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Ve li ricordate quelli del collettivo Voina?

Si parla di:

La verticale del Potere è uno status dello Stato grazie al quale chiunque sia in grado di pensarla in modo differente rispetto al capo supremo viene allontanato dai posti di comando. Per disposizione dello staff del presidente..questo status ha un nome e un suo movimento: Nasi, i ‘nostri’..E chi non è con noi è contro di noi” .

Era il 2006, e nel computer della neo-assassinata giornalista russa Anna Politkovskaja veniva ritrovato l’articolo inedito da cui ho estratto il passaggio precedente: lei non era una dei nasi, non era dalla parte di Putin, e per questo, in piena continuità con la sua educazione da KGB, il presidente amico del governo italiano aveva emesso quello che per i suoi predecessori era l’ordine di confino in Siberia, e che col tempo si è modernizzato – credo che anche in Siberia ci sia connessione internet – in una molto più conveniente condanna a morte. “We hate cops but if we just attacked them like that, they would jail us immediately.

courtesy Voina

So we hide our hatred behind art so they can’t get us and we achieve our aim quicker”, è invece uno dei comunicati che ben sintetizzano la filosofia del gruppo artistico russo VOINA, nato nel 2007 – un anno dopo la morte della giornalista – e oramai protagonista del tentativo di repressione e censura più importante del mondo dell’arte, nonché probabilmente la più grande voce di dissenso rimasta nel regime dello zar Putin.
Ora, ciò che mi sembra importante nell’accostamento di due voci così simili è che il giornalismo, la sapienza della parola, anche laddove raggiunge le sue vette più pure è destinato a soccombere ad un mondo che delle parole fa stupro pubblicitario; e solo l’azione, l’azione estrema che distrugge il mondo dell’ordinario con quello della libertà, l’azione dell’arte, l’azione che nasce prima delle parole, può sopravvivere e fare di sé un veicolo di liberazione persino nel martirio finale. L’azione dell’arte, non la parola della comunicazione ordinaria, è comprensibile solo agli uomini liberi, e non può, per questo, essere compresa e censurata dalla mediocrità del potere di massa.
Parlare di Voina è parlare di azioni allo stato puro: Voina, in russo ‘Guerra’, è la rinascita dell’arte che combatte e che, combattendo, si fa male. E’ il 2007 quando, in museo di storia naturale, un gruppo di ragazzi entra, si spoglia e saluta la prossima elezione dei Mendvev (burattino dello zar suddetto) con un orgia di gruppo – si, una reale orgia di gruppo, in carne e urla. Mentre alcuni consumano viene sistemato un poster che dice “F*ck for the Baby Bear Heir!”, laddove ‘orso è significato del nome del presidente e il simbolo del suo partito, Russia Unita. Nel 2008 quegli stessi giovani entrano in un McDonald’s e lanciano sui presenti un branco di gatti randagi per protestare contro il lavoro sottopagato, la lobotomizzazione di una generazione seppellita sotto montagne di hamburger e la tristezza di un lavoro ridicolo. Nello stesso anno il leader di VOINA si veste da prete, entra in supermercato e ne esce con una scorta di vodka e cibarie di lusso, senza pagare e senza essere disturbato da nessuno: lo fa per protestare contro l’impunità delle gerarchie ecclesiastiche e militari.

courtesy Voina

L’anniversario della rivoluzione d’Ottobre viene invece festeggiato con un’incursione nella Casa Bianca (il parlamento Russo), sulla cui facciata viene proiettato il teschio con i femori incrociati del Jolly Roger. Nel 2009 VOINA interrompe un’udienza del processo contro un’artista russa con un vero e proprio concerto punk della loro band, i ‘Cock in the Ass’, e della loro hit inedita ‘ All cops are bastards – you ought to remember that’ dall’album ‘Fuck the police those Motherfuckin’ bossess’. Semplicemente, riescono ad entrare nell’aula di tribunale con chitarre ed amplificatori e iniziano a suonare. E ancora, processi sommari nei supermercati contro omosessuali e atei, sesso con polli congelati, incursioni continue nelle sedi delle polizie, macchine governative incendiate.
A San Pietroburgo c’è il quartier generale dell’Agenzia per la Sicurezza Federale, ossia il vecchio KGB, e, proprio davanti all’edificio, c’è un ponte levatoio, uno di quei ponti che si alzano per far passare le imbarcazioni. La notte del 14 giugno 2010, nell’anniversario della morte di Che Guevara, il collettivo fa incursione su quel ponte e, in 23 secondi, inizia a spargere vernice bianca sull’asfalto. Poi, si dilegua. All’ 1 di notte il ponte, lentamente, inizia a muoversi, si alza e su di esso, gradualmente, appare quello che si scopre essere un gigantesco fallo – di quelli che tante volte accompagnano le nostre discese nei bagni degli autogrill e delle biblioteche universitarie – che saluta ridente la sede dei servizi segreti russi. Un enorme pisello di 65 metri irride i più temuti agenti della storia recente, le spie che così tante volte hanno messo in difficoltà persino i più prestanti attori del panorama Hollywoodiano e le loro pistole a proiettili infiniti. Se Cattelan riesce, adulto, a mandare a fanculo con il suo ditone medio la Borsa di Piazza Affari, i VOINA ritornano alle elementari, e contro i mediocri professorotti dalle punizioni facili – che esse siano mandare dietro la lavagna o in un campo di lavoro siberiano – fanno quello che qualsiasi ragazzino dotato di un po’ di sano non-senso farebbe: disegnano un cazzo, e lo fanno per il semplice motivo che gli era sempre stato detto che i cazzi no, non si possono disegnare.

courtesy Voina

C’è qualcosa di più irragionevole, di meno politicante, di più estremamente ingenuo e attivo (da azione, che è sempre qualcosa che viene un po’ prima delle parole) che disegnare un cazzo enorme? No, ed infatti i Voina vengono arrestati perché i loro gesti e la loro arte è qualcosa che davvero, nella cosiddetta civiltà, non si può capire e non si può perdonare; nessun opinionista, nessun editoriale da televisione di stato può rispondere ad un cazzo disegnato. Non c’è nessun senso civile, neppure in una società in cui ‘civili’ sono quelli che fanno i genocidi, ammazzano gli oppositori, regalano letti matrimoniali a leader stranieri che tra quelle lenzuola eiaculano dentro contenitori minorenni. Ad oggi, la persecuzione giudiziaria dei VOINA continua imperterrita aiutata persino dall’Interpol, estesa a macchia d’olio su qualsiasi cittadino mondiale volesse aiutare questi maleducati dell’arte – persino Banksy, che ha venduto alcune sue opere offrendosi di pagare la cauzione di 60,000 sterline per i due membri di VOINA in carcere, pare sia stato rifiutato dai tribunali russi a causa del suo ‘anonimato’.
Ultima cosa: il collettivo VOINA è co-curatore della imminente Biennale d’Arte di Berlino.

Per chi volesse saperne di più:  en.free-voina.org/

Stefano Pontecorvi

scritto da

Questo è il suo articolo n°64

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