con un rifiuto della carriera accademica che mi ha tenuto lontano dai pennelli per qualche anno. Ripreso il controllo sul mio destino, ora sto lavorando per poter ritornare, un giorno, a regalare emozioni come quando avevo otto anni, ma con un po’ di maturità in più. Lavoro da solo e per lo più nel silenzio, non è che ci sia molto da dire. Ho trovato ben presto un tipo di pittura molto personale, di cui non posso fare a meno, non mi stanco e non sono mai del tutto soddisfatto, e sento che mi darà sfide quotidiane per molto tempo a venire.
Da cosa trai ispirazione e quali sono i temi dominanti della tua ricerca artistica?
La mia pittura è soprattutto pensiero: solitamente i miei quadri non nascono da ispirazioni “immediate” ma da lunghi e tormentati ragionamenti. Amo la scienza e la conoscenza, la logica e la classificazione: estenuanti sessioni di Wikipedia spesso contribuiscono a procurare quel materiale grezzo che poi viene combinato e raffinato in numerose passeggiate solitarie. Ho delle vere ossessioni formali riguardo ai miei quadri: colori e proporzioni devono seguire regole molto precise e rigorose, spesso nel costruire un quadro devo averne davanti anche molti altri precedenti e confrontarli a lungo per essere sicuro che tutto armonizzi secondo certe mie leggi. I quadri più difficili sono formati da numerose pitture piatte sovrapposte, che rappresentano successive stratificazioni di pensiero, quando succede amo il loro spessore e sapere che vi è qualcosa di invisibile sotto. La geometria, la matematica e la fisica sono tutti campi in cui a scuola andavo peggio ma che adesso hanno un posto d’onore, per via del loro rigore quasi salvifico. Ma anche elementi di zoologia, anatomia, biologia, botanica, architettura, neuroscienze, mitologia… E poi c’è la Creatura, naturalmente. La Creatura ha avuto vari nomi e varie forme, siamo cresciuti insieme ed il nostro legame è molto forte. Io l’ho sempre considerata qualcosa di vivente ed in un certo senso autonoma, abita i miei quadri come un pesce l’acquario. Su di lei purtroppo non riesco a dire molto, è un po’ un mistero anche per me. Il mio compito è costruire il quadro per lei, io posso inserire i miei personalissimi misteri, scegliermi con cura personaggi e silenziose situazioni, apparecchiare lo spazio, darle qualcosa da fare ecc… ma per il resto il quadro è solo suo – si potrebbe dire che lavoriamo in coppia. Cercare di spiegarne il tema è un po’ come voler trovare l’argomento di una biografia: il tema è lei, è una cosa evidente fin dal primo sguardo.
Qual è il progetto più interessante al quale hai partecipato e qual è quello che vorresti realizzare in futuro?
Due anni fa mi sono accostato alla pittura murale realizzando una piccola serie di lavori a Madrid e qui a Berlino. Cimentarsi con una tecnica sotto certi aspetti così impegnativa (e, checché ne dicano, un po’ distante dal mio modo di lavorare e pensare) mi ha stimolato molto, ed è infatti da quell’esperienza che sono scaturite alcune idee importanti su cui sto lavorando ancora adesso. In futuro mi piacerebbe vincere una certa timidezza professionale ed approfondire questa strada, portando la mia arte a dimensioni maggiori e fruibile per più gente – il muro coccola quella parte di me che vuole realizzare cose ambiziose, megalomani, in un certo senso monumentali. Più o meno nello stesso periodo avevo creato una piccola rivista indipendente gratuita, Cartilagine, durata solo due numeri (per problemi di budget) ma che mi ha dato molta soddisfazione. Appena ne avrò i mezzi necessari, probabilmente mi cimenterò nuovamente in un progetto simile.
Sono impazzita per Topolino contro i vermi. Cosa rappresenta per te il fumetto? È un ulteriore campo di prova o un interesse collaterale?
Come per molti ragazzini solitari, il fumetto ha significato davvero molto nella mia formazione, artistica e non. Per molto tempo Crumb, Moebius, Pazienza sono stati eroi assoluti (e secondo me un po’ ne porto ancora la conseguenze) e per un certo periodo ho anche pensato che fare fumetti avrebbe potuto essere il mio futuro. Ma appena ho iniziato a lavorare con la Creatura ho capito che avrei dovuto ascoltare soprattutto lei. Durante il periodo iniziale ci siamo divertiti molto a sperimentare in una sorta di gioco di ruolo che serviva anche a lei per trovare la sua identità, che all’epoca non era per nulla definita – Topolino contro i vermi ne è un esempio perfetto. Poi le cose sono diventate meno frivole e il dialogo più sottovoce. Ciò nonostante la forma fumetto continua ad esercitare un innegabile fascino su di me, e mi piacerebbe un giorno poterne realizzare uno come si deve – ma dovrà essere qualcosa di davvero buono, anche per la Creatura. I fumetti fatti dagli altri invece, intesi come lettura, oggi mi interessano meno.
Nel 2009 dichiaravi: “Ho cominciato a disegnare molto giovane. Poi ho smesso e mi sono laureato in Storia e Critica del Cinema. Poi ho ripreso a disegnare, stavolta sul serio. Attualmente lavoro come operatore call center in uno dei posti più deprimenti del pianeta. Comunque non sono depresso. Mi piace la mia arte e suonare l’ukulele e fortunatamente sono in salute. Presto lascerò l’Italia.” Al momento vivi a Berlino, che ambiente hai trovato fuori dall’Italia? Gli artisti godono di maggiore credibilità o la situazione è precaria come da noi? Insomma, ne è valsa la pena andare via?
Non so mai come rispondere a questa domanda. Questa dell’ “andare via” è una questione naturalmente molto attuale in Italia, e sento quindi ogni volta il peso di fornire una testimonianza esemplare sull’argomento. Ma mi reputo la persona sbagliata per farlo perché la mia esperienza non è affatto tipica. Passo la maggior parte del tempo chiuso nella mia camera-studio, o a schiarirmi i pensieri nel mio quartiere, frequento pochissime persone e non sono affatto bravo a seguire o crearmi la “situazione”… insomma non sono un campione attendibile delle varie potenzialità dell’artista italiano a Berlino. In ogni caso io qui vivo bene, intorno a me respiro speranza, giovinezza, sogni. I miei compagni dei corsi di tedesco sono giovani scrittori, compositori, scultori… Avere un sogno ed inseguirlo ormai mi sembra del tutto normale, al punto che ti convinci quasi che un giorno potresti realizzarlo. Inoltre essere in una città straniera ti costringe spesso a chiederti cosa ci stai a fare, e darti una risposta convincente è sempre una vittoria – non posso dire lo stesso di quando stavo in Italia. Ah: adesso suono il banjo.
Ci sono degli artisti italiani che consideri di talento? E tedeschi?
Naturalmente, anche se so di non stare seguendo la scena dell’arte contemporanea quanto forse dovrei e, come ho detto, a livello di public relation sono una vera frana, quindi non conosco molti artisti – molti li conosco tramite internet, dove il fatto che siano tedeschi o meno fa poca differenza. Preferisco quindi far cadere la domanda sulla Germania, mentre posso facilmente dire alcuni dei giovani artisti visivi italiani che mi piacciono (non ho voglia di propinare i soliti mostri sacri, che non hanno bisogno di pubblicità): Francesco d’Isa, Paolo Guido, Marta Sesana, Dario Molinaro, Ozmo, Ortica Noodles, El Gato Chimney, Ale Senso… ma sono solo i nomi che mi vengono in mente adesso.
Da poco si è conclusa la campagna di pre-order ospitata sul sito IndieGoGo delle stampe a edizione limitata della serie “Guests and Ghosts”, com’è andata? Quali sono le opere che sono state scelte in base al gradimento del pubblico di Facebook? Parlaci del progetto e degli eventuali progetti futuri.
Il mio obiettivo era di finanziare tramite crowdfunding le spese di scansione e di stampa di alcuni miei quadri, dato che volevo rendere accessibile la mia arte a gente dal budget simile al mio (io sono povero). Ho fatto un piccolo sondaggio sulla mia pagina Facebook con cui il pubblico ha scelto i tre soggetti che poi sarebbero stati stampati: La Prigioniera, The Passion of Lovers e Der Fernseher. Ho poi usato la piattaforma Indiegogo per offrire a prezzo ultra-scontato il preordine delle stampe – riuscendo così a finanziarne la realizzazione. Le ultime quattro o cinque sono ancora disponibili sul mio sito ( www.vaconsartirani.com/prints) al momento in cui scrivo. Attualmente sto preparando una mostra personale che si terrà in autunno all’Avantgarden Gallery di Milano all’interno della prima edizione del Premio Ora di cui ero sono uno dei vincitori.
È stato un piacere averti di nuovo sulle nostre pagine, alla prossima e good luck!
Per saperne di più:
www.flickr.com/photos/vitadasosia/
www.indiegogo.com/Guests-and-Ghosts