Vi presento Zevs, il Pub Killer
Zevs ha iniziato ad imperversare sui muri di Parigi negli anno 90. Il suo pseudonimo lo deve al “RER A” (treno della periferia di Parigi) da cui stava per essere investito una sera mentre era impegnato nel “taggare” nel tunnel. Nato nel mondo dei graffiti, ha saputo passare dal “tag” a pratiche multidisciplinari controverse, ma molto più temerarie. Il suo tratto distintivo è rappresentato da una combinazione di gialli simile a quelli degli operai dei trasporti pubblici, il viso velato da un collant leopardato con cui Zevs penetra lo spazio pubblico per attaccare in modo simbolico l’arredamento urbano e divenendo di volta in volta illuminatore di ombre, pub killer, rapinatore e liquefatore di marchi commerciali. All’inizio è “l’illuminatore di ombre”. Per anni, nel totale anonimato, in una Parigi notturna, scende in strada per catturare le ombre delle strade.
Aiutato da luci artificiali, circonda con dello spray bianco i contorni delle auto, dei semafori, delle panchine pubbliche, dei passanti o dei barboni. Al levarsi del giorno, l’ombra non c’è più, ma questi strani contorni bianchi si aggrappano al suolo di Parigi, interpellando lo sguardo dei passanti e donando alla città uno stile grafico del tutto inusuale. Subito dopo diventerà il “Pub Killer”. La serie intitolata “Visual Attack”, consiste, in un primo tempo nel manipolare in maniera simbolica le campagne pubblicitarie delle grandi firme del pret-à-porter come H&M. Per farlo, Zevs disegna con un punto rosso che cola, la fronte dei manichini che posano in vetrina.
Dopo aver idealmente “sparato” sulle top model, crea l’avvenimento con il suo “Rapimento visuale”, organizzando il sollevamento del grande cartello pubblicitario della Lavazza a Berlino posto nell’ Alexandar Platz. Sotto l’occhio delle videocamere e munito di scalpello, che Zevs scala la facciata di un immobile per rimuovere l’immagine di Lavazza a 12 metri di altezza. Il giorno successivo, i Berlinesi, hanno potuto leggere su una moltitudine di adesivi per la città “Visual Kidnapping pay now”.
Per sostenere la sua azione, Zevs invia una lettera di minaccia, alla sede del marchio italiano, interamente costituita da elementi tipografici che si rifanno ai logo e un dito tagliato dall’icona. Esige immediatamente 500.000 euro, la somma che corrisponde al budget di una campagna pubblicitaria. Per tre anni, l’icona viaggerà in varie gallerie all’estero e per due anni sarà tenuta in ostaggio nelle lugubri catacombe parigine. Il filone del “rapimento” sarà ugualmente diffuso in gallerie e tra gli altri al Museo di arte contemporanea parigine Le Palais de Tokyo. E’ chiaro che questa serie di performance vuole essere provocatrice e veicolare con se un messaggio di denuncia. Zevs protesta con forza contro la mercificazione dello spazio pubblico e dunque altera la lettura dei messaggi pubblicitari con il suo intervento. Malgrado tutto, devo ammettere che quando ho scoperto questa parte del suo lavoro, sono stata colpita dalla violenza, la collera, ma anche dall’audacia e l’opportunismo che dimostra. Non posso non vedere in questo un’ attitudine ambivalente.
La lotta tra Davide e Golia è un’azione puramente di marketing o nuova forma d’arte contemporanea? Zevs ha detto durante un’intervista: “La pubblicità regna sull’universo di immagini urbane. Ha un potere attrattivo potente. Come in Aikido, io utilizzo questa forza a mio vantaggio”. Utilizzando le campagne pubblicitarie delle sue “vittime”, diffuse ovunque, visibili ed identificabili da tutti, non ha utilizzato la stessa strategia di mercificazione dello spazio pubblico utilizzandola a suo vantaggio e poi esponendola nel circuito dell’arte? I “Visual Attack” sono il cuore del lavoro di Zevs oggi. Dopo il 2006, si è focalizzato sui loghi delle grandi multinazionali. Comincia con l’utilizzare quelli di Nike, Coca Cola o MacDonald per poi consacrarsi a quelli del lusso. La tecnica è semplice, creare immagini e colori sui loghi presenti nel paesaggio urbano.
Lui li snatura, donandogli una nuova identità, tanto a livello visuale che simbolico trasformandoli in propri segni di riconoscimento. È sempre con questo spirito provocatorio che lo caratterizza, che all’inizio del 2009, Zevs sbalordisce nuovamente. Questa volta il suo attacco è rivolto al più famoso dei motori di ricerca. L’idea è geniale. Crea il suo sito internet utilizzando nome e grafica di Google con la sola differenza di liquificarne il logo. I segni sono confusi, il che lascia l’utente di internet che lo consulta frastornato per qualche secondo: “Mi trovo per caso su Goolge?”.
Nonostante sia molto presente nei musei, la strada resta il suo terreno prediletto. Non è forse questa la più grande vetrina ed il migliore vettore per imporre il suo lavoro al grande pubblico? Zevs infatti, ne ha fatto le spese quest’estate. Invitato ad esporre all’Art Gallery di Hong Kong, si è fatto arrestare dalla polizia cinese mentre stava istallando un autoreggente Chanel sulla vetrina di un negozio Armani. Questo è considerato un atto di vandalismo in Cina. Le autorità non vedono in tale azione alcun aspetto artistico. La conclusione della questione sembrava incerta. Ma alla fine si è risolta più con spavento che con un danno per l’artista francese che se l’è cavata con due settimane di prigione e due anni con la condizionale. La storia non parla dei due cinesi che lo avevano accompagnato nella sua disavventura e della sentenza che hanno dovuto subire a causa sua. Zevs, infine, resta una delle figure più importanti della street art francese, uno di quelli che ha contribuito alla fama di questo filone dell’arte contemporanea continuando sempre a sorprendere il pubblico. Secondo me, è maestro nell’arte del gioco e della manipolazione capace di utilizzare e trasformare con finezza tutto ciò che la nostra società contemporanea gli offre: lo spazio urbano, la moda, la pubblicità, i media e la violenza gratuita.
Il suo sito web gzzlz.com
Si rigrnazia Giuseppe Di Paola per la traduzione dal francese.