Vorrei essere la nipote di Hermann Nitsch
Non so esattamente cosa sto facendo e cosa vorrei fare nella vita ma c’è una costante ed è l’arte. C’è chi sogna fin da bambino di andare sulla Luna e magari ci riesce anche o resta nella sua camera a guardare le stelline luminose appese al soffitto. Io ho una missione: riuscire a conoscere, di persona, artisti contemporanei presenti nei libri che ho studiato. In effetti potrebbe essere un vero e proprio lavoro. Ma anche no. Avete presente Nuccio Vip? In realtà si chiama Angelo Duro ed è un tizio del programma televisivo Le Iene. Non lo conoscete? Guardate qualche suo video per capire le esaltanti cagate che genera. Nuccio maltratta i vip e ne deturpa i nomi. I miei vip sono gli artisti ma non li maltratto né storpio i loro nomi. Io resto davvero incantata ad ammirarli, come fossero dei piccoli santini da venerare e li ascolto come se dalla loro bocca colasse un nettare magico. Certe volte ho anche pianto. Che pena.
Per ora sulla mia lista ce ne sono solo tre di veramente importanti ed internazionali. Forse ve ne aspettavate di più ma sono alle prime armi. Molti artisti sono morti, invece altri restano immortali o sono irraggiungibili. Insomma, ho conosciuto: Vito Acconci, Gilbert&George (che sono due persone quindi facciamo quattro vip, in tutto) ed Hermann Nitsch. Lo so, tutte le persone normali, durante le giornate di precoce caldo atroce, vanno in spiaggia ma io il 21 Maggio ho preferito andare a caccia d’artista. Presso il Museo Hermann Nitsch, in Vico Lungo Pontecorvo a Napoli, si è tenuto un convegno: Arte, Psicoanalisi e Società. La poetica della metamorfosi. È stato davvero interessante e naturalmente c’era nientepopodimeno che Hermann Nitsch in persona.
La struttura, nata per ospitare un impianto per la produzione di energia elettrica, è accogliente e rappresenta un Archivio/Laboratorio che cresce in maniera alquanto creativa e instaura un rapporto tra artista e amatore. Nelle opere/azioni si mescolano colore, sangue, corpo e carne: l’artista vuole trasmettere ribrezzo e disgusto allo spettatore, in modo tale che possa provocare una reazione di catarsi e purificazione. Se siete debolucci di stomaco forse dovreste evitare: foto di animali crocifissi, uomini e donne nudi, bendati e ricoperti di sangue; viscere calpestate e molto altro. Agli spazi interni piuttosto crudi, si contrappone l’ampia terrazza del Museo che produce, senza volerlo, una sublime cartolina di Napoli: Vesuvio; mare aperto; palazzi storici e affinando un po’ l’occhio, appare l’Obelisco dell’Immacolata in Piazza del Gesù. Sui tavolini c’era anche del buon vino. Insomma era tutto molto invitante ma io volevo vedere l’austriaco Hermann, classe 1938 e massimo esponente dell’Azionismo Viennese.
Io e Fabio, amico di tante avventure, entriamo nella Sala Conferenze e seduta ad un tavolo c’era un po’ di gente in parte misconosciuta: due docenti, il traduttore dell’artista, il direttore Giuseppe Morra e lo psicoanalista Gian Paolo Sammarco. I miei occhi erano già pietrificati sull’obiettivo: Nitsch. Una dolce figura tonda, avvolta in un completo maschile classico e nero; la lunga barba bianca, come quella di Babbo Natale (se esiste); occhi piccoli e profondi che raccontavano una vita intera; un collo inesistente, sul quale si poggiava ogni tanto per schiacciare un pisolino ed un immancabile bottiglia di the verde.
Se non avessi saputo che quello che avevo davanti era il creatore del Teatro delle Orge e dei Misteri, l’avrei accolto come un tenero nonno e credetemi se vi dico che mi sarei alzata dalla poltroncina rossa per dondolarmi allegramente sulle sue ginocchia. Ma quello era Nitsch oh! L’artista intriso di creatività, perturbante, simbolismo, delirio, esoterismo e pulsione di morte oh! Morale della favola: non vi sto qui a raccontare tutto ciò che si è detto alla conferenza anche perché è stata molto lunga e a tratti pallosa.
Lo psicoanalista è stato molto bravo e mentre pensavo di sottopormi a qualche sua seduta e dopo aver ascoltato le letture di tutti gli altri presenti… Nitsch ha iniziato il suo intervento. Il discorso, con voce rauca ma decisa, è stato espresso rigorosamente in un incomprensibile tedesco ed è stato seguito da uno scrosciante applauso. Mi gioco tutto: nessuno lì aveva capito un bel niente. La traduzione è arrivata secoli dopo ma va bene così.Ero emozionata e felice con il mio vip.