¡Viva la vida! Ho letto un libro. C’era Frida Kahlo
Di recente è stato il mio compleanno. Per fortuna ho un amica abbastanza intelligente che è solita regalarmi cose intelligenti. Quest’anno ho ricevuto uno strepitoso libro di Pino Cacucci, ¡Viva la vida!
Il titolo è tutto un programma, soprattutto se lo si regala in un momento pervaso da sindrome semi-depressiva e quant’altro. Non si tratta del bellissimo singolo musicale dei Coldplay i quali, nel loro videoclip, sono immersi nel favoloso dipinto di Eugene Delacroix ‘La libertà che guida il popolo’. Non c’entrano neanche quelle canzoni latino-americane che inneggiano a vivere la vita nella sua completezza. Quelle canzoni un po’ troppo imbarazzanti che hanno videoclip invasi da ballerine eccentriche che danzano senza contegno, agitando abbondanti sederi.
In copertina campeggia una divina Frida Kahlo (1907-1954). In tutto il suo fascino, la pittrice messicana cattura la mia attenzione ed è subito magia. Apro il libro e inizio a leggere le circa 80 pagine. Lo finisco la sera stessa, come se avessi bevuto un bicchiere d’acqua. Era notte inoltrata ormai e pensavo che l’avrei voluta tanto conoscere, come me altri miliardi di persone. La sua vita travagliata è ben resa dallo scrittore.
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderon era una donna figa, una bellezza unica: mono-ciglio, occhi profondi più del mare aperto e fiori nei capelli che la rendevano una dea. A diciotto anni si chiuse in solitudine, dopo aver subito un incidente assurdo. Frida si spezzò la spina dorsale e fu devastata in maniera indecente: una sbarra le entrò nel fianco e le uscì dal ventre. Morta per embolia polmonare anche se si sospetta il suicidio, lo ricorda così quel momento: ‘Non è stato uno scontro, piuttosto un lento divorarci. Ricordo quella lentezza assurda, irreale: il tram ci schiacciava contro un muro e l’autobus si contraeva. Era tutto così assurdo che non si poteva avere paura. Poi all’improvviso il mondo è esploso: non mi faceva male da nessuna parte perché mi stavo staccando dalla vita. Ho sempre preso la vita a morsi. Quel giorno le ho piantato addosso i denti e anche le unghie. Tutta la mia vita è un susseguirsi di stagioni delle piogge. La pioggia è vita, fa resuscitare i semi che sono morti e sepolti. E allora… ¡Viva la vida!’.
Donna audace ed innamorata del pittore/muralista/attivista politico Diego Rivera, fu avvolta da quel grido di necessità. Voleva tenersela stretta la vita e nonostante tutto non mollò. Io l’ho capito dal lungo monologo che ho letto quella sera: ‘E la vita scorreva, apriva sentieri e non è mai vano percorrerli… Ma fermarsi lungo il sentiero genera smarrimento, è da lì che nasce la tristezza, la desolazione, perché tutti vorremmo essere la SOMMA e non un singolo numero sconosciuto. I cambiamenti ci sconcertano, ci terrorizzano, perché noi cerchiamo la calma, la pace, perché noi anticipiamo la morte morendo in ogni istante della nostra vita. Poi, la somma la chiamiamo DIO, oppure LIBERTÀ… Io l’ho chiamata AMORE’.
Chi è che non la conosce? Se ci fosse stato qualcuno ignaro di questa donna passionale e combattiva, avrebbe almeno visto la sua immagine ultimamente da qualche parte. Perché è assoluta protagonista, grazie ad una mostra presso le Scuderie del Quirinale a Roma. Dal 20 Marzo al 31 Agosto è possibile visionare la sua intera carriera artistica, oltre quaranta lavori provenienti da Messico, Europa e Stati Uniti. Forza! Libro e mostra vi attendono.