Vi spiego la fresca sintesi | I suoni degli A Smile for Timbuctu ci raccontano la conquista del Messico
Un libretto di istruzioni sulla Conquista. Un libretto che spiega come gli uomini si trasformino in bestie e le divinità in suoni. Quello che ti serve per capire il sottobosco storico nei versi intricati scritti da Alessandro Raveggi, che in La trasfigurazione degli animali in bestie racconta la distruzione della civiltà atzeca in tre atti e tre punti di vista, ponendosi un quesito: chi è l’animale e chi la bestia?
A spiegarcelo ci pensano gli A Smile for Timbuctu alias Simone Brillarelli, Jonathan Calugi e Cristiano Crisci, che si fanno conquistatori di un territorio inesplorato in un album “manuale di sopravvivenza”, rimasto nell’ombra per tre anni e rifiorito improvvisamente qualche giorno fa su Facebook.
A Smile for Timbuctu è un nome che è rimbalzato sulle bacheche di tutti nell’ultima settimana. Chi sono, come sono nati e cosa hanno fatto?
Ciao Claudia, il gruppo è nato nel 2004 a Firenze dalle menti di Simone Brillarelli, Cristiano Crisci e Jonathan Calugi: tre amici fraterni di lunga data, pensa che facevamo musica insieme (i primi esperimenti rap) da quando avevamo 14 anni quindi dal 1996. A Smile for Timbuctu è sempre stato un collettivo che si occupava di musica, design, istallazioni, workshop con all’attivo tante date europee, lavori per musei e brand: la filosofia che vi era dietro al progetto era quella di ottener il massimo risultato da oggetti di recupero o poco costosi, per tanto vi era spesso utilizzo di cartone riciclato e oggetti in disuso che combinati ai design di Jonathan diventavano le giuste ambientazioni per la musica proposta, una musica apparentemente cheap e ridotta all’osso, colorata e dal gusto infantile. Il componenti del gruppo hanno terminato il percorso insieme nel 2008, per intraprendere singolarmente strade diverse: Cristiano ha iniziato Digi G’alessio, Jonathan una carriera come illustratore e designer (anche per Fresh Yo!), Simone ha aperto la sua etichetta Fresh Yo!
Simone hai deciso di ripubblicare il disco “La trasfigurazione degli animali in bestie” forse per nostalgia o per voglia di riascoltartelo. Pensavi che avrebbe riscosso così tanto successo?
Ho deciso di ripubblicare dopo 3 anni il lavoro, originariamente uscito come accompagnamento all’omonimo libro (uscito per Inaudita edizioni), perché riascoltandolo vi ho trovato forza e idee. È un disco diverso rispetto alla precedente produzione, più sperimentale e maturo, con riferimenti colti ed inoltre considerando la strada percorsa da tanta musica elettronica odierna (tutta drop, energia e calci nei denti), questo è disco che si allontana molto, una sorta di riassunto di 40 anni della musica elettronica che amiamo e mi sembrava giusto metterlo a disposizione del pubblico. Il fatto che sia rimbalzato su internet è un qualcosa che ci fa piacere e di inaspettato.
I vostri suoni ci portano in una foresta molto buia e un po’ paurosa. Il disco nasce in stretta unione con un libro, una raccolta di poemi incentrata sulla conquista, come distruzione dell’altro. Mi puoi raccontare la genesi del progetto audio?
Il disco è nato a stretto contatto con il libro, l’idea è quello di leggerlo mentre si ascolta l’audio. Il libro è cruento, con visioni apocalittiche, guerra e distruzione ma anche attraversato da grandi momenti di pace ed una certa ironia. Da parte nostra abbiamo deciso di farne un analisi, scomporlo nelle sensazioni e seguirne le suggestioni di capitolo in capitolo con la musica. Questo disco, viene qualche anno dopo l’ultimo lavoro fatto insieme, per cui la modalità di composizione, le influenze e la strumentazione in studio erano cambiate radicalmente. Le sessioni sono durate 2 mesi, un po’ a casa di mia nonna dove c’è un pianoforte completamente scordato che è stato usato per l’ossatura di almeno 2 brani, un po’ nel mio home studio con strumenti analogici e field recording, provando comunque a sperimentare molto. Quello che rimane del nostro stile è la vena ironica e “leggera”, il resto è stato affidato alle sensazioni scaturite da vere e proprie jam session: quindi poca programmazione, tanto fluire di emozioni, questo fa si che i brani siano molto lunghi ma anche molto naturali.
Siete anche voi un po’ dei Salgari moderni, capaci di dipingere con il suono paesi esotici. Da cosa vi siete fatti influenzare nella stesura dei brani, poemi a parte? Qual è il libretto d’istruzioni per ascoltare questo disco?
Il libretto è sicuramente il libro di Raveggi, le ispirazioni musicali invece sono decisamente evidenti ed è una cosa voluta, perché l’intento era quello di esplorare quanto più possibile nel repertorio della musica elettronica dagli anni ’60 ai primi dei ’90. Gli artisti citati sono Raymond Scott, BBC Radiophonic Workshop, Jean Jacques Perrey, Drexciya, Luigi Nono, Bernard Parmegiani, Piero Umiliani, Delia Derbyshire, Piero Piccioni, in generale il gusto pop e naif della library music, le sperimentazioni soniche della musique concrete, le visioni futurisco / acide dell’elettro di Detroit, i grandi spazi reverberati del dub inglese. Huitzilopochtli, MIctalantecuhtli, Tlazolteoti il Dio della guerra e del sole, il Dio dei morti e la Dea della nascita. Un percorso che parte dalla lotta, passa inevitabilmente alla morte, e finisce con una rinascita.
A livello di struttura del disco si percepisce un percorso simile, il brano finale, liquido e calmo, placa la lotta, i suoni frenetici, dona di nuovo pace. È un lieto fine o solo la pace che si percepisce dopo un massacro?
Il percorso che tu indichi è esatto ed il finale è la pace che si percepisce dopo un massacro, qui vista come mutamento degli animali o esseri che assumono forme non usuali ibridandosi tra loro.
Negli ultimi mesi si è parlato tanto di un’altra foresta, quella di Godblesscomputers. Mentre nella sua ci si perde per ritrovarsi, nella vostra chi si ferma è perduto. Tra l’altro, il suo Veleno è uscito per Fresh Yo!, io coglierei l’occasione per farti parlare di questa label italo-svedese dall’accento fiorentino.
La Label, nata nel 2010, è gestita da me, Edoardo Fracassi, Niccolò Brighella e Jonathan Calugi per l’aspetto grafico. Ci muoviamo senza pregiudizi tra i generi musicali con l’intento di trovare forti personalità ed aiutarle tramite il lavoro di team ad ottener il meglio dalla loro musica, a dare una veste interessante alle loro visioni e a creare contenuti. Al contempo ci occupiamo di eventi che promuovano i nostri artisti e “la nuova elettronica italiana” di matrice black fungendo da incontro per realtà differenti che abbiano voglia di dialogare.
Ma alla fine tu, all’epoca degli aztechi, ci vivresti?
Sinceramente non penso, anche se trovo affascinate la chiara visione del mondo che avevano, le loro leggende, il misticismo, lo studio degli astri e del calendario.