Vita, morti e miracoli al Cimitero delle Fontanelle
A bordo dell’autobus/tagadà che porta al Cimitero delle Fontanelle si crea un piccolo salotto dove le persone conversano serenamente del più e del meno. Attraversando uno dei quartieri più antichi e incasinati di Napoli ho come la sensazione di essere in un altro mondo e la sensazione si accentua quando arrivo a destinazione. Dal caos estremo dei mercati e dei motorini della Sanità si passa improvvisamente al silenzio “tombale” di via Fontanelle. Un veloce accenno alla sua storia va assolutamente fatto. Si tratta di un ossario ricavato da una cava di tufo che raccoglie insieme milioni di ossa appartenute ai morti della peste del ‘600 e del colera dell’’800, i resti dei poveri che non potevano permettersi una degna sepoltura e alcune reliquie provenienti da altri ossari della città. Dopo l’’800, a causa dell’inefficienza del sistema fognario, ci fu l’allagamento della cava che portò in superficie tutti i cadaveri offrendo uno scenario decisamente apocalittico e finalmente si decise di risistemarla.
In breve questa è la sua storia, ma il fascino delle Fontanelle sta in tutt’altro tipo di storie. Infatti, è divenuto celebre in particolare per il culto delle “anime pezzentelle”, un’usanza che rappresenta molto bene il rapporto che questo popolo ha con la fede e la superstizione. Le anime pezzentelle sono quelle che abitano il Purgatorio e che hanno bisogno delle preghiere dei vivi per espiare prima le proprie pene. I napoletani hanno unito l’utile al dilettevole e si sono inventati un culto che prevedeva l’adozione di un teschio e la sua relativa cura, in cambio di una grazia o soprattutto dei numeri al lotto. Il rito vede susseguirsi diversi procedimenti. Innanzitutto, si sceglie il teschio, si ripone su di un fazzoletto ricamato e si circonda con un rosario a formare un cerchio, successivamente si sistema su un cuscino e dopodiché nella teca, che ovviamente corrisponde alle proprie possibilità economiche. Ci sono teche di legno, di marmo, di metallo e inaspettatamente ricavate da scatole di biscotti o cassette della frutta, tanto oramai sono morti. Entrati nella cava, non si può che rimanere folgorati dallo scenario che offre. Buio e un milione di volti che ti guardano. Alcuni sembrano deriderti, altri sembrano contenti e altri ancora ti scrutano con malvagità e non li biasimo.
Appena arrivati, immediatamente io e il mio fotografo di fiducia, ci “tiriamo la questione” con il guardiano perché, a quanto pare, non possiamo fare “troppe” fotografie. Io al guardiano in questione quest’articolo glielo voglio dedicare, perché è uno che a queste anime in pena ci crede davvero e le rispetta come pochi sanno fare, ma soprattutto glielo dedico perché noi le foto le abbiamo fatte e le abbiamo pure pubblicate. Interpretiamola un po’ come una contropartita, va. Camminare lungo i larghi corridoi delle Fontanelle è sempre emozionante e se urti per sbaglio il porta ceri può anche venirti un infarto, l’atmosfera è propizia. L’aria è rarefatta e i giochi di luci e ombre si sposano armoniosamente con il silenzio e la calma che, sarò un po’ macabra come dice mia madre, solo i cimiteri sanno darti. Le leggende più famose sono quelle del capitano e di donna Concetta. Il capitano è il protagonista di una storia, dove due giovani sposi vengono uccisi da questa sinistra figura in occasione del loro matrimonio. Le versioni sono diverse, ma in ognuna la causa del gesto è la vendetta in seguito all’insolenza dei due amanti. In una versione, i due fanno l’amore nel cimitero e poi deridono l’autorità del famoso teschio e nell’altra la devozione della donna ingelosisce il suo uomo tanto da fargli sfidare il capitano. In entrambi i casi, il giovane colpisce all’occhio il teschio e da qui una delle due orbite risulta visibilmente più scura dell’altra.
Donna Concetta invece, rappresenta il talismano delle donne in cerca di fertilità, infatti, si narra che toccandolo si può rimanere incinta. Io che non sono superstiziosa, per sicurezza, non l’ho toccato. Questo è l’unico teschio che risulta essere lucido, si dice che trasudi le pene del purgatorio. In giro troverete molte informazioni sbagliate perché è come se le varie leggende si fossero legate con la realtà. Dopo la mia lunga e solitaria visita mi riappacifico con il guardiano e me lo lavoro ben bene cercando di conoscere qualche storia che vada oltre la leggenda e si collochi direttamente nel gossip. A quanto pare qui la camorra ci bazzicava parecchio e ce lo raccontano anche Valerio Bindi e Mp Cinque in Acquastorta, un bellissimo graphic novel che Ziguline ha ampiamente celebrato. Indiscretamente chiedo se “è vero che qui ci hanno girato un film porno?”, ma lui mi risponde di no e mi racconta che un paio di mesi fa una troupe di fotografi si è presentata con i regolari permessi e ha cominciato a lavorare e aggiunge che nel momento in cui hanno visto la modella, hanno interrotto tutto. A quanto pare la rivista era Vogue e la parte più coperta della fotomodella era la testa.
Il guardiano, di cui non farò il nome perché non lo so, mi racconta di come la gente che visita il cimitero sia irrispettosa e di quante cose strane siano successe là dentro. Lui è molto credente e dice di aver visto diverse cose – dal tono sembrerebbero apparizioni – e che quando il cimitero è stato riaperto, sono state trovate molte tracce di messe sataniche. Resti di capre e agnelli, numerosi pentacoli, cerchi di sassi e via di seguito. Al nostro amico i morti delle Fontanelle vanno spesso anche in sogno e gli chiedono aiuto, chiedono di riposare in pace. Trovo davvero molto affascinate la devozione dei napoletani e questa visita mi ha ulteriormente confermato quanto poco questo popolo tema la morte, tanto da renderla un po’ teatrale. Combattono quest’atavica paura rendendola terrena. Lascio i tanti teschi comodamente adagiati sui cuscini e ancora piena della calma che questo posto mi ha indotto, mi avventuro per la piazzetta antistante e con la scusa di chiedere informazioni sull’autobus che non arriva, molesto i cinque, sei uomini seduti al bar. Mentre giocano la loro partita a scopa, nasce l’aneddoto.
Gli chiedo “Lo conoscete il cimitero delle Fontanelle?” e dopo un po’ di convenevoli uno di loro prende la parola: “Quelle storie che raccontano, sono tutte stronzate” mi dice. Gli chiedo quali saranno mai queste stronzate e lui “Dicono che hanno visto il volto di Gesù e raccontano un sacco di storie di fantasmi, ma non è vero niente”, un altro del giocatore stupito esclama “È ‘o ver’?” e l’altro continua: “Poi c’è la storia del capitano” e dopo averla raccontata, ovviamente, secondo la propria versione, dice “Sì, però quella è vera. Eh si quello è successo davvero, io lo so”. Ridendo li ringrazio e me ne vado. È impressionante come la superstizione e le credenze in questa città riescano a esser parte integrante della cultura. Con l’autobus/tagadà sul quale, devo confessare, non abbiamo pagato me ne ritorno nella giungla della città.
Foto di Federico Passaro.